Archivi del mese: aprile 2019

“Ma non ti conviene”

Ho contatti con l’italiano medio molto di rado (e meno male) ma quando mi capita noto una frase che si ripete continuamente: ma non ti conviene. Per chi vive nella bolla Italia questa frase passa inosservata ma per chi come me vive da quasi 15 anni all’estero si nota tantissimo e in ogni contesto. Gli italiani sono cosi abituati a questa frase e a tutto ciò che ne consegue che non si rendono conto nemmeno di usarla. Dal traffico al supermercato, dal lavoro alle vacanze, qualsiasi conversazione include questa frase. Ed e’ una frase che disintegra, distrugge, oblitera l’intera loro esistenza. Secondo l’italiano medio non conviene fare nulla. La sentono fin da bambini e poi da ragazzini quando vorrebbero fare un lavoretto saltuario e i genitori gli dicono “non ti conviene”. La sentono in auto quando vorrebbero fare un giro panoramico per vedere un posto nuovo “ma non ti conviene”. La sentono quando vorresti cambiare un prodotto/servizio “ma non ti conviene”. Qualsiasi cambiamento, qualsiasi progresso, qualsiasi cosa che vada fuori dall’ordinario “non conviene”. In una società del genere un ragazzo non può che diventare come i propri genitori: un vecchio incapace di cambiare, di accettare il diverso, di progredire. In UK non ho mai sentito nessuno dire ad un altro “it’s not worth it”. Mai.

Fossi rimasto in Italia e avessi obbedito al mantra del “non ti conviene” non sarei dove sono ora. Ho fatto tutte le cose che gli altri avrebbero considerato “non convenienti”: studiare, investire su esperienza e nuove professioni, andare all’estero, in una parola migliorarsi. Quando un vecchio vi dirà che il lavoretto da pochi euro estivo non vi conviene o che fare un’esperienza all’estero non vi conviene o che fare un corso formativo o fare volontariato non vi convengono, lasciate perdere e ditegli: voglio migliorarmi, voglio avere esperienza, voglio vivere.

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Simulazioni abramitiche

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Prende sempre più piede la teoria secondo cui il nostro universo sia solo una simulazione creata da una civiltà avanzata, probabilmente nel futuro o addirittura aliena. tutto incomincia con Nick Bostrom che in un articolo “Are you living in a simulation?” ipotizza che le probabilità che il nostro universo sia simulato siano molto alte. Insomma un po’ come nel film Matrix i nostri cervelli sono collegati ad un computer e per noi e’ impossibile sapere se il nostro mondo sia vero o simulato. Ed e’ questo il punto forte o debole della teoria: poiché non e’ possibile dimostrarlo rimane solo un esperimento mentale. Anche se vivessimo dentro una simulazione non cambierebbe nulla, questo e’ il nostro mondo e questo rimane. Dobbiamo sottometterci alle leggi della fisica, siano queste “vere” (e a questo punto non so neppure cosa significhi vere) o simulate.

Il punto del post pero’ e’ un altro. Molti pensano che questa ipotesi sia una cosa nuova e che chi creda a quest’ipotesi sia un pazzo. In realtà la teoria della simulazione dell’universo e’ una teoria antica tanto quanto le religioni abramitiche. La vita che viviamo, per ebrei, cristiani e musulmani e’ solo un test creato da dio per testare la nostra fede. L’universo non ha alcun senso se non come laboratorio di sperimentazione per un dio scienziato che ci studia, mantiene tabelle con tutti i nostri comportamenti e che ci seleziona per una più grande simulazione, quella del dopovita. La seconda vita ha due simulazioni principali, paradiso e inferno, che sono solo temporanee.

Per i primi cristiani infatti la vita era una simulazione senza alcun valore anche perché sapevano che Cristo sarebbe ritornato di li’ a poco per far risorgere questa volta tutti con i loro corpi che avevano nella prima simulazione. Ogni giorno che passava non era altro che un conto alla rovescia in attesa del suo ritorno. Il martirio era cosi comune perché la vita per loro non aveva senso e morire da martiri significava assicurarsi un biglietto per direttissima al secondo livello della simulazione.

Per i cristiani secolarizzati di oggi queste cose possono sembrare incredibili ma questa era la mentalità dei primi cristiani. Ed e’ per questo che per i romani pagani dell’epoca il cristianesimo pareva una pazzia incredibile. Basta leggere i loro testi e cosa pensavano del cristianesimo e dei cristiani, considerati invasati e pazzi. I loro martirii, cercando la bella morte, oggi vengono visti come gesti eroici in difesa della fede ma in realtà erano semplici scorciatoie per passare al secondo livello. Oggi persone del genere verrebbero considerate pazze dagli stessi cristiani. Un comportamento simile anche con inclusa violenza nei confronti degli altri lo vediamo con i kamikaze islamici. L’atto del suicidio per difendere la fede e’ una scorciatoia per passare ad un altro livello d’esistenza. Questa vita terrena non ha alcun valore, ecco perché uccidere altri o perfino i propri familiari o se stessi e’ perfettamente normale e moralmente accettabile. D’altronde la vita e’ una simulazione. Siamo tutti fatti di bit in un computer. Il nostro programmatore ci darà extrapunti e ci farà andare in un altro livello dove saremo felici perché li ci sarà un altro programma di simulazione dove non ci sarà la simulazione della sofferenza.

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