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Quando le vittime sono i mandanti delle stragi

Proprio come è scritto nel titolo pare che in Italia le vittime di un atto terroristico di matrice fascista siano i mandanti. A sentire i commenti dei politici e della gente comune su internet, le sei persone ferite con arma da fuoco l’altro giorno a Macerata pare che se la siano cercata. Motivo? Erano neri ed immigrati e questo è un motivo scatenante per la “gente esasperata” per cercarsi giustizia da soli. Vendetta, tribalismo, punizione di gruppo sono tutti sintomi non solo di uno strisciante neofascismo in tutta Italia ma anche di un quoziente intellettivo molto basso. Le fallacie logiche dietro all’atto terroristico e alla sua giustificazione sono molteplici:

  1. gli atti criminali di un individuo (il nigeriano assassino di Macerata) non sono attribuibili a tutta l’etnia o nazionalità di appartenenza.
  2. non vi era alcun legame tra Traini e la vittima di Macerata se non il colore della pelle quindi non si può parlare di vendetta personale.
  3. non vi è alcuna connessione tra il fenomeno dell’immigrazione e l’assassinio di Macerata.
  4. non vi era alcun legame tra l’assassinio nigeriano di Macerata e le sei vittime di Traini.
  5. l’esasperazione della popolazione per un fenomeno, l’immigrazione, non ha alcuna giustificazione in un atto criminale.

Sappiamo che la maggior parte degli italiani sono analfabeti funzionali, non riescono a comprendere un testo, non sanno fare di conto, molti non hanno mai viaggiato e non hanno alcuna conoscenza del mondo al di fuori del loro villaggio dove sono nati. Tutti gli istinti primordiali come il tribalismo, il nazionalismo e la punizione di gruppo crescono e nascono anche da questa ignoranza diffusa. Non si spiegherebbe infatti come sia possibile il fatto che l’Italia sia uno dei grandi paesi europei con la più bassa percentuale di stranieri (numeri non mentono, 9% (22% da UE) contro 15% Germania per esempio), dove non ci sono stati attentati terroristici se non quello appunto di Macerata e dove la popolazione pensa di essere “invasa” da una massa di tagliagole. Ci sono regioni come la Sardegna dove gli immigrati sono appena il 2% della popolazione (ci sono paesi in cui non esiste alcun immigrato, una delle più basse percentuali in UE) ma la gente vota partiti xenofobi e ha paura dell’invasione dello straniero.

L’invasione appunto è una percezione data dal continuo bombardamento mediatico e in questo i giornali e le TV sono complici tanto quanto i partiti fascisti che appoggiano il terrorista nero Traini. Un partito fascista come Forza Nuova (il leader di Casapound almeno ha condannato pubblicamente il gesto ma non le cause scatenanti) che appoggia l’atto terroristico di un uomo in un paese civile dovrebbe essere smantellato immediatamente e i suoi leader arrestati. Esattamente come si farebbe per un imam che inneggia alla jihad. Perché pochi si rendono conto di quanto doppiopesismo ci sia stato da parte di media e politici sull’attentato nero di Macerata. Se a fare quello che è stato fatto fosse stato un jihadista islamico si sarebbe chiesta la testa ai mandanti morali, ovvero predicatori e imam musulmani.

E mai, mai avremmo assistito alla più becera dimostrazione di quanto i media e i giornali siano complici di questo clima da assedio inesistente quando per giorni non ci è stata data notizia dei nomi delle vittime, delle loro condizioni o dei loro commenti. Si è parlato solo dell’attentatore e di chi lo giustificava lasciando ampio spazio a Salvini e a Forza Nuova ma delle vittime non c’è traccia? Esistono? Sono esseri umani come noi oppure cani randagi? Hanno un nome o sono solo immigrati, gente negra che non ha alcun sentimento o dignità. Le avete sentite le loro storie, le loro biografie, le interviste ai familiari che avremmo visto in tutti le trasmissioni in TV se fossero stati italiani feriti da un’islamista? Allora dopo giorni sono finalmente riuscito a scoprire come si chiamavano questi “alieni” tramite Twitter. Eccole qua le PERSONE (ripetetelo a voce alta, dai su non fatevi intimorire dalle implicazioni di questa parola) ferite dal neofascista terrorista Traini (ditelo bene, scandite le parole, riempitevi la bocca della parola terrorismo nero): Jennifer Odion, Nigeria, 25 anni. Mahamadou Toure, Mali, 28 anni. Wilson Kofi, Ghana, 20 anni. Festus Omagbon, Nigeria, 32 anni. Gideon Azeke, Nigeria, 25 anni. Omar Fadera, Gambia, 23 anni.

