Questo post si ricollega molto bene al precedente e quindi vi consiglio di leggerli entrambi se non lo avete già fatto.
Tempo fa conobbi una ragazza molto giovane, appartenente a quella che viene definita come generazione dei millennial. Questa ragazza mi aveva molto colpito per alcuni motivi: mi aveva detto che non aveva mai posseduto un CD o DVD e mai avuto un lettore CD o DVD; la musica infatti l’ascoltava su Spotify; di libri cartacei ne aveva pochissimi e leggeva solo ebook; aveva uno smartphone ma questo non era di sua proprietà ma pagato con rate mensili tramite contratto fisso; si era presa una patente da poco ma non aveva alcuna intenzione di comprarsi un’auto; quando ne aveva bisogno l’affittava; ovviamente non aveva ancora una casa di proprietà ma non aveva intenzione neppure di avere questa. Tutta la sua vita era fatta di Subscription, contratti di affitto, decine di Terms & conditions dalle scritte minuscole e in legalese incomprensibile. La sua vita era un continuo divenire, legata strettamente alle sorti del resto della società capitalistica in cui viveva. E come tale effimera e su cui non aveva alcun controllo. Sarebbe bastata una crisi economica a livello globale per mandare sul lastrico tutte le compagnie su cui faceva affidamento. Un cyberattacco da un paese nemico e PUFF. Una tempesta solare e tutto in fumo. Se per questo sarebbe bastato semplicemente andare fuori dal campo di ricezione del suo smartphone per perdere l’intera sua vita. Era una ragazza gracile e soprattutto fragile e il suo corpo sembrava la perfetta metafora di quello che era la sua vita: fragile. Come una mosca in balia di una tempesta.
Da quando l’aveva conosciuta mi sono spesso chiesto cosa si provasse a non avere mai avuto il piacere di aprire la plastica di un CD, aprirne il contenitore, sfogliare il libretto con le foto, ascoltare la musica mentre si leggono i testi, portare il libretto ad un concerto e farselo autografare dai musicisti. Probabilmente non aveva mai ascoltato un intero album dall’inizio alla fine. Quella ragazza non aveva mai prestato un CD o un libro ad un amico e non ne aveva mai ricevuto uno in cambio. Non aveva mai ereditato dai genitori alcun libro o CD/LP e non lo farà con i suoi figli. Il ponte tra generazioni con la staffetta di librerie e videoteche ormai non esiste più. I millennial vedono, ascoltano e leggono solo film, musica e libri del loro tempo. Più ci penso e più mi rendo conto che questa nonostante la (finta) promessa di accesso ad infinite librerie di contenuti dei nostri tempi sia una perdita culturale agghiacciante e di una tristezza infinita. Come un mio collega millennial che non aveva mai visto Ghostbusters, Alien o Predator o Guerre Stellari perché non li aveva mai trovati nel catalogo Netflix o Amazon Prime. Come puoi comprendere i continui riferimenti nella cultura pop di questi film se non li ha mai visti?
Anni fa rimasi orfano di Lovefilm, un servizio che ti spediva DVD a casa per appena 7 sterline al mese. Mi piaceva perché mi permetteva di guardare film anche vecchi attingendo ad un catalogo enorme. Mi permetteva di colmare le mie lacune cinematografiche con grandi classici del passato. Classici delle generazioni dei miei genitori e perfino dei nonni. Passato poi a malavoglia a Netflix, mi ritrovo con un misero catalogo di appena 15 anni di età, che cambia in continuazione a seconda dei gusti effimeri del mercato. Film e serie TV vanno e vengono e se non li guardi al momento giusto rischi di perdere tutto. Come successo a mia moglie che ha cominciato l’ultima stagione di Dexter e dopo appena due episodi ha scoperto che era stata cancellata dal catalogo. Netflix poi può decidere o può essere costretta dai governi a cancellare o censurare titoli che nel 2018 vengono considerati blasfemi, offensivi o non-politically correct. Immaginatevi un movimento come quello di MeToo che chiede a gran voce il boicottaggio di film che hanno come protagonisti attori coinvolti o accusati di molestie. O un partito islamico che chiede la censura di alcuni film considerati blasfemi. Netflix sarebbe costretta da pochi organizzati e moderni cacciatori di streghe a censurare o cancellare.
Di recente un altro gigante della distribuzione di film classici come Filmstruck è stato chiuso e ora l’accesso ai classici è in serio pericolo visto che non vengono più prodotti o comprati su supporto fisico. Insomma, come ho detto nel post precedente il digitale non deve necessariamente sostituire il supporto fisico ma affiancarlo. Questa non è una guerra tra tecnologie come molti pensano, ma una questione di buon senso: bisogna accettare che ogni tecnologia ha i suoi limiti e che bisogna adottare o l’una o l’altra a seconda delle necessita. Ma soprattutto bisogna rendersi conto che l’odierna distribuzione di media è concentrata nelle mani di poche megacorporazioni alla merce’ di governi che possono censurare o cancellare dalla memoria collettiva opere per questioni ideologiche. Se vogliamo veramente che le nostre opere preferite ci rimangano e possano arrivare ai nostri figli senza censure dobbiamo anche investire nei supporti fisici. Altrimenti ci ritroviamo nella paradossale posizione in cui il controllo delle opere è nelle mani di pochi proprio nell’era in cui si ha un potenziale infinito accesso a tutto lo scibile umano. Altro che Fahrenheit 451. Come? Non lo conoscete? Ah, già lo hanno tolto dal catalogo online.
Riguardo alla possibile censura di contenuti per questioni ideologiche, sono preoccupato anch’io.
Però, come in tutte le epoche, anche la nostra, non potrà “trasportare” tutto nel futuro culturale dell’umanità; il naturale decadimento, lo sfogliamento sono necessari.
Il problema è la capacità di discernere che cosa veramente supera i confini del tempo. Sotto questo aspetto, il mio timore è che a deciderlo non sia più e non sarà più il vaglio della critica qualificata, bensì semplicemente la logica del mercato.