Archivi del mese: agosto 2012

Non è un paese per lamentoni

Ci sono diversi modi per determinare la storia di uno scheletro. Le ossa possono darci molte informazioni riguardo alle condizioni di vita di chi possedeva quello scheletro, compresi lunghi periodi di malnutrizione, stress, malattia ecc. Spesso gli paleoantropologi e gli archeologi deducono proprio dagli scheletri se le civiltà del passato hanno subito carestie, epidemie e guerre.

Ecco, quando gli archeologi del futuro dissottereranno il mio di scheletro, come quello degli altri 60 milioni di britannici, troveranno che nel 2012 qualcosa è andato storto nelle isole britanniche. Cataclisma? Epidemia? Carestia? Guerra? No, niente di tutto questo. Quello che abbiamo passato quest’anno qui sono stati mesi e mesi di pioggia ininterrotta con acquazzoni “continentali” torrenziali a Giugno, Luglio e Agosto. Negli ultimi tre mesi abbiamo visto il sole solo per sì e no 10 giorni non consecutivi (!). A memoria d’uomo nessuno si ricorda di un’estate del genere. Ora rendetevi conto che cosa può fare al vostro umore e al vostro organismo una situazione del genere. Serotonina bassissima, con conseguente depressione stagionale, aumenti dei suicidi, aggressività, organismi (comprese le piante che quest’anno hanno fiorito solo per qualche giorno) che non hanno visto alcun passaggio primaverile o estivo dall’inverno all’autunno successivo.

Un disastro a leggere i nostri cheletri del futuro. Ma non per i britannici che semplicemente continuano a vivere senza che niente fosse. Qualche battutina come al solito riguardo al tempo e alla pioggia, qualche risatina e di nuovo al pub come sempre. I britannici devono essere l’unica popolazione del pianeta a non soffrire di problemi fisiologici e psicologici collegati al brutto tempo. Generazioni e generazioni di selezione naturale li hanno resi immuni al cambio stagionale e perfino alla mancanza dei cicli stagionali. Se in futuro dovessimo colonizzare Venere i britannici sarebbero gli unici a sopravvivere in quel pianeta dove la pioggia (di metano liquido) è ininterrotta da centinaia di migliaia di anni.

E questo atteggiamento nei confronti del tempo inglese, questo fare spallucce e poi via con un sorriso ritornare a lavorare, è sicuramente un atteggiamento difensivo innato che li salvaguarda dalla pazzia. Perché si può diventare pazzi con questo tempo, non c’è dubbio, ma loro hanno sviluppato questo umorismo che a mio parere si è trasferito anche verso altri argomenti. Ecco, lo dico, sono profondamente convinto che l’umorismo inglese nasce a causa del brutto tempo. Senza la pioggia i britannici avrebbero l’umorismo di un tedesco.

Va da sé che questo non è un paese per gente che si lamenta come, per nominare un popolo a caso “gli italiani”. La lamentela quotidiana per gli italiani passa dalla politica alla cultura, dal brutto tempo al cibo ecc. Solo pochi italiani riescono a sopravvivere a questo clima e sono generalmente quelli che si lamentano di meno.

Io? Mi lamentavo in passato ovviamente poi negli ultimi anni ho raggiunto un equilibrio. Dopo quest’estate però non so quanto riuscirò a resistere.

7 commenti

Archiviato in spunti di lettura e scrittura, tristezze

Film storici del futuro

Ogni volta che vedo un film storico degli anni 50-60, come tutti del resto, mi metto a pensare a quanto improponibili sarebbero oggi con tutti quei fondali in polistirolo, le dive e i divi così anni 50 nonostante cerchino di rappresentare la Roma del primo secolo, le battaglie fintissime ecc. Ci sentiamo tanto superiori noi del presente quando guardiamo questi film ama cosa penseranno i nostri figli o nipoti dei film storici della nostra era fra 50 anni?