Una nota antropologica però credo che sia importante scriverla: parliamo sempre dei leader di destra come mandanti morali (giustamente), dei (pochi) militanti in camicia nera che sfilano per le strade, dei simboli neofascisti ecc. ma ci dimentichiamo di far notare che questi sono solo i sintomi di una malattia ben peggiore radicata nella popolazione. La gente comune è il problema principale in Italia, dagli analfabeti funzionali nati nel Dopoguerra e che ora hanno 60 anni o più ai giovani che non hanno mai conosciuto il fascismo. Sono loro che appoggiano le camicie nere, loro che li votano, loro che li giustificano al bar o su internet. Sono gli stessi che piangono quando vedono i documentari degli italiani emigrati in America in massa (quella sì una invasione) che venivano maltrattati e linciati per le strade per le solite fallacie logiche di cui sopra, ovvero la punizione di massa per gli atti criminali di un individuo. Sono gli stessi che votavano Partito Comunista o Socialista (guardatevi le statistiche di chi vota Lega, Forza Nuova e M5S e fatevi venire i brividi), la classe proletaria tanto osannata dalle sinistre che cerca il capro espiatorio per vendicarsi della propria condizione sociale: prima erano i borghesi ora gli immigrati. Guerra tra poveri insomma. Sono gli stessi che portarono al potere Mussolini. Sono intorno a noi, in famiglia, al bar, al lavoro. Sono quelli che ora hanno il coraggio di dire in pubblico apertamente senza vergogna che sono razzisti e ne vanno fieri, che “bisogna fare qualcosa”, “sono troppi”, “bisogna farsi giustizia da soli”, “basta col buonismo”. (I buonisti per la cronaca sono quelli che applicano la logica prima della pancia e il buon senso prima delle azioni sconsiderate.)

Il fascismo non è mai morto ma si è solo tramutato in un’altra forma 70 anni dopo ed è l’italiano medio Facebook 2.0 ad esserne la forma. Non ha più bisogno di una Marcia ma di un post su Facebook e un voto in una urna.

 

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Una modesta proposta

Parto da questo bellissimo articolo di Guia Soncini su 24ilmagazine del Sole24Ore, copiandone anche il titolo, per riallacciarmi a quello che dicevo sul post Legioni di imbecilli di qualche settimana fa. Guia Soncini riesce in poche righe – che per gli standard internettiani odierni pare un Guerra e Pace e che non leggerà nessuno- a descrivere l’attuale (imbarazzante) situazione in cui si trova l’umanità: per la prima volta gli esseri umani possono accedere all’intero scibile umano ma decidono di non farlo. Facebook è il loro unico portale alla conoscenza umana (gateway drug direbbero i proibizionisti) e sono incapaci di “cercare” la conoscenza. La conoscenza, l’informazione è lì per tutti da prendere ma nessuno la cerca. La situazione è questa: pensate ad una persona negli anni 80 a cui gli si chieda il significato di un termine sconosciuto e gli si dia una enciclopedia. Questa persona prenderebbe l’enciclopedia e la sfoglierebbe fino ad arrivare al termine che non conosceva. Oggi nel 2017 le persone hanno a disposizione vasti corridoi, dove su infiniti scaffali stanno infiniti tomi enciclopedici – una Biblioteca di Babele di cui Borges sarebbe fiero. E non devono neppure fare fatica ad andare dentro questa biblioteca, ce l’hanno sempre nella propria tasca e possono accedervi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, dalla propria camera da letto alla montagna, dal deserto al mare – io avevo accesso ad internet nel Serengeti mentre guardavo leoni e giraffe e nelle foreste della Tailandia mentre stavo sopra un elefante, roba da matti. E non devono neppure faticare a cercare questa informazione perché basta usare il bibliotecario più efficiente della storia, Google, per cercare qualsiasi cosa. Ma la gente DECIDE di non farlo. Guia Soncini dice perché è gratis per il fatto che ciò che è gratis non ha valore. Forse, in parte, non saprei, però usando il rasoio di Occam direi che più che altro si tratta di pigrizia. Estrema pigrizia. Comportamento gregario. Istinto ovino di avere qualcun altro che ti dica qualcosa che tu voglia sentire. L’uomo non cerca la verità, vuole solo la conferma della verità che si è già costruito dentro di sé. Ed ecco che i social ti danno questa sicurezza: ti fanno vedere solo quello che vuoi vedere, rafforzano i tuoi preconcetti. Le legioni di imbecilli – tanto qui non si offenderà nessuno perché gli imbecilli si sono già fermati alle prime righe di questo lungo post dato il loro attention span limitato al titolo e alle prime righe – non vogliono informarsi nonostante lo possano fare.

