Il tempo è così tiranno che ho deciso di subaffittare un post ad un altro, ovvero oggi vi recensisco un po’ di Chappie e un po’ di Mad Max.
CHAPPIE
Chappie, o per chi vive in Italia Humanandroid, è l’ultima opera di Blomkamp, il regista dell’acclamatissimo District 9 del 2009 e del non tanto riuscito Elisium del 2013. Prima di cominciare però, la solita nota sull’eccezione Italia: il traduttore italiano ha deciso di ignorare il titolo originario per inventarsi un insipido “humandroid”. Motivo? Forse per paura che l’italiano medio non sarebbe stato in grado di capire la differenza tra Chappie e Chiappe. Unici al mondo a cambiarne il titolo e insieme a cinesi e giapponesi ultimi ad averlo visto nelle sale, un mese dopo tutto il resto del pianeta. In un’epoca di comunicazione globale istantanea a milioni di persone è stata negata la fruizione di un’opera e la discussione che ne è seguita.
Dopo un non esaltante Elisium, Neill Blomkamp torna in Sud Africa per riproporci un nuovo capitolo del suo mondo futuristico. E lo fa tornando a tematiche più vicine a District 9 che a Elisium. Elisium infatti lo considero un capitolo hollywoodiano, con i soliti cliché dell’eroe buono che salva il mondo dai cattivi. Ed ecco il motivo principale del suo fallimento: la forza di Blomkamp è quella di uscire fuori dagli schemi hollywoodiani. Gli eroi blomkampiani sono persone comuni che si trovano loro malgrado nei guai ma il cui unico obiettivo è la loro salvezza personale. Tornare alla famiglia, salvare i propri cari. Niente sete di giustizia, niente rivoluzioni per salvare il mondo. Solo uomini come noi, le cui decisioni non sono mai scritte in bianco e nero. Sia D9 che Chappie ci offrono personaggi i cui caratteri hanno una scala di grigi più ampia del solito eroe americano. E’ quindi con un sospiro di sollievo che ho accolto Chappie come il degno seguito di D9. Nelle settimane che sono seguite all’uscita di Chappie molti commentatori hanno nominato Corto Circuito, un film degli anni 80 che ha tematiche simili a Chappie. A mio parere questo accostamento è ingiusto perché è come se eliminasse tutto quello che c’è stato prima di Corto Circuito, ovvero quasi 70 anni di connubio tra fantascienza e robotica. Asimov sarebbe onorato di Chappie per dio! Blomkamp attinge a tutto quello che un classico nerd ha vissuto nella sua infanzia e adolescenza: romanzi di fantascienza, film, manga, anime, giochi di ruolo, videogiochi. Su una cosa però sono d’accordo con l’accostamento con Corto Circuito. C’è una sorta di “80’s vibe”, dalla linearità della storia agli effetti speciali, dalla brutalità splatter che mi ha ricordato il primo Robocop a un viso iconico anni 80 conosciuto come Sigourney Weaver. Insomma lontano milioni di anni luce da un Avengers, Age of Ultron. Da vedere assolutamente quindi, al posto di Avengers.
MAD MAX: FURY ROAD
Mad Max, o come l’ho ribattezzato io Mad Theron, è sicuramente il film dell’anno. E la Disney deve essere che aveva fiutato qualcosa nell’aria quando ha deciso di spostare Star Wars a Dicembre. Mad Theron, perché la vera eroina del film è Empress Furiosa, non il povero Mad Max, un semplice accessorio del film interpretato da un quasi muto Tom Hardy. Il film infatti avrebbe funzionato con o senza Max. Charlize Theron regge l’intera storia, la guida (letteralmente visto che guida per due ore un’ enorme autocisterna!) da capo a fine. Quindi cosa c’entra Mad Max in questa storia? Poco o niente, se non per l’ambientazione. Ma al contrario di quanto ci si possa aspettare il film non è un fallimentare tipico remake a cui ci siamo abituati recentemente. Mad Max regge di per sé pur essendo imparentato con il suo cugino degli anni 80. Una sorta di storia parallela che per puro caso condivide lo stesso titolo.
Ma Mad Max è imperdibile per un altro motivo: Mad Max è il trionfo dell’artigianato e della polvere, fango e sabbia rispetto alla CGI e tastiera e mouse. Quasi tutti gli effetti speciali non sono CGI ma effetti “veramente speciali” fatti da professionisti del mestiere, dagli stuntmen ai coreografi, dai costumisti ai meccanici. Mad Max è un “feast for the eye”, e in questo senso è tanto rivoluzionario quanto lo è stato un Matrix negli anni 90. Perchè iconico, perchè unico, perchè diverso da tutto quello che ci viene proposto oggigiorno. Imperdibile anche questo.