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Alcune considerazioni sulla legge sul rientro dei cervelli

La legge 30 dicembre 2010, n. 238 “Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia”, definita stupidamente come legge Rientro dei Cervelli (come se quelli all’estero fossero tutti dei geni che aspettano di prendere il Nobel; ci sono anche i deficienti qui ve lo assicuro), di qualche anno fa è stata accolta come la panacea che potesse calmierare o addirittura invertire il flusso migratorio verso l’estero di ricercatori e professionisti di alto livello. Si parla di 27000 persone all’anno ma i numeri sono sottostimati perché si basano sull’iscrizione all’AIRE. Una iscrizione che è sì obbligatoria ma che pochissimi fanno. Tra gli emigrati che conoscono io veramente pochi sono iscritti all’AIRE. Molti non sanno neppure cosa sia.

I risultati fino ad ora sono stati risibili anche perché, appunto, il fisco non aveva provveduto ad attrezzarsi a dovere. Ecco il perché della circolare dell’Agenzia delle Entrate di questi giorni. Tantissime persone quindi sono rimaste fregate. Personalmente delle centinaia di italiani all’estero che conosco, non so di nessuno che sia tornato in Italia grazie a questa legge. Infatti se chiedete a chiunque all’estero perché non vogliono tornare in Italia la risposta sarà sempre la stessa: il sistema. Puoi anche darmi pasti gratis e un auto blu ma se mi devo fare il fegato grosso come un melone con i soliti baronetti mafiosi, i colleghi gelosi pronti ad accoltellarti appena giri le spalle, la burocrazia fantozziana ecc. uno si fa due conti è rimane all’estero.

Ben vengano gli incentivi fiscali per dare un aiutino per chi torna ma sappiate bene che se uno torna in Italia e accede a questi sconti fiscali non lo fa per gli sconti fiscali in sé ma perché aveva già pianificato di tornare in Italia. Certo lo sconto fiscale aiuta psicologicamente e finanziarialmente visto che il costo di fare un trasloco internazionale (dopo anni e anni all’estero) non è indifferente. E’ come ricominciare un’altra vita, si diventa di nuovo emigrati. Ma mentre emigrare in UK o Germania è relativametne facile fiscalmente, logisticamente (per aprire un conto in banca ci si mette 5 minuti per dire) emigrare in Italia diventa un’impresa enorme.

Ed è preferibile lo sconto fiscale piuttosto che un incentivo in denaro, come si fa per incentivare altre cose come bonus bebé o bonus occupazione ecc., perché almeno non vengono utilizzati soldi pubblici e delle persone qualificate possono entrare nel mercato e contribuire alla ricerca o alle imprese del paese.

Ma rimane comunque sempre una discriminazione nei confronti di chi invece è rimasto in Italia, ingoiando bocconi amari per anni, spesso ricevendo salari da fame e vivendo ancora con i genitori. Cosa devono dire queste persone che sono rimaste? Lo Stato come al solito divide et impera, crea gruppi e li mette gli uni contro gli altri.

Detto questo, vi lascio con una proposta semiseria: visto che il problema non è risolvibile semplicemente riportando italiani con alta specializzazione ed educazione in Italia perché tanto dovranno sottostare alle regole marce del sistema Italia io consiglierei di dare incentivi fiscali per far andare all’estero a chi si trova in amministrazioni pubbliche, ai livelli alti di università, politica e burocrazia.

Insomma, per dirla utilizzando un linguaggio più tecnico ed evitando le demagogie, invece di far rientrare i cervelli perché non mandiamo via a calci in culo i coglioni?

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