Archivi del mese: dicembre 2011

Il catastrofico 2012 che verrà del… Corriere

Dopo averci regalato articoli di intensa ispirazione “X-filiana” con una rubrica, Mistero Bufo, dedicata agli UFO nel 2011 (sempre in prima pagina ovviamente) il Corriere ci dà un’anteprima del suo 2012 con una sezione interamente dedicata agli astri (non astronomia, qui si parla di congiunzioni astrali e zodiaco) in collaborazione col grande settimanale scientifico Astra. Abbiamo anche un bel banner in prima pagina tra la testata e il primo articolo, mica a fondo pagina tra le cazzate e i cruciverba. Ma non è tutto perché quelli del Corriere ci vogliono comunque rassicurare per dirci che l’apocalisse del 2012 non avverrà con un articolo pubblicato in “cronache”. Ah, direte voi, si sono ravveduti e ci vogliono far capire che quelle sull’astrologia sono tutte cazzate. Macché, l’articolo ci spiega che l’apocalisse del 2012 non avverrà perché si tratta di una profezia che si basa sui numeri sbagliati e su interpretazioni sbagliate, mica perché è una boiata stratosferica new age: parola dell’avvocato sportivo Cantamessa, massimo luminare di astro…logia. Quelli del Corriere si sono pure scomodati ad intervistarlo perché loro non ci credevano alla profezia dei Maya sulla fine del mondo perché non ha “alcun fondamento scientifico” e sembra veramente una “patacca”. L’avvocato del Milan fa spallucce e fa sorrisi rassicuranti: tranquilli, l’apocalisse del 2012 non avverrà. Pfiu meno male che c’è Cantamessa!

Ma dopo “le tranquillizzanti parole di Cantamessa” giusto per rassicurarci ancor di più che non ci troviamo di fronte all’apocalisse il giornalista ci consiglia di leggere un libro sulle apparizioni mariane moderne che, lungi dall’essere delle suggestioni di massa miste a pareidolia diffusa tra pastorelli di 10 anni e/o schizofrenici, ci danno (queste sì!) delle indicazioni “per i tempi a venire. Un’indagine mariana contro le ipotesi nate dai Maya.” La Madonna sì, i Maya no. La Madonna vince a tavolino perché come puoi fidarti di questi messicani ante litteram tutti sicuramente narcotrafficanti e drogati e coi baffoni e il sombrero quando hai i profeti in casa tua nel nostro bel paese del sole mare calcio pasta tutti gli scaraffoni sono belli a mamma sua?

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Youtube ti fa vedere quello che ti piace (e basta)

Da qualche anno a questa parte social network, siti e compagnie pubblicitarie si sono alleate per accontentare le vostre passioni e solo quelle. Forse alcuni di voi non l’avranno notato ma se siete iscritti a Youtube (o a Gmail) quest’ultimo vi suggerisce cosa guardare basandosi sulle vostre visite precedenti o sui video che avete appena votato precedentemente. Significa che quando apro Youtube vedo solo documentari della BBC, video musicali di heavy metal e video sul libertarismo. Questo per farvi capire le mie preferenze. E Youtube mi suggerisce continuamente sempre e solo video simili o collegati in un modo o nell’altro alle mie passioni. E tutto questo è rafforzato dall’integrazione con le ricerche di Google che vengono comunicate a Youtube. Il guaio è che questo tipo di marketing non fa altro che rinforzare le mie passioni ma non mi permette di scoprire cose nuove. E così un fanatico di Justin Bieber vedrà solo i suoi video, un metallaro solo metal, un grillino solo video di Grillo ecc. In poche parole ci stiamo avviando ad un internet fatto di nicchie impermeabili tra loro dove lo scambio di culture o l’interazione tra culture si avvicina a zero. Questo è un trend che ho notato da alcuni anni anche sul mio blog; un tempo diverse culture si scontravano/incontravano nei blog, ora ci si specializza, si sta con quelli che la pensano allo stesso modo e in definitiva è diventata una noia mortale. Penso che questa tendenza sia estremamente negativa perché rafforza idee e passioni già presenti negli individui ma non gli permette di cambiarle. Ottimo per marketing e pubblicità ma pessimo dal punto di vista della crescita di una buona cultura diversificata soprattutto negli adolescenti. Una delle cose più straordinarie di internet è (era) che ti permette di scoprire mondi di difficile accesso nella vita reale. E non sarei quello che sono adesso se non avessi incontrato casualmente blog, siti, video o pagine di Wikipedia che mi hanno letteralmente cambiato il mio modo di pensare e di conseguenza la mia vita. Per fare un esempio nel mondo del reale quando andavo nella mia libreria di fiducia era una gioia poter scoprire un libro su uno scaffale sconosciuto che non apparteneva al mio genere di passioni principali. Significava aprire una porta verso un nuovo mondo. Ecco, Youtube e Google con questo nuovo tipo di marketing stanno uccidendo la possibilità di far scoprire queste porte su nuovi mondi.