Spesso mi sento chiedere da alcuni di questi esemplari: “Ma mi arrivano certe notizie (99% fake news su immigrati) su Uozzap da fare rabbrividire. Ma sarà vero?” In quei momenti -anche se mostro tanta flemma mentre tiro fuori la Biblioteca di Babele che ho nella tasca e cerco su Google per dirgli che “no, vedi è una bufala ed è corroborata da vari link bla bla- mi sale il sangue al cervello e mi cadono le braccia. Nella mia mente non esiste neppure una situazione del genere: se ho il dubbio di trovarmi di fronte ad una bufala immediatamente la verifico su Google. Ma gli imbecilli non sanno usare un motore di ricerca, tanto che Google ha dovuto cambiare anni fa il modo in cui fa le ricerche: mentre prima bastava scrivere tre-quattro parole per trovare corrispondente frase – tipo se un adolescente vuole sapere come si possa curare la pizza di brufoli che si trova in faccia un tempo poteva scrivere ‘brufoli viso curare” e aveva migliaia di risultati tra cui scegliere – ora Google funziona con domande sceme tipo “xke’ o i brufoli in faccia?” oppure “kome faccio a eliminare i cosi rossi” e funziona! Sapeste i termini che la gente scrive su Google quando arriva sul mio blog, brividi lungo la schiena. E Google lo ha fatto per venire incontro all’imbecillità di queste legioni senza speranza. Il fenomeno delle fake news esiste a causa di queste persone e del loro comportamento. Gente che legge il solo titolo e moltiplica n volte la notizia sui media senza neanche aver letto i primi paragrafi e perfino senza essere in grado di capirne il contenuto come è tipico degli analfabeti di ritorno funzionali. A furia di like, retweet e copia-incolla (pardon copia-incolla lo sanno usare in pochi ormai) e di “Perché non ho anche io diritto alla mia opinione?” tutti si spacciano virologi, geologi, climatologi, astrofisici, costituzionalisti e ovviamente allenatori.

Ora, se siete arrivati fino a qui rappresentate lo 0,1% della popolazione ne converrete con me che questa situazione non è senza conseguenze perché elezioni, sondaggi, referendum, sassaiole, impiccaggioni, proteste, dipendono dalla diffusione delle notizie. E se le notizie sono false e vengono moltiplicate senza verifica ma soprattutto se i testi, perfino quelli elementari, non vengono compresi è la fine della comunicazione, la tomba della diatriba politica, l’insignificanza dei punti di vista oggettivi. Soncini propone di fare pagare internet e le cose dice lei miglioreranno ma a mio parere il problema non è l’ignoranza per se stessa, che non andrà mai via sia chiaro, ma le conseguenze di questa: la mia modesta proposta è far pagare una cifra simbolica per votare alle elezioni o ai referendum. Son sicuro che una cifra accessibile a tutti (per far contenti i sinistrorsi) come 20 o 30 euro manterrà fuori dalle urne il 90% degli imbecilli. Chi, per dirla come Soncini, infatti pagherebbe per un voto che prima era gratis e quindi senza valore? Chi non dà valore a se stesso e per la cura della propria ignoranza come potrebbe dare valore ad un voto?

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Darwinism in the making

L’ironia di tutta questa isteria collettiva sui vaccini sta nel fatto che grazie ai vaccini che si sono presi da bambini questi idioti possono protestare fino all’eta’ adulta.

Photo mash-ups di Fabristol

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Il medioevo prossimo venturo

Se ce ne fosse bisogno di una prova dell’abisso in cui la mente umana può cadere è proprio di questi tempi moderni quando persone che sono sopravvissute fino alla vita adulta perché vaccinate protestano contro i vaccini. O quando le masse aizzate dagli ambientalisti sono contrarie al nucleare, il sistema di produzione energetico più pulito e più efficiente che l’umanità abbia mai ideato. O quando grazie alla ricerca su animali gli animalisti sono sopravvissuti fino a età adulta e possono continuare a protestare fino a 100 anni o più. O quando nonostante chiunque si possa informare gratis sul sistema più onnisciente che l’uomo abbia mai creato, Internet, la gente continui a informarsi solo grazie a catene di Sant’Antonio su Facebook moltiplicando ignoranza e superstizione su omeopatia, OGM, antivax, nucleare, vivisezione, complottismo.

Un giorno quando il mondo sarà distrutto a causa si questi idrocefali che saranno al potere ci guarderemo indietro e ci chiederemo: come è possibile che abbiamo buttato al vento tutto quello che abbiamo conquistato durante l’apice della nostra civilizzazione e lo abbiamo barattato col medioevo?

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Il sinistrorso fluido

Da qualche anno a questa parte sto notando un incredibile avvicinamento tra la sinistra e l’Islam. Questo avvicinamento non è una sorpresa vista la storia della sinistra degli ultimi decenni: terzomondismo, questione palestinese, pauperismo, anti occidente, anticristianesimo ecc. Ma è l’avvicinamento all’islamismo – ovvero jihadismo – che fa paura e, se me lo consentite dire, ribrezzo.