Kung fu in qualsiasi era rappresentata e in qualsiasi continente, attori afroamericani a qualsiasi latitudine e civiltà, pettinature odierne anche per la Roma del primo secolo ecc. Non c’è niente da fare: non esiste un film storico che possa rappresentare fedelmente un’epoca passata senza dover rappresentare anche l’epoca in cui è stato girato.

4 commenti

Archiviato in spunti di lettura e scrittura

Alcuni pensieri sparsi su un viaggio negli USA

La settimana scorsa ho avuto la possibilità di viaggiare negli Stati Uniti, in regioni e cittadine fuori dal solito tour turistico. Pennsylvania, New Jersey e New York State in auto per ore e ore tra foreste, laghi, enormi campi coltivati, fattorie e villaggi sperduti nel nulla, perfino passato vicino ad un villaggio Amish. Mangiato ai diner al lato della strada dove solo i veri camionisti si avventurano. 😉

Quella che ho visto insomma, nelle stesse parole dell’americana che ho incontrato per lavoro, è la vera America. Ogni posto in cui io e il mio collega andavamo venivamo adocchiati come forestieri ma, fortunatamente, in maniera positiva. “Cosa vi ha portato qui?”, “Andate qui, andate là. vi consiglio questo posto e quest’altro.” Sembravamo i primi turisti ad avventurarci in quelle lande! In particolare io venivo continuamente scambiato per un inglese a causa del mio accento (!) e per le parole “straniere” che usavo per indicare gli oggetti: toilet al posto di bathroom, boot al posto di trunk, lorry al posto di truck, petrol station al posto di gas station ecc. Ho dovuto perfino fare da traduttore tra il mio collega inglese e alcuni americani che non capivano quello che diceva. Cercavo di semplificare per il pubblico americano…

Dicevo quindi che mi son trovato a contatto con l’America vera (in realtà ci sono varie Americhe e io ho visto solo quella di quella regione) e questi sono i miei pensieri sparsi:

1) il gigantismo, e con questo intendo la tendenza a costruire e fare tutto in grande, è impressionante. Le automobili, i tir, le strade, le case, le porzioni di cibo e bevande, tutto è assolutamente gigantesco secondo gli standard del resto del mondo. Questa scelta di fare tutto grande mi è incomprensibile. Loro dicono che “we do it because we can”, ma questa non mi pare una spiegazione razionale. Anche nel resto del mondo, a parte rare eccezioni, si può scegliere di fare tutto un po’ più grande ma… ce n’è bisogno? Davvero devo comprarmi un pickup alto due metri con 6 ruote che consuma tre volte un’auto normale per fare cento metri, giusto perché me lo posso permettere? E perché non usare quei soldi per qualcos’altro? Evidentemente è una scelta dettata da un’idea, piantata nella mente dell’americano medio per cui “grande è buono, piccolo è cattivo”. Una ideologia che abbraccia tutto, dall’auto al cibo, dalla casa allo sport ecc. Il cibo è così abbondante e economico che ha perso qualsiasi valore e viene buttato come se niente fosse. Perché devo ordinare una bistecca così grande se non sono capaca di finirla? Ma perché costa solo 99 cent in più!

2) tutto è definito dalla TV. Stereotipo? Può darsi ma il numero di TV sparse per luoghi pubblici, bar, ristoranti, hotel, negozi ecc. è impressionante. In certi diners c’erano 20 TV su diversi canali e tutte proiettavano L’AMERICA. Baseball, basket, football americano, musica americana, pubblicità ecc. In questi posti sperduti la gente utilizza i riferimenti televisivi e cinematografici per definire la geografia. In più occasioni alla domanda “da dove vieni?” mi è capitato di sentirmi rispondere: vengo da Scranton dove girano The office oppure Binghamton dove è nato il regista di Twilight Zone, Ithaca dove hanno fatto un episodio di X Files ecc.

