Una soddisfazione, però, c’è. Noi la pensione non l’avremo, ma neppure loro. E non solo per questioni demografiche. La caratteristica del sistema prevvidenziale è il fatto che chi lavora non si paga la pensione, ma quella di chi è già in pensione. Ma se noi per vari motivi non abbiamo un reddito o se è insufficiente, chi le paga le pensioni? Quando reggerà il giochino? 10, 20 anni? Il bello è che non ci arrivano mica.
Scuola materna, elementare, media e superiore, università, i trentenni italiani (di cui ancora per un po’ faccio parte) se le sono pagate tutti da soli?
E’ vero, noi abbiamo usufruito di questo ladrocinio ma non l’abbiamo chiesto e non siamo stati coscienti di farlo. Sono tutti servizi che ci sono stati dati da piccoli. Ma tu se avessi saputo che alla fine dell’università avresti finito tutti i soldi per vivere e che avresti dovuto pagare pure la generazione di prima l’avresti mai fatta l’università?
Volevo solo rimarcare un fatto, che chi fa questi commenti (che sovente nemmeno è un libertario) spesso dimentica, anche quando per il resto dice molte cose condivisibili. Condivido il fatto che ci sia un problema generazionale, ma i fattori vanno presi tutti in considerazione, tanto più in Italia, un paese dove mentre si studia non si lavora mai e si sta quasi sempre a spese dei genitori, e a volte si studia fino a in là con l’età (che si abbia avuto tutto ciò pagato dallo Stato, o privatamente dai genitori, in questo contesto, nemmeno cambia poi tanto la sostanza).
Mi chiedi qualcosa di difficile risposta, perché io faccio un lavoro che tra mille peripezie resta di nicchia e per me un privilegio, che non avrei mai ottenuto di fare senza passare per l’università. Forse, quindi, la rifarei. Di certo ho avuto un’opportunità in più e non certo una in meno. Concordo che per molti non è così, e potrebbe non esserlo per me già domani; che in molti sono stati vittime di illusorie “false promesse” e a saperlo, a queste condizioni, non avrebbero forse fatto l’università (fermo restando che anche la scuola serve nella maggior parte delle occupazioni). Tuttavia, secondo me, questo cambia ben poco: per anni e anni anche noi ventenni/trentenni siamo stati mantenuti alle spese di altri -leggi- la generazione precedente, ben oltre di questa, la quale in media aveva iniziato a lavorare molti anni prima di noi. Eravamo tutti grandi e vaccinati, avevamo età che furono più che sufficienti alle generazioni passate per andare a lavorare o in guerra, e come “giovani adulti” avremmo potuto rinunciare a tutto questo, visto che “non l’abbiamo chiesto”. Quindi sì, forse siamo stati illusi, ma di certo non abbiamo lasciato mai nulla sul piatto, di quello che ci veniva offerto. Se poi deve valere il “non l’abbiamo chiesto”, allora deve valere per tutti: anche i tanti che in pensione non volevano affatto andarci e sono stati costretti a farlo, quelli della generazione precedente.
Detto ciò, ben venga un ripensamento globale per rimettere le cose per dritto, per riconsiderare aspettative di vita, lavori realmente usuranti, eccetera. Senza che ci raccontiamo favole, però.
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Una soddisfazione, però, c’è. Noi la pensione non l’avremo, ma neppure loro. E non solo per questioni demografiche. La caratteristica del sistema prevvidenziale è il fatto che chi lavora non si paga la pensione, ma quella di chi è già in pensione. Ma se noi per vari motivi non abbiamo un reddito o se è insufficiente, chi le paga le pensioni? Quando reggerà il giochino? 10, 20 anni? Il bello è che non ci arrivano mica.
Scuola materna, elementare, media e superiore, università, i trentenni italiani (di cui ancora per un po’ faccio parte) se le sono pagate tutti da soli?
Per Paolo de Gregorio
E’ vero, noi abbiamo usufruito di questo ladrocinio ma non l’abbiamo chiesto e non siamo stati coscienti di farlo. Sono tutti servizi che ci sono stati dati da piccoli. Ma tu se avessi saputo che alla fine dell’università avresti finito tutti i soldi per vivere e che avresti dovuto pagare pure la generazione di prima l’avresti mai fatta l’università?
Volevo solo rimarcare un fatto, che chi fa questi commenti (che sovente nemmeno è un libertario) spesso dimentica, anche quando per il resto dice molte cose condivisibili. Condivido il fatto che ci sia un problema generazionale, ma i fattori vanno presi tutti in considerazione, tanto più in Italia, un paese dove mentre si studia non si lavora mai e si sta quasi sempre a spese dei genitori, e a volte si studia fino a in là con l’età (che si abbia avuto tutto ciò pagato dallo Stato, o privatamente dai genitori, in questo contesto, nemmeno cambia poi tanto la sostanza).
Mi chiedi qualcosa di difficile risposta, perché io faccio un lavoro che tra mille peripezie resta di nicchia e per me un privilegio, che non avrei mai ottenuto di fare senza passare per l’università. Forse, quindi, la rifarei. Di certo ho avuto un’opportunità in più e non certo una in meno. Concordo che per molti non è così, e potrebbe non esserlo per me già domani; che in molti sono stati vittime di illusorie “false promesse” e a saperlo, a queste condizioni, non avrebbero forse fatto l’università (fermo restando che anche la scuola serve nella maggior parte delle occupazioni). Tuttavia, secondo me, questo cambia ben poco: per anni e anni anche noi ventenni/trentenni siamo stati mantenuti alle spese di altri -leggi- la generazione precedente, ben oltre di questa, la quale in media aveva iniziato a lavorare molti anni prima di noi. Eravamo tutti grandi e vaccinati, avevamo età che furono più che sufficienti alle generazioni passate per andare a lavorare o in guerra, e come “giovani adulti” avremmo potuto rinunciare a tutto questo, visto che “non l’abbiamo chiesto”. Quindi sì, forse siamo stati illusi, ma di certo non abbiamo lasciato mai nulla sul piatto, di quello che ci veniva offerto. Se poi deve valere il “non l’abbiamo chiesto”, allora deve valere per tutti: anche i tanti che in pensione non volevano affatto andarci e sono stati costretti a farlo, quelli della generazione precedente.
Detto ciò, ben venga un ripensamento globale per rimettere le cose per dritto, per riconsiderare aspettative di vita, lavori realmente usuranti, eccetera. Senza che ci raccontiamo favole, però.