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La forza del collettivismo

Un breve post natalizio che dedico a quei 30enni come me non ancora sposati o con figli, visto che molti di voi si ritroveranno intorno alle tavole imbandite per le feste insieme a decine di parenti.

Una delle cose più fastidiose delle mie brevi vacanze in Italia è quando le persone ti fanno le solite domande imbarazzanti tipo: “E tu quando te la trovi una ragazza?” oppure “E voi quando vi sposate?” o ancora “E voi quando avrete un bambino?” e se ne avete già uno vi chiedono “A quando il secondo?”. Tutto questo ovviamente di fronte ai genitori dell’uno o dell’altra giusto per rendere la cosa ancor più imbarazzante.

Le donne vecchie poi scrutano il corpo delle ragazze giovani in cerca di segni rivelatori e se non li trovano, forse per gelosia o cattiveria, le castigano di fronte alle loro madri. Ma la cosa non si limita ai vecchi visto che anche i giovani una volta sposati e con figli ti faranno con sorriso da veterano: “Adesso è il vostro turno eh!”  Magari anni prima venivano redarguiti dai vecchi e si sentivano frustrati allo stesso mio modo ora, ma il fatto stesso che hanno fatto quei “grandi passi” li rende immemori delle loro pene giovanili. Inutile poi far ritornare la memoria ai genitori quando anche loro venivano stressati dalla famiglia per le stesse cose e ora fanno lo stesso coi loro figli continuando la tradizione del “non farsi i cavoli propri” tutta italiana. Tra l’altro sono sicuro che molte coppie si sono lasciate proprio a causa di queste continue domande insistenti, a causa di questo fascismo soft del familismo italiano.

Nessuno si chiede se le persone a cui hai appena fatto quelle domande magari non vogliono sposarsi, oppure non possono o non vogliono avere figli*, o se ci sono problemi di relazione con i genitori della famiglia dell’altro partner. Nessuno si pone questi problemi, l’importante è farsi gli affari degli altri, costringere parenti, amici, vicini a fare quello che loro hanno già fatto e che è “normale” fare in una “società sana”. Perché alla fine è proprio questa la mentalità del collettivismo italiano, antropologico prima ancora che politico: le persone non hanno libertà di scelta e devono sottostare alla volontà collettiva che li vuole eterosessuali, sposati, con figli. La deviazione dalla norma è considerata scandalosa. E questo si ripercuote poi nella politica e sulla legislazione. Per fare una rivoluzione politica bisogna prima distruggere l’abitudine delle vecchie donne italiane di romperti il cazzo con queste domande imbarazzanti. E anche per i giovani: quando vi sposate o avete figli non andate in giro a imbarazzare quelli che non lo hanno (ancora) fatto. Il mondo vi ringrazierà.

*se vi viene voglia di fare la solita domanda “A quando un bambino?” ad una coppia fermatevi e contate fino a 5, poi chiedetevi: e se questa povera coppia non può avere figli? E se ci provano da anni e uno di loro è sterile? Perché devo infilare il dito nella loro piaga? Perché amplificare la loro sofferenza e magari contribuire all’implosione della coppia?