3) il territorio è punteggiato di attività umane ma l’aggregazione è sparsa. Qui un villaggio, a tre miglia lo Starbucks, a 5 miglia il diner, a 10 miglia il meccanico. Tutto funziona con l’auto e non si può vivere in questi posti senza un’automobile! Perfino per distanze di poche centinaia di metri la gente prende la macchina.

Quando “noi inglesi” abbiamo proposto di raggiungere il ristorante a piedi, 7 minuti secondo Google Maps, ci hanno guardato come dei pazzi e tutti si sono premurati di chiederci come stavamo dopo la passeggiata e se volevamo un passaggio per il ritorno.

Ho trovato shockante il fatto che tutte le attività commerciali hanno il “drive thru”, perfino il bancomat e lo Starbucks. Dal parcheggio fino al Down Town si tratta di 2 minuti a piedi, meno di cento metri, ma c’era un servizio di shuttle con auto elettrica da golf per portare le persone in centro! Non c’è alcun dubbio che questo sia il paese con più obesi al mondo se queste sono le condizioni di vita.

In conclusione con il mio collega inglese siamo tornati da quest’avventura un po’ shockati, consci del fatto di aver visto una cultura che per noi europei è aliena quanto o forse più di qualsiasi altra come quelle orientali o mediorientali. Un’ultima domanda ci frullava per la testa: ma come si deve sentire un americano quando va in Europa? Come Gulliver a Lilliput?

19 commenti

Archiviato in Uncategorized

Un fiume verso Marte

Domani qualcosa di straordinario accadrà nell’Universo -straordinario dal nostro piccolo umano punto di vista e perché no, visto che la vita intelligente è così rara straordinario anche agli “occhi” della materia inerte. Un fiume, nato miliardi di anni fa tra le bollenti pozze di un primigenio pianeta si è fatto strada nel tempo e nello spazio e ora starà per sfociare nei deserti di un altro pianeta, Marte. Questo fiume ha trasportato in miliardi di anni geni, carne e negli ultimi pochi milioni di anni coscienze. Coscienze che hanno continuato a far andare avanti questo fiume aggiungendo tanta ingegnosità. Così tanta che adesso, lontano poche centinaia di chilometri dalla superficie di Marte un piccolo concentrato di quell’ingegno atterrerà sul pianeta rosso. Curiosity è sicuramente ciò che l’umanità ha da meglio da offrire in termini di tecnologia e conoscenza. E tutto questo è stato possibile grazie a generazioni di uomini (e prima ancora altri animali) che hanno accumulato questa conoscenza. Curiosity esiste perché quel fiume non si è mai interrotto e chiunque, dal batterio che sopravvive a temperatura altissime sul fondo dell’oceano al ragazzo dietro alla tastiera che sta scrivendo questo post, può sentirsi rappresentato. Curiosity è l’ambasciatore non solo dell’umanità ma della Terra stessa. Queste piccole sonde, dalla Voyager alle Viking da Opportunity a Curiosity, rappresentano il culmine della vita sulla Terra ed è un peccato che abbiano così poca visibilità. Complici le Olimpiadi davvero pochi domani si accorgeranno che una sonda fenderà l’atmosfera di Marte rallentando con il più grande paracadute supersonico mai costruito, accenderà dei razzi per rallentare e poi quando a pochi metri dalla superficie azionerà una gru per far atterrare il rover laboratorio più sofisticato della storia. Se funziona- perché non è detto che funzioni- sarà l’atterraggio più spettacolare che si sia mai visto.

3 commenti

Archiviato in Uncategorized

Comprare una casa in UK? Ma quale tipo?

Il mercato della casa in UK e’ sicuramente il piu’ complicato e bizzarro al mondo. Unisce l’amore per il business tutto britannico al particolarismo da azzeccagarbugli della legislazione inglese.

Per prima cosa in UK esistono due categorie: i landlords e i tenants. Ovvero i proprietari e gli affittuari. Sembra una cosa banale anche per il resto del mondo ma qui essere un landlord equivale ad aver vinto una gara personale contro il resto della societa’. In una societa’ profondamente e rigidamente divisa in classi sociali come quella britannica “climbing the housing ladder” e’ uno sport nazionale. E per fare questo bisogna comprare, rivendere, comprare, rivendere fino a che non si raggiunge l’ultimo livello della scala concesso all’interno di quella classe sociale (difficile saltare da una classe all’altra).

