Visto che i quattro gatti che mi seguono sono sempre interessati ai miei post sull’inglese (e sugli inglesi) ho deciso di incominciare una serie di post che tenteranno di spiegare in modo semplice e diretto come imparare l’inglese e soprattutto come evitare i classici errori che noi di italofoni incontriamo. Questa mia esigenza di scrivere questi post nasce anche dal fatto che in Italia l’insegnamento dell’inglese è mediocre se non addirittura risibile. Dei dieci insegnanti di inglese che ho avuto nella mia carriera scolastica non ne salverei neanche uno. Poverini, non ne avevano neanche tanta colpa visto che pure loro hanno dovuto imparare l’inglese in Italia (stare un mese in un collegio a Oxford o a Brighton non conta) da libri scritti da insegnanti inglesi per un pubblico internazionale. Infatti questa mediocrità nasce dal fatto che i libri d’inglese sono scritti da inglesi e poi tradotti in italiano. Ovviamente i professori di inglese non hanno alcuna idea delle trappole che la lingua inglese ha in serbo per chi parla una lingua romanza. Queste trappole sono comuni a tutti, tutti gli italiani all’estero le fanno ed è facile evitarle se solo vi insegnassero a scuola come fare. Spero che questi pochi miei suggerimenti vi possano aiutare. Buona lettura.
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Come avevo già parlato in un precedente post la lingua inglese è un guazzabuglio di varie lingue sommate assieme. L’anima dell’inglese è divisa tra le lingue romanze e quelle germaniche, e così è la sua cultura. Capire da quale famiglia provengono le parole aiuta a capire la lingua inglese, salvando la salute mentale di milioni di studenti in tutto il mondo. Per un madrelingua inglese questo non è sempre evidente perché sono cresciuti con quella lingua e per loro sembra avere una coerenza incredibile. In realtà quando un inglese non sa fare lo spelling di una parola il 90% delle volte è una parola che deriva dal francese.
Se solo me lo avessero detto quando ero a scuola avrei sicuramente incominciato a “capire” questa lingua per poi impararla. L’inglese soprattutto per i neofiti può essere irritante con tutte quelle eccezioni, quelle pronunce differenti. In realtà una volta capita la logica della lingua (ogni lingua segue una precisa logica) tutto si ridimensiona.
L’inglese è formato da una base anglosassone, con influenze latine, poi norrene, poi da un sostrato normanno e poi di nuovo latino e greco. Vediamo perché (anche tramite il video che ho postato qui sopra): nelle isole britanniche vivevano i Celti, poi sono arrivati i Romani che, a parte la Scozia, il Galles e l’Isola di Man, sono riusciti a far dimenticare questa lingua ai suoi abitanti. Caduto l’Impero Romano d’Occidente sono arrivati le invasioni degli Juti (odierna Danimarca), degli Angli e dei Sassoni (Germania settentrionale). E qui nasce l’Anglosassone appunto, ovvero una nuova lingua germanica che si impone sulle isole britanniche. Parole come strada, città, termini militari e giuridici rimangono però latini. E’ poi il turno dei Vichinghi che invadono le isole lasciando come eredità circa 2000 parole nel vocabolario inglese. Fin qui tutto a posto visto che anche il norreno è una lingua di origine germanica. Ma nel 1066 arriva l’invasione dei Normanni dalla Francia e qui incominciano i guai. I nuovi padroni si sosituiscono all’aristocrazia indigena e creano due società separate da un divario linguistico enorme. Un divario che a mio parere esiste tuttora nella divisione classista della società inglese. I dominatori impongono termini francesi per questioni legislative, giuridiche, gastronomiche, militari, comportamentali ecc. I poveri indigeni devono adattare il nuovo vocabolario e la loro pronuncia alla nuova situazione. Cliccare sulla timeline qui sotto.
Quindi abbiamo delle parole che provengono dal ceppo germanico tramite le tribù germaniche e i vichinghi e dal latino tramite i romani e il francese importato dall’invasione normanna. E qui arriva il problema per i madrelingua italiani che a scuola è come se si ritrovassero nel 1066 ai tempi dell’invasione normanna. La scuola ogni volta che vi fa aprire il libro d’inglese nel vostro primo giorno sui banchi scolastici vi stupra il cervello allo stesso modo di quei dominatori normanni. Ogni giorno è come una Battaglia di Hastings.