Abbiamo visto la sinistra terzomondista stracciarsi le vesti per Gaza e Cisgiordania ma l’abbiamo sempre vista associarsi laicamente a OLP e perfino con Hamas. Poi è arrivata l’era Bush e l’era del terrorismo internazionale, poi la guerra in Siria. Dapprima la sinistra ha fatto leva sul pauperismo: “i terroristi si fanno esplodere perché’ vengono da paesi poveri sfruttati dal capitalismo occidentale”. Ma poi piano piano per una naturale tendenza della mente umana ad associarsi ai nemici dei propri nemici la sinistra ha incominciato ad identificarsi nel jihadismo globale. Non passa giorno che attivisti e perfino femministe non si facciano fotografare con hijab e veli vari. È inutile dire che una femminista che si copre il corpo completamente è un ossimoro che avrebbe fatto rabbrividire le femministe in minigonna degli anni 60 che lottavano per la liberazione della donna? E tutto questo in nome della lotta contro l’occidente capitalista giudeo-cristiano. Recentemente la sinistra ha appoggiato Al Nusra, ovvero Al Qaeda in Siria e Ahram Al Sham e tutte le sigle jihadiste siriane. Motivo? Si oppongono ad Assad e questo basta. Che poi nei territori da loro amministrati torturino, decapitino, uccidano e schiavizzino non ha importanza.

Assad è il cattivo tiranno e la Sharia è solo un danno collaterale. Anzi non è neppure un danno, è la giusta opposizione contro il capitalismo globalista. Sharia è perfetta per il sinistrorso: è un sistema socialista, pauperista, anticapitalista. Perché’ alla fine la sinistra non è altro che questo: opposizione perpetua contro il ricco oppressore. In questa loro identità fluida i sinistrorsi hanno appoggiato il peggio del peggio nella loro storia: da Khomeini in Iran ad Hamas a Gaza, da Al Nusra in Siria alle attiviste islamiste che su Twitter rivendicano l’hijab come simbolo della liberazione femminile. E son sicuro che avrebbero appoggiato perfino i primi cristiani nei primi secoli della diffusione del cristianesimo, nonostante oggi gli si oppongano. Motivo? Era la religione degli schiavi, degli oppressi contro l’Impero dei gentili. Che poi il cristianesimo venga definito alleato perfetto del capitalismo globale oggi non ha importanza. L’importante è andare contro l’Impero. In tutto questo potete capire cosa frulli per la testa di un sinistrorso: confusione e frustrazione. Tutti sono amici e tutti sono nemici, dipende solo in quale contesto storico e politico. Confusi e frustrati ma anche un po’ invidiosi di chi a destra non si è mai mosso di un millimetro dai tre pilastri della propria religione politica: famiglia, dio e patria. Certo gli ultimi due cambiano col tempo (divinità e patrie sono anch’esse fluide) ma nei secoli, non nel giro di pochi anni. E se non avete capito cosa sta succedendo con la sinistra occidentale allora non avete capito quello che sta succedendo anche dall’altra parte: ovvero la destra fedele ai pilastri di famiglia, dio e patria appoggia attivamente Putin, il nuovo uomo della Provvidenza. Non c’è dubbio quindi, la battaglia politica nei prossimi anni sarà tra destra putiniana e sinistra jihadista. E a causa delle dinamiche squisitamente istintive dei processi mentali umani non vi è scampo da questo dualismo ideologico. Benvenuti nel ucronico 21esimo secolo fatto di femministe col burqa e cinture esplosive e fascisti che sventolano la bandiera rossa con la stella del Cremlino.

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Non è un paese per lamentoni

Ci sono diversi modi per determinare la storia di uno scheletro. Le ossa possono darci molte informazioni riguardo alle condizioni di vita di chi possedeva quello scheletro, compresi lunghi periodi di malnutrizione, stress, malattia ecc. Spesso gli paleoantropologi e gli archeologi deducono proprio dagli scheletri se le civiltà del passato hanno subito carestie, epidemie e guerre.

Ecco, quando gli archeologi del futuro dissottereranno il mio di scheletro, come quello degli altri 60 milioni di britannici, troveranno che nel 2012 qualcosa è andato storto nelle isole britanniche. Cataclisma? Epidemia? Carestia? Guerra? No, niente di tutto questo. Quello che abbiamo passato quest’anno qui sono stati mesi e mesi di pioggia ininterrotta con acquazzoni “continentali” torrenziali a Giugno, Luglio e Agosto. Negli ultimi tre mesi abbiamo visto il sole solo per sì e no 10 giorni non consecutivi (!). A memoria d’uomo nessuno si ricorda di un’estate del genere. Ora rendetevi conto che cosa può fare al vostro umore e al vostro organismo una situazione del genere. Serotonina bassissima, con conseguente depressione stagionale, aumenti dei suicidi, aggressività, organismi (comprese le piante che quest’anno hanno fiorito solo per qualche giorno) che non hanno visto alcun passaggio primaverile o estivo dall’inverno all’autunno successivo.

Un disastro a leggere i nostri cheletri del futuro. Ma non per i britannici che semplicemente continuano a vivere senza che niente fosse. Qualche battutina come al solito riguardo al tempo e alla pioggia, qualche risatina e di nuovo al pub come sempre. I britannici devono essere l’unica popolazione del pianeta a non soffrire di problemi fisiologici e psicologici collegati al brutto tempo. Generazioni e generazioni di selezione naturale li hanno resi immuni al cambio stagionale e perfino alla mancanza dei cicli stagionali. Se in futuro dovessimo colonizzare Venere i britannici sarebbero gli unici a sopravvivere in quel pianeta dove la pioggia (di metano liquido) è ininterrotta da centinaia di migliaia di anni.