Le cose incominciano a complicarsi fin dall’inizio: freehold, leasehold o share of freehold? Freehold significa che si e’ proprietari dell’immobile per sempre. Leasehold significa che si e’ proprietari dell’immobile per un certo periodo, 30, 90 o addirittura 999 anni e poi la proprieta’ torna ai proprietari, se sono ancora vivi, o agli eredi. Share of freehold significa che si detiene una percentuale del freehold ma non dell’intero immobile. Ma spesso si e’ proprietari di un freehold ma bisogna pagare un affitto al landlord del terreno. Si puo’ avere una casa di proprieta’ ma dentro il terreno di un’altra persona. Questo e’ quello che succede con i villaggi costruiti da compagnie edilizie come Linden, Charles and Church.

Confusi? Aspettate di leggere il resto. Per gli italiani ci sono solo casa e appartamento. In UK ci sono decine di denominazioni diverse. Per i britannici LA casa per chiamarsi house deve necessariamente essere costruita su due livelli, altrimenti prende altri nomi. Per esempio una casa senza scale indipendente si chiama bungalow. Ed e’ riservata alle persone anziane proprio perche’ e’ su un livello. Se invece e’ indipendente e divisa su piu’ livelli ma in un certo qual modo e’ attaccata ad un’altra struttura si chiama maisonette. Bungalow e maisonette non sono houses quindi. La vera house puo’ avere differenti denominazioni e puo’ essere:

1) terraced ovvero a schiera e storicamente e’ riservata alla working class.

2) detached quando e’ isolata, quindi non a schiera. Ottimo per i medio borghesi.

3) semidetached quando e’ meta’ di una detached house. Ottimo per i piccolo borghesi.

4) cottage, una detached in ambiente rurale, ottima per i medio borghesi di classe.

5) manor house, in italiano il maniero, e’ una residenza nobile molto comune tra l’alta borghesia, primo livello della classe piu’ alta prima dei nobili.

6) castle, anche questo comune tra i ricchi e i nobili.

In mezzo poi ci sono altre denominazioni come loft, villa, deckhouse, coachhouse (casa sopra un parcheggio coperto!) ecc. ecc.

Ma non basta perche’ prima di arrivare al gradino piu’ basso della scala sociale, ovvero la terraced house, bisogna vivere in affitto in qualche appartamento. Con gli appartamenti sara’ piu’ facile giusto? E invece no!

1) flat e’ un appartamento incluso all’interno di una casa. Se vi ricordate la casa inglese deve avere almeno un secondo livello? Ecco, se il proprietario prende quella casa e divide ogni livello in un appartamento indipendente quelli sono flat. E i flat sono in leasehold (quasi tutti anche se esistono freehold flat ma sono convertiti in miniaparment).

2) apartment e’ un appartamento indipendente in leasehold (non esistono o sono rari gli appartamenti in freehold) in cui bisogna pagare pure le spese condominiali.

3) studio flat invece e’ un monolocale in genere adibito a single ricchi. Si chiama studio flat ma puo’ essere apartment ma in UK non si dice apartment anche se lo e’. Perche’ i britannici vogliono differenziarsi dagli americani che usano studio apartment.