Non esistono regole precise per ovviare a questo problema a parte usare il vostro intuito: quando incontrate una parola che riconoscete e che sapete tradurre (tipo quelle che finiscono in -tion o -ble) sarete sicuri che vi trovate di fronte a parole che derivano dal francese. Queste infatti sono quelle più facili da pronunciare per noi anche se come vedremo nei prossimi post le vocali e le consonanti devono essere pronunciare all’inglese. I problemi per noi italofoni arrivano con quelle parole che vengono dal ceppo germanico: queste parole contengono le famigerate H che devono essere pronunciate (!), le vocali lunghe (inesistenti nelle lingue romanze), i gruppi WH e OUGH ecc. ecc.
Quindi nel mio corso d’inglese ideale dopo aver spiegato a grandi linee la storia delle invasioni delle isole britanniche si incomincerebbe a focalizzare l’attenzione dei miei studenti su ciò che distingue l’italiano dall’inglese, ovvero quei brutti suoni germanici.
To be continued…
bravo fabristol! Ottimo post!
Ecco, io questa nota l’aggiungerei al mio corso d’inglese ideale!
Leggerò con piacere le prossime lezioni 🙂
Confermo la facilità nel pronunciare quelle che sembrano provenire dal francese e la difficoltà con le altre. Quello che poi irrita un po’ e sentire italiani che di fronte a parole che sono esattamente le stesse nella nostra lingua (vedi “nostalgia”, “viceversa”, etc.. anche se non credo sia poi così tante), beh non tentano una pronuncia differente, credendo che anche la pronuncia sia la stessa
Al contrario, quando in italiano usiamo dei neologismi, crediamo ingenuamente che siano tutti inglese, per esempio “scotch” (che viene dal francese, invece) e lo usiamo in inglese ma poi ovviamente non veniamo capiti:)
“nelle isole britanniche vivevano i Celti, poi sono arrivati i Romani che, a parte la Scozia, il Galles e l’Isola di Man, sono riusciti a far dimenticare questa lingua ai suoi abitanti. ”
Sei sicuro? Io ho sempre creduto che il latino non si sia mai parlato correntemente in Britannia, e che le lingue celte siano state soppiantate da quelle germaniche. Tra l’altro credo che ai tempi dell’invasione romana ci vosse già nell’isola una commistione tra popolazioni (e lingue) celtiche e germaniche.
Ora mi fai venire i dubbi. Fammi controllare.;)
“4 gatti” ?!?! intendevi dire 470.000 gatti!
Per andima
Grazie e mi raccomando correggetemi se dico stupidaggini.;)
Per Vincenzo
Un tempo erano dieci ora sono quattro.:)
I temi linguistici sono sempre interessantissimi, perché proprio come sottolinei dalla lingua si può capire molto di un popolo, della sua storia e della sue tradizioni. Sottolineo anch’io la faccenda del classismo linguistico segnalando che molte le parole che indicano animali hanno derivazione anglosassone, mentre le loro carni hanno vocabolo francese (se le mangiavano solo i ricchi) tipo pig e pork, dear e venegon, calf e veal, ecc.
Attendo le prossime puntate con ansia. Soprattutto per i tips sugli error.
errori.
“Ora mi fai venire i dubbi. Fammi controllare.;)”
Più che altro io ho sempre saputo che l’influenza del latino nell’inglese attuale è minima (se non per i termini scientifici, e ovviamente non contando l’influenza indiretta tramite la lingua dei Normanni). Però per dire la verità non so quanto si parlasse o meno il latino nella Britannia occupata dai romani. Interessante il fatto (leggo su Wikipedia) che il Welsh (cioè la lingua celtica sopravvissuta in Galles) ha diverse influenze latine, ad esempio ffenester per finestra o llaeth per latte, parole che invece in inglese sono di origine germanica.