E questo atteggiamento nei confronti del tempo inglese, questo fare spallucce e poi via con un sorriso ritornare a lavorare, è sicuramente un atteggiamento difensivo innato che li salvaguarda dalla pazzia. Perché si può diventare pazzi con questo tempo, non c’è dubbio, ma loro hanno sviluppato questo umorismo che a mio parere si è trasferito anche verso altri argomenti. Ecco, lo dico, sono profondamente convinto che l’umorismo inglese nasce a causa del brutto tempo. Senza la pioggia i britannici avrebbero l’umorismo di un tedesco.

Va da sé che questo non è un paese per gente che si lamenta come, per nominare un popolo a caso “gli italiani”. La lamentela quotidiana per gli italiani passa dalla politica alla cultura, dal brutto tempo al cibo ecc. Solo pochi italiani riescono a sopravvivere a questo clima e sono generalmente quelli che si lamentano di meno.

Io? Mi lamentavo in passato ovviamente poi negli ultimi anni ho raggiunto un equilibrio. Dopo quest’estate però non so quanto riuscirò a resistere.

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Prometheus- Recensione

Ormai sta diventando la mia firma ufficiale per tutte le recensioni cinematografiche ma è veramente difficile ignorare il fatto che per l’ennesima volta l’Italia (ma anche la Svizzera italiana quindi si tratta di un problema della compagnia che doppia i film; d’altronde gli unici due-tre doppiatori italiani –della stessa famiglia– sono impegnati a doppiare centinaia di altri film e serie TV) sia sempre l’ultima a distribuire i grandi film nel suo territorio. Mentre il resto del globo, compresi Vietnam, Macedonia e Pakistan sta in questo momento guardando Prometheus in tutti i cinema, gli italiani dovranno aspettare fino al 19 Ottobre 2012 per poter vedere questo film. Poi ci si lamenta del download illegale in Italia.

***

E’ con grande dispiacere che scrivo questa recensione. Credevo molto in questo progetto, credevo molto in Ridley Scott e scrivere ciò che leggerete più giù fa più male di quanto possiate immaginare.

Prima di tutto diciamo che Ridley Scott ha abbandonato l’ “hard science fiction” a cui ci aveva abituati con Alien e Blade Runner. Lo ha fatto abbracciando il più remunerativo – sul breve periodo – metodo hollywoodiano che consiste nel considerare gli spettatori come degli emeriti coglioni incapaci di distinguere tra ciò che è plausibile e ciò che non lo è. Tante lucine, nessuna storia.

Di fatto Prometheus non è altro che un bellissimo, meraviglioso specchio per le allodole con tanti gingilli e sonaglietti ma con una inconsistente trama, piena di buchi narrativi e logici. E forse la colpa è anche di chi ha scritto il film, un certo Lindelof: esatto quello che ha scritto il finale di Lost.

Il più grande problema di Prometheus è che i suoi personaggi non si comportano come esseri umani ma come subumani – di fatti perfino un bambino di 5 anni prenderebbe decisioni più logiche. I protagonisti vengono posti di fronte a situazioni incredibili una dopo l’altra e reagiscono a casaccio tanto che l’unico personaggio che agisce da essere umano è l’androide David.

Ma andiamo con ordine incominciando con la trama: affascinante, con un potenziale enorme e con molti sottotemi da esplorare. La storia si dipana alcuni anni prima dell’arrivo della Nostromo di Ripley del primo film Alien. Due archeologi trovano un messaggio nascosto nei bassorilievi e nei dipinti di varie civiltà. Un invito da parte di alieni verso il loro pianeta. Da questo momento in poi gli spettatori sanno già tutto quello che c’è da sapere del film perché i due archeologi sanno già tutto. E questo è il primo errore di questo film nel quale è stato abbandonato in maniera plateale qualsiasi tipo di climax, gusto per l’attesa e scoperta finale tanto importanti in un film come per esempio Alien. Sappiamo tutto perché i protagonisti sanno tutto, tanto che non c’è da stupirsi se i protagonisti non si stupiscano di quello che trovano.

Cosa trovano? Un pianeta con delle strutture artificiali costruite dagli Ingegneri. Ovvero una razza aliena che ha progettato e sparso la vita nell’Universo, compresa la Terra. Niente di nuovo in tutto ciò, si tratta della vecchia affascinante teoria della panspermia, di per sé plausibile. La Panspermia è più plausibile di qualsiasi comportamento che da questo momento in poi i nostri protagonisti hanno. Le regole di buon senso, prima ancora che della avventura spaziale, consistono nel non venire in contatto con atmosfera, agenti, manufatti, organismi, liquidi alieni di un pianeta alieno. Punto. Parole come contaminazione, quarantena, protezione da agenti alieni sembrano non interessare a nessuno nel film. Il primo pianeta dove si scopre vita aliena e tu te ne vai a passeggiare come faresti nel parco sotto casa senza casco e toccando ogni organismo e liquido con cui vieni a contatto a mani nude.