Ora capite perche’ il mercato britannico della casa e’ cosi’ dinamico e attivo? Semplice: tutti vogliono salire la housing ladder. Per i first time buyers (ovvero quelli che comprano per la prima volta) la media per comprare la seconda e’ tra 4 e 6 anni. Dopo questo un britannico si muove di casa in casa ogni 8 anni in media. Anche quando ha superato i 70 o 80 anni, non importa. Per un britannico la casa e’ un investimento ed un mezzo per salire dentro la classe sociale. Non hanno alcun attaccamento alla casa, vedono solo dei soldi che si possono spostare da una parte all’altra. Ecco perche’ le cose piu’ importanti da guardare quando si compra una casa in UK sono: la vicinanza ad una stazione dei treni, vicinanza ad una scuola possibilmente privata, e vicinanza ai ristoranti e i takeaway. Il treno perche’ sono un popolo di pendolari e se vogliono affittare e’ perfetto; scuola privata perche’ sempre per il discorso di prima solo chi e’ ricco va in una scuola privata, di conseguenza la casa ha un valore piu’ alto; takeaway e ristoranti perche’ amano mangiare fuori e non hanno alcuna voglia di cucinare (certe case non hanno neppure il tavolo per mangiare, giuro, si mangia nei divani di fronte alla TV).

12 commenti

Archiviato in Uncategorized

Confusioni olimpiche e nazionalismo noioso

I britannici quando si tratta di identita’, nomi da dare a nazioni, isole e quant’altro sono sicuramente i piu’ confusionari al mondo. Tanto che neppure loro sanno che cosa stanno dicendo o facendo (ed e’ forse grazie a questo che hanno soggiogato mezzo mondo; pensate le popolazioni colonizzate cosa potevano capire del loro sistema feudale; e’ questo il segreto del loro successo, la confusione?). Allora ricapitolando: il Regno Unito e’ l’unione di Inghilterra, Scozia, Galles e Nord Irland piu’ le varie colonie sparse per il mondo. I quattro paesi qui sopra vengono considerate nazioni. Ma spesso il Regno Unito o UK viene definito Britain e i suoi abitanti (tutti, inglesi, scozzesi, gallesi e nordirlandesi) britannici per confondere gli stranieri e gli stessi britannici. La Gran Bretagna non e’ il Regno Unito. La Gran Bretagna si riferisce all’isola piu’ grande delle Isole Britanniche. Quindi esclude il Nord Irlanda e le altre colonie sparse per il mondo. L’unico sinonimo che si avvicina a Regno Unito e’ Great Britain and Northern Ireland, ma e’ troppo lungo e viene accorciato per convenienza. Per rendere le cose piu’ complicate le Channel Islands e l’Isola di Man invece appartengono alla Corona d’Inghilterra e non fanno parte dell’UK o dell’UE.

Ora in tutto questo il comitato olimpico britannico non aveva nient’altro da fare che aggiungere confusione a tutto questo. Non potendo chiamare Great Britain and Northern Ireland la squadra di atleti alle olimpiadi hanno deciso di accorciarlo con GB, o meglio Team GB. I poveri nordirlandesi sono incazzati ovviamente. Perche’ non usare UK che non avrebbe scontentato nessuno? Suonava meglio, questa e’ la scusa ufficiale degli ufficiali sportivi. Eccezionale!

La cosa incredibile e’ che siccome negli altri sport le nazioni che compongono il Regno vanno per conto loro alle Olimpiadi succede un casino per i giochi di squadra. Per esempio nel calcio: giocatori scozzesi, inglesi, gallesi e nordirlandesi si incontrano per la prima volta nel campo olimpico senza aver mai giocato prima. Ecco perche’ i britannici vanno meglio negli sport individuali.

A causa di questi problemi identitari i cronisti della BBC ci bombardano continuamente con un nazionalismo pedante e di plastica. E’ tutto cosi’ forzato, cosi’ sovietico e sembra che nessuno se ne renda conto. Perfino quando arrivano ultimi o fanno gare orribili gli atleti hanno fatto “extraordinary performances”, “terrific results”, “brilliant races”, “absolutely fantastic”.

Lo so, lo fanno anche molti cronisti italiani, ma almeno non usano sempre gli stessi termini decisi a tavolino dal direttore della BBC: extraordinary, terrific, brilliant, fantastic, absolutely fantastic. Le altre nazioni e gli altri atleti non esistono, fanno parte della tappezzeria.

9 commenti

Archiviato in Uncategorized