Non so se qualcuno l’ha già scritto, io consiglio «The stories of English» (sì, plurale) di David Crystal
Per Cachorro
Su questo non c’è dubbio. Come ho detto nel post la base è anglosassone. Quello che è rimasto di latino sono solo i termini militari, giuridici, strada e altre cose ingegneristiche che i celti non conoscevano. Il latino dei temrini scientifici arriva dopo nel 1600-1700 con la rivoluzione scientifica.
interessante invece quello che dici sul Galles! Forse i gallesi non utilizzavano il latte liquido ma solo sottoforma di prodotti caseari. 😉
@ andima Non so in UK, ma in USA si può dire ‘scotch tape’ (ma non scotch e basta) per dire nastro adesivo.
Tra l’altro lo Scotch (inteso come nastro adesivo) è un marchio registrato. Comunque sbrigati con queste lezioni, che ne ho bisogno subito.
Hurry up!
La prossima arriva domani 😉
Adoro la linguistica anglosassone.
Adoro ancora di più quella celtica che da poco sta entrando nella mia testolina. Pensa che sto cercando di imparare il gallese.
“sto cercando di imparare il gallese.”
auguri!! 🙂
p.s.
io da Bristol ascoltavo BBC Chymry in gallese. Una lingua aliena…
Giusto qualche giorno fa mi era tornata in mente la tua osservazione (che già facesti) sull’influenza francese sull’inglese, e pensavo che sarebbe stato interessante che tu avessi ulteriormente elaborato il tema. Quindi direi che questa iniziativa non può che incontrare il mio plauso 🙂
>io da Bristol ascoltavo BBC Chymry in gallese. Una lingua aliena…
No way! Io su quella rete -però online- mi guardavo Pobol y Cwm: una soap opera! (ovviamente con i sottotitoli in inglese)
Per Paolo
Sono contento di aver lasciato alcuni semini con i miei post! 🙂
Per Matteo
intendevo la radio. 😉
Non va piu’ il video.
Grazie per il post.
Rispondo subito alla tua chiamata con gioia e curiosità: fare questo ciclo di post è un’idea splendida e, per favore, non esitare a chiedere il mio aiuto quando ne hai bisogno!
Purtroppo condivido appieno quanto dici sull’insegnamento dell’inglese in Italia: per me è motivo di grande amarezza visto che io, come sai, sono anche insegnante di inglese e so bene di avere colleghi con una conoscenza davvero scarsa della lingua che trasmettono la loro prospettiva appiattita agli studenti. Poi, c’è anche l’annosa questione del percorso di studi in lingue straniere, che in questo paese è considerato una sorta di parcheggio per persone indecise sul proprio futuro: disgraziatamente molte di queste finiranno a insegnare inglese nelle scuole perpetrando la situazione attuale. Ma non mi sento di dire che è tutto perduto e io, nel mio piccolo (anzi, piccolissimo!) cerco di contrastare questa tendenza: difatti, leggo con sorpresa che molti degli elementi che tu vorresti nel tuo “corso ideale” per me sono prassi. Tuttavia, devo anche dire che il discorso va anche verificato sul campo: quando durante le lezioni accenno a elementi di storia della lingua o di etimologia per dare profondità a un argomento lessicale o grammaticale, trovo immancabilmente un 30% di studenti che mi guarda affamati dalla curiosità, ma la maggioranza rimane perlopiù a sbuffare finché non faccio un listening o passo all’ennesimo esercizio di Business English (la nuova vecchia moda dell’insegnamento!); la percentuale ovviamente si riduce ancora di più in facoltà non linguistiche.