Mancanza totale di “sense of wonder”. Manufatti, organismi, fossili niente gli fa strabuzzare gli occhi e aprire la bocca in un muto WOW. Anzi uno degli “scienziati” (la parola scienza non dovrebbe essere utilizzata in questa recensione) se ne va pure perché dice che non gliene frega assolutamente niente di quello che c’è lì e vuole tornare sulla nave. Due anni in criostasi, scelto per la missione più importante dell’umanità e giri le spalle a ciò che potrebbe rispondere a tutte le domande che ci siamo fatti sulla vita. In realtà è solo un trucco per chi ha scritto il film per creare un’altra situazione dove uno “scienziato” ancora più stupido -definito biologo- si mette a toccare un alieno che cerca di attrarre come fosse un gattino per poi morire miseramente. Il film è pieno di queste situazioni in cui i personaggi prendono decisioni da amebe per creare piccoli subplot, siparietti gli uni slegati dagli altri. E sono tutte decisioni propedeutiche a qualche disastro necessario per shockare lo spettatore. Ma uno scrittore deve saper dosare questi trucchetti, deve saper dare ai personaggi una plausibile scusante per comportamenti assurdi. Altrimenti si rischia, come nel caso di Prometheus, a dover applaudire a film del calibro di Alien vs Predator tanto per intenderci.

Ora quando in un film ci infili scienziati, termini scientifici e non capisci un cazzo di queste cose fai attenzione altrimenti fai la figura del cretino. Ed è proprio una figura da cretini che fanno Lindelof e Scott propinandoci teorie, concetti, termini scientifici sconnessi e senza fondamento degni di un film pulp con zombie di serie B. Una vergogna non per la scienza ma per il buon senso. In rete girano già i primi video che prendono per il culo pesantemente il film sotto questo aspetto come questo qui sotto (cose che non avevo visto neppure per Alien vs Predator):

Inoltre il film si propone come una sorta di viaggio fantascientifico con un profilo filosofico-spirituale. Una ricercatrice molto credente che vuole trovare le risposte ai perché dell’Universo e pensa che comunicare con gli alieni ingegneri la possa aiutare a trovare le risposte che sta cercando. Ma tutto viene miscelato nel tritacarne e questo lato spirituale viene dimenticato a metà strada nel mezzo di un monster movie senza né capo né coda. Alla fine la protagonista trova alcune risposte ma preferisce rifugiarsi di nuovo nella sua religione. Ma di nuovo, la confusione è tale che ci pare chiaro che lo zampino di Lindelof fatto di accenni, allusioni e specchietti abbia fatto l’ennesima vittima: come in Lost alla fine del film non esiste alcuna spiegazione, tutto può essere un sogno ma non lo sapremo mai.

Sui personaggi i soliti cliché all’americana: scienziata dall’accento britannico (Noomi Rapace ha fatto un corso in british english per questo film; gli americani pensano che i ricercatori parlino tutti come Elisabetta II e non bisogna deluderli); scienziato punkabestia; nero che parla ghettostyle e che fa la solita morte inutile del nero; cinese in quota orientale inutile (a quando la quota indiana?); manager della compagnia senza scrupoli e che pensa solo al denaro ecc.

Fassbender che impersona l’androide David (la parte dell’androide è sempre quella centrale nei film di Alien) è l’unico attore per cui valga la pena soffermarsi. Veramente un ottimo personaggio, che potrebbe arricchire di sottotrame un intero nuovo universo di film. Di fatti il film potrebbe incentrarsi intorno all’androide David e il film potrebbe funzionare.

L’ottima Charlize Theron, che impersona una glaciale donna della compagnia commerciale, sprecata come fosse un personaggio secondario. Il film è come se fosse stato scritto da due persone e i personaggi vengono portati in risalto o buttati in un angolo a casaccio. Non riusciamo a seguire le loro storie tanto il film è spezzettato in siparietti senza collegamento tra loro. Certe scene incominciano dal nulla e finiscono nel nulla senza connessione. Sembra più un pacchetto di short stories fantascientifiche. Com’è possibile che un produttore o un regista del calibro di Scott possano arrivare a tali livelli di infantilità mi raggela. E’ shockante pensare che un mostro sacro come Scott possa raggiungere livelli di mediocrità tali.

Attenzione quindi, non fatevi stupire dagli effetti speciali e dai grandi nomi di Prometheus. Si tratta della trama -e degli errori!- di un film di serie B nel costume di un supermilionario blockbuster. Una vergogna che tra l’altro lascia i soliti dubbi irrisolti perché è già pronto un sequel.

Amen

p.s.

felice di non essere l’unico a pensarla così. Qui, qui e qui. Pare che questo film, come accadde con Avatar anni fa, piacerà solo a chi non è appassionato di fantascienza e non ha visto i film di Alien.

