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Cargo (2009) – recensione (e proposta per il nome di un nuovo genere)

Cargo è un film di fantascienza di produzione svizzera in lingua tedesca del 2009. Questo sci-fi thriller in salsa elvetica è sicuramente una delle novità più interessanti del cinema indipendente degli ultimi anni. Per prima cosa è sorprendente che un piccolo paese, con così poca esperienza cinematografica (soprattutto fantascientifica), abbia potuto produrre un film di così alta qualità. Significa che le buone idee sommate al talento possono ancora creare opere da fare invidia ai film hollywoodiani dai budget milionari. Secondo, ci troviamo di fronte ad un ottimo film, una buona sceneggiatura e regia e con degli attori talentuosi. Cargo però ha un difetto più generale: è forse troppo di nicchia, raggiunge solo il target degli appassionati e difficilmente potrebbe appassionare un pubblico di cinema generico. Ma questo è il prezzo che spesso bisogna pagare per avere un film di qualità.

Incomincio coi difetti. Cargo è lento, ha suspense che cresce esponenzialmente ma senza eccitare troppo gli animi. Ha delle buone scene thriller (nel senso originale del termine to thrill, che fa venire i brividi) ma in certe parti cala di tono. Il finale non convince abbastanza e la scelta di uno dei protagonisti è veramente incomprensibile.

I pregi però, a mio parere, surclassano i difetti. Cargo ha una grafica veramente eccezionale. La città-stazione orbitante sulla Terra rimarrà nella storia del cinema di fantascienza, con i palazzi che crescono nella superficie interna  dei suoi anelli rotanti. Gli interni della nave sono costruiti artigianalmente con poca o nulla CGI, come ai vecchi tempi di Alien. Ricordiamoci che questo è un film di hard sci-fi (per i non addetti trattasi di fantascienza caratterizzata da una enfasi sui dettagli scientifici e tecnici che danno un taglio di accuratezza e realismo). Nello spazio non ci sono suoni; le comunicazioni arrivano dopo anni tra una stazione spaziale e l’altra; le navi impiegano anni e anni per raggiungere le destinazioni.

La storia in breve (ma senza spoilerare) racconta di una Terra inospitale e di una umanità derelitta che cerca di scappare verso un nuovo pianeta appena terraformato, ovvero Rhea. Nel frattempo una organizzazione terroristica sta seminando il panico nelle stazioni orbitali con azioni di sabotaggio. La storia si focalizza su Laura Portmann, un medico di bordo che vuole guadagnare abbastanza soldi per andare su Rhea per ricongiungersi con la sorella. Si imbarca in un cargo merci, la Kassandra, che ha come destinazione la stazione 42. Ma, mentre è il suo turno di “stare sveglia” mentre tutti gli altri sono in criostasi, qualcosa succede nel cargo. Misteriosi suoni, omicidi inspiegabili e soprattutto il misterioso carico di merci che la Kassandra sta portando alla stazione. Non si può dire altro purtroppo perché si rovinerebbe il film.

La pellicola merita un 7 a causa di un giusto bilanciamento tra pro e contro. Ma l’importante è averci provato, l’importante è mostrare che l’Europa può fare molto anche senza budget milionari o attori superfamosi.

E’ ormai da qualche tempo che il cinema di fantascienza non hollywoodiano sta producendo pellicole di ottimo livello. Il britannico Moon (2009) ci ha spiazzato per la genialità del suo script e l’interpretazione di Sam Rockwell.

L’horror-sci-fi tedesco Pandorum fu una piacevole sorpresa l’anno scorso e questo nuovo Cargo supera l’esame per la buona tecnica, le idee e gli attori. Quello che impressiona è la straordinaria vicinanza di temi, tecnica e trama di questi tre film europei: thriller o horror, claustrofobici, hard sci-fi, esistenzialisti, nichilisti, lontani anni luce dalla (in)sensibilità hollywoodiana.

Questi tre film hanno così tante caratteristiche in comune da farmi azzardare la nascita di un nuovo filone che chiamerei new european hard sci-fi thriller. Ehi critici internazionali, ho coniato un nuovo filone di fantascienza cinematografica! Ricordatevelo quando scriverete sul Meneghetti! 😀


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