E questo per la prima parte del post. Nel prossimo commento entro di più nel dettaglio dei contenuti 😉
I romani non sono stati i responsabili della scomparsa del celtico in Inghilterra (in senso stretto), anzi oserei affermare l’esatto contrario: i celti si erano inseriti molto bene nell’impero, grandi settori della popolazione avevano accesso alla cittadinanza romana e molte personalità di origine celtica avevano assunto ruoli anche importanti a Roma. Persino la religione si era fusa con quella latina, tanto che, per esempio, a Bath era stato eretto il tempio di Sulis Minerva (Sulis la divinità celtica che trovava in Minerva il corrispettivo latino). Dal punto di vista linguistico, i celti della Britannia hanno innanzitutto imparato a scrivere dai romani e adottato dal latino un grande numero di parole: come diceva qualche commentatore sopra anche parole di uso molto comune come “latte” e “finestra”. Con l’avvento del cristianesimo, sono stati tra i primi ad abbandonare il paganesimo e tra quello che ci rimane dei documenti dei vari monasteri dell’epoca abbiamo prove del bilinguismo perfetto degli ecclesiastici celtici, che mantenevano la loro lingua “a casa” ma usavano l’inglese per comunicare con il mondo allora conosciuto (esattamente come noi due che scriviamo i nostri blog in italiano ma pubblichiamo gli articoli in inglese). Tutto questo porta molti studiosi a parlare di civiltà “romano-celtica” sopravvissuta ben oltre la dominazione imperiale. Questa civiltà non romanza ma ben latinizzata è stata sradicata invece da angli, sassoni e iuti, che li decimarono progressivamente e, quindi, li spinsero a nord ma soprattutto a est, in Galles – il cui nome, ricordo, deriva dalla parola wealhas “stranieri” in inglese antico – e Cornovaglia (“gli stranieri del corno”) e successivamente anche fuori dall’isola, costringendoli a prendere mare in direzione di Galizia e Armorica.
Un altro appunto invece, facendo un bel balzo nel tempo, sul rapporto tra dominatori normanni e anglosassoni. Come già ti avevo commentato in un altro post, i normanni non si sono comportati esattamente in maniera coloniale, ossia costringendo gli indigeni ad adottare la propria lingua (anche perché, se fosse avvenuto, adesso in Inghilterra si parlerebbe una lingua romanza), bensì tra vecchia aristocrazia anglosassone, nuova aristocrazia normanna e il resto della popolazione si è instaurato un interscambio linguistico dall’altro verso il basso e dal basso verso l’alto, che ha consentito da un lato l’assimilazione di vocabolario franco-normanno su ampia scala, dall’altro l’acquisizione da parte della nobiltà normanna di quello che verrà chiamato inglese medio (nel giro di poche generazioni dal fatidico 1066 le classi più elevate avevano già abbandonato il franconormanno!). E già che ci sono, in realtà la pronuncia “distorta” delle vocali inglesi non risale a quel periodo, ma è successivo, diciamo dal Trecento al Seicento (il cosidetto Great Vowel Shift), ma questa è tutta un’altra lunghissima complicatissima storia!
P.S. Perdonate i commenti lunghi, ma è tutta colpa del padrone di casa! 🙂
Per Jadranski
grazie per le precisazioni e per le aggiunte. Vedi, se ti avessi avuto come insegnante forse avrei apprezzato l’inglese molto di più a scuola. Invece ho dovuto passare le pene dell’inferno e un’infinità di figure di merda qua all’estero… 😀
Comunque, io punterei molto, se già non lo fai coi tuoi studenti, nello spiegare che una lingua ha una sua logica interna e che tutto ha una spiegazione. Io credo che il problema per uno studente che impara una lingua (qualsiasi) sia trovare il filo conduttore. All’inizio sembra tutto un calderone ma poi una volta che si scoprono i perché delle cose tutto scorre molto più liscio. Non è solo una questione di comprensione ma anche di accettazione: il cervello deve accettare la lingua e può farlo solo se tutti i tasselli logici sono al loro posto. Io nella mia epserienza credo di aver trovato questo filo e spero di poterlo trasmettere ai miei lettori. Tra l’altro ora che mi trovo di fronte a parole sconosciute spesso riesco a capire da dove arrivano, quale sarà il loro tempo passato, come si comportano all’interno della frase ecc.
Pingback: Quello che non vi hanno mai insegnato al corso d’inglese: l’H (non) alitata | Fabristol
Grazie all’ host del blog per questi bellissimi post!
Complimenti a Jadran per la buona volontà nel voler esser un buon insegnante d’ inglese.
P.S: però c’è stato un “Great Galles Shift”: il Galles è a ovest! 😀
Complimenti e anche grazie per le tue simpaticissime (ho riso moltissimo !!) e preziosissime lezioni/perla :)) Non smetterò di seguirti !
Grazie!
Quindi, riepilogando quanto si è detto, la lingua inglese (oggi) ha si avuto influenze latine, ma da parte normanna e NON da parte Romana. Oppure No? Vorrei una conferma, grazie.
Esatto, ma sarebbe piu’ corretto chiamarle influenze romanze piu’ che latine.