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Complottismi voluniosi

In questa patetica lettera a Repubblica Massimo Marchiori scrive le ragioni per cui ha lasciato Volunia. In realtà il 99% della lunga lettera sono giustificazioni scaricabarile per dire che per  tutti, ma proprio tutti gli errori del progetto lui non aveva alcuna responsabilità. Per mesi acclamato come il Bill Gates italiano, il padovano ultratech che aveva rivoluzionato il mondo del web, Volunia la sua creatura Made in Italy, elogi e critiche ecc., e ora scopriamo con questa lettera che lui non aveva a che fare con alcunché in Volunia. Lui riceveva solo ordini dall’alto. E’ stato sempre colpa di qualcun altro, l’innominabile Mr X, perché lui si opponeva a tutto fin dall’inizio ma poi doveva dire di sì a malincuore. Il cattivone Mr X lo costringeva a fare tutte quelle scelte orribili e impopolari che di fatto hanno affossato il suo meraviglioso progetto che ha ancora in mente ma che per complotti più grandi di lui non potrà mai essere realizzato.

Ahimé, io in questa lettera ci leggo solo un comportamento orribilmente italiano di non prendersi le responsabilità per i propri fallimenti. Mi dispiace ma se questo fantomatico amministratore era così tirannico Marchiori, a cui l’esperienza non manca, avrebbe dovuto dire di no. E invece, nella tradizione più disgustosa italiana, dalla università alla politica, dalla famiglia alla religione, ha abbassato il capo e ha ubbidito. Le potenzialità di un progetto poi non si giudicano dalle intenzioni (è fin dall’inizio del progetto che Marchiori dice che ha in mente qualcosa di eccezionale ma che non ci può dire) ma dai risultati. E dev’essere che chi ha finanziato Volunia di risultati -in denaro e in sponsor- ne ha visti pochi. Quindi è giustissimo che la testa di un manager del genere debba essere tagliata. Si fa così in un paese sano.

p.s.

oggi Marchiori mi sta ancora più antipatico non solo per i motivi che ho riportato qui mesi fa ma anche perché ho trovato questa foto (in alto all’inizio del post) dove rappresenta l’evoluzione dell’uomo in stile creazionista. Imperdonabile.

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Su due trasmissioni di successo britanniche

Inside the medieval mind è una serie della TV britannica che si concentra sul medioevo, non tanto dal punto di vista storico ma dal punto di vista psicologico. In ogni puntata viene descritto un comportamento medioevale da analizzare, oppure l’amore, la guerra ecc. L’ultima che ho visto mi ha molto colpito perché parlava del culto delle reliquie. Il presentatore ci spiegava che nel medioevo i santi dopo la morte venivano fatti a pezzi e quest’ultimi distribuiti, venduti, rubati in tutta Europa per il culto delle reliquie. Dita, capelli, sangue, teschi, mandibole, lembi di vestito qualsiasi cosa appartenuta al santo veniva venerata. Ne parlavano come se fosse la cosa più curiosa e aliena del mondo, come quando ci mettiamo a discettare dei sacrifici umani tra i Maya. Come se solo degli uomini semplici ed ignoranti del medioevo potessero credere che i superpoteri del santo potessero conservarsi nelle sue reliquie.

Che tristezza.

Mi sono reso conto che dal medioevo ad oggi in Italia non è cambiato assolutamente niente. La trasmissione l’avrebbero potuta chiamare Inside the italian mind e non avrebbero dovuto cambiare una singola scena o parola.

***

Meet the romans, invece presentata dalla reincarnazione di Maga Magò Mary Beard– la quintessenza dell’inglesità- ci porta a scoprire il mondo delle tombe e degli epitaffi romani. La cosa curiosa che mi ha fatto molto pensare – e che ho sempre saputo fin dal liceo ma non avevo ancora connesso con le pratiche odierne – è che i romani scrivevano nelle lapidi in prima persona, come se quelle parole le avesse scritte il morto subito dopo la morte, descrivendo la propria vita. Una sorta di sommario in forma di tweets sulla pietra per i posteri. Cose del tipo (inventato ora da me): “Proserpina: avevo le trecce bionde e spesso mi comportavo da discola ma alla fine ero una brava bambina. Non piangete ma brindate col vino alla vita. Il fuoco mi uccise, avevo 10 anni.”

E così via, con descrizioni anche minuziose delle vite dei defunti. E’ grazie a queste lapidi che sappiamo tantissimo anche delle persone comuni della Roma antica, dei loro mestieri e del modo in cui sono morti. Questo è in netto contrasto con le lapidi moderne in cui:

1) le iscrizioni sono in terza persona.

2) non riguardano la vita del morto ma ciò che gli aspetta in futuro.

3) santi e divinità vengono menzionati per intercedere con la salvezza dell’anima mentre nelle lapidi romane non vi è quasi mai traccia di menzioni di divinità.

4) non viene quasi mai menzionata la causa della morte. Nelle lapidi romane invece fa parte del canone.

Da tutto ciò la Maga Magò della trasmissione del futuro Meet the 2012 humans potrebbe pensare che:

1) la ricerca sulle lapidi dei cimiteri di quegli anni è inutile perché non ci dice niente della vita o della morte dei defunti.

2) gli umani del 2012 vivevano continuamente pensando alla difficoltà di raggiungere l’aldilà e l’unico modo per ottenere quel traguardo era attaccare una figurina di plastica con l’effige di un santo. Un po’ come i greci che mettevano una moneta in bocca al morto per pagare il passaggio sull’Acheronte. Ognuno ha i suoi metodi, un tempo si usavano le monete d’oro, oggi le figurine.

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Da Porto a Ljubliana passando per Trieste

Nelle ultime settimane sono stato un po’ assente causa viaggi per lavoro. Avrei voluto fare un post dedicato ad ogni città che ho visitato ma è troppo impegnativo così vi lascio ad una lista delle tante impressioni che ho avuto.

Porto.

Se dovessimo utilizzare la stessa terminologia fantascientifica per identificare le tecnologie fuori dal loro tempo come steampunk e dieselpunk conierei un termine per Porto tutto suo: qualcosa del tipo vintagepunk (anche se esiste un genere musical con questo stesso nome). Se volete vedere una città bellissima che sa conciliare benissimo i mezzi di trasporto dell’inizio dello scorso secolo (vecchi tram, bidonvie, treni che vanno lenti sopra ponti dalle arcate metalliche ormai in disuso, calessi ecc.) con quelle mattonelle azzurre tipiche portoghesi delle case, lo stile liberty dei balconi, il barocco dei palazzi storici. Insomma ci siamo capiti. Bella. Ci rivado appena posso.

Braga.

Braga mi ha datto l’impressione di trovarmi di nuovo di fronte ad un paradosso temporale e geografico. Barocco, moderno, colline toscane, montagne alpine. E quel senso di saudade, cioè quel mix di nostalgia per qualcosa di perso e di speranze per un futuro incerto, che mi è sembrato di cogliere anche a Lisbona e Aveiro. Saudadepunk?

Verona.

Sempre bella, con quell’Adige così azzurro che la racchiude come un gioiello. Questa volta ho visto poco ma mi riprometto di ritornare.

Trentino.

Sono stato per alcuni giorni tra le montagne di Rovereto e San Michele all’Adige e nella Val di Non. Che dire? I meli in fiore sulle colline con le arnie affianco in piena attività, i monti innevati sullo sfondo e tanto verde. Aggiungeteci che ho dormito in un vecchio castelletto del 400 trasformato in hotel e mangiato da dio. Che devo dire di più? Una delle regioni più belle d’Europa.

Trieste.

Ah Trieste! Porta tra tre mondi, porto tra tre mondi. Poco conosciuta, quasi dimenticata negli itinerari turistici eppure essenziale. Trieste non è una città da cartolina e non ti porterai a casa nessun souvenir di plastica o magnete da frigo. Trieste te la porti dietro nei ricordi del suo golfo, dell’Istria all’orizzonte, del mare calmo sulle rocce bianche, delle salite ripide tra gli alberi della montagna. E quella melanconia tipica triestina, quel loro vivere in un limbo per secoli, la paura dell’identità (o l’orgoglio di una identità incerta?). Ecco! Ritrovo la saudade portoghese qui nella terra dell’irridentismo!

Ljubliana.

Per un attimo nel centro storico attraversando il ponte tra i salici piangenti ho pensato: Venezia che incontra Praga nei Balcani in pochi metri quadrati. Poi giri l’angolo e sembra… non trovo corrispettivi. C’è qualcosa di germanico o a volte scandinavo nelle strade e nelle case. O forse sono i balcani che io non conosco. Per me la prima volta in Slovenia, e spero non l’ultima. Una regione bellissima, un Trentino collinare (?), una Svizzera balcana (?). Non lo so, ma ho scoperto un paese moderno, accogliente, più aperto e pulito del suo vicino ad Ovest. E di nuovo, negli sguardi degli sloveni mi tornava alla mente quella parola, saudade. Incredibilmente mentre cercavo su Wikipedia informazioni sulla parola saudade scopro che lo sloveno è una delle poche lingue che ha vari corrispettivi per la parola saudade: hrepeneti, koprneti, pogrešati. E non può essere così visto il bivio tra il mondo postsovietico e quello neoeuropeista. Ricordi del passato, speranza per il futuro, addii e nuove conoscenze.

Possibile che la trovi dappertutto questa parola? Possibile che in tutte le città in cui sono stato recentemente abbia “visto” questa parola? O forse sono io, il viaggiatore, ad averla dentro di me e la proietto su tutto ciò che vedo? La mia vita è una saudade perpetua, ricordi (spesso falsati) del passato, speranze per il futuro (falsato). Addii e nuove conoscenze. Il futuro incerto diventa una nostalgia al contrario. Esisto solo nei miei viaggi, per il resto respiro saudade ogni giorno.

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