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Gli errori dell’archeologia del futuro

Quando entro nelle case di certi vecchi non possono non notare le centinaia di chincaglierie e cianfrusaglie che hanno accumulato nella loro vita. Bomboniere, statuine, oggetti kitsch ecc. Ogni volta che vedo queste cose inutili mi chiedo che cosa penseranno della nostra civiltà gli archeologi del futuro. E io già me li immagino con le loro solite teorie: questa statuina rappresenta la fertilità, quest’altra la virilità, questo oggetto ancora era magico ecc. Penso molto spesso al fatto che forse le antiche civiltà facevano esattamente come noi: le mogli accumulavano cianfrusaglie in casa perché le consideravano carine da mettere sul davanzale di casa o in cucina mentre i mariti cercavano di sbarazzarsene buttandole nei pozzi sacri (definiti sacri dagli archeologi moderni).

Stessa cosa per le decine di migliaia di mummie che stiamo producendo per i musei di antropologia del futuro: chissà quante teorie strampalate sui tatuaggi della pelle degli uomini del 21esimo secolo. “Sicuramente erano un rito di passaggio dalla pubertà all’età adulta, oppure una prova di forza per entrare nel clan dei guerrieri o altre stupidaggini simili. E i tattoo studio erano dei luoghi sacri dove il ragazzo celebrava il rito di passaggio lontano dal resto della società e della famiglia.”

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Reparti speciali felini

Giusto per dirvi che sono rimasto a ridere per cinque minuti consecutivi.

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E se non fosse come un orologio?

“Penso che la cosa più misericordiosa al mondo sia l’incapacità della mente umana di mettere in relazione i suoi molti contenuti. Viviamo su una placida isola d’ignoranza in mezzo a neri mari d’infinito e non era previsto che ce ne spingessimo troppo lontano. Le scienze, che fi­nora hanno proseguito ognuna per la sua strada, non ci hanno arreca­to troppo danno: ma la ricomposizione del quadro d’insieme ci aprirà, un giorno, visioni così terrificanti della realtà e del posto che noi occu­piamo in essa, che o impazziremo per la rivelazione o fuggiremo dalla luce mortale nella pace e nella sicurezza di una nuova età oscura.”

H. P. Lovecraft, Il richiamo di Cthulhu

Pare che l’Universo si stia espandendo soprattutto verso una sola direzione e non uniformemente come sempre pensato. E questo a mio parere potrebbe supportare ulteriormente la teoria dell’universo a bolle: come grappoli di palloni in espansione possiamo solo crescere in alcune direzioni. Molto interessante. E chissà se in questa cornice cosmologica ci siano i presupposti  per riproporre gli intermundia di epicurea memoria. Con tanto di dèi lovecraftiani.

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Un necrologio

Di lui rimarranno le centinaia di frasi taglienti e acute sparse per riviste, video su Youtube e blog di internet e in breve verrà inserito in quelle raccolte di citazioni di personaggi famosi insieme a Voltaire, Bierce, Wilde e Churchill. Le sue frasi, come è normale, verranno usate da chiunque, anche da coloro che aveva sempre odiato e combattuto. Quelle contro gli ebrei verranno usate dai musulmani e dai antimsemiti, quelle contro i musulmani dai cattolici, quelle a favore del socialismo della sua giovinezza dagli statalisti socialisti. Chiunque banchetterà sulle sue ceneri letterarie.

Eppure solo chi l’ha letto durante la sua vita saprà che Christopher metteva nella “[…] colonna dell’odio: dittature, religione, stupidità, demagogia, censura, prepotenza e intimidazione. Nella colonna dell’amore: letteratura, ironia, humor, l’individuo e la difesa della libertà d’espressione.” [*]

Christopher Hitchens, per chi non lo ha conosciuto, è in queste parole. E pochi a questo mondo si sarebbero salvati dalle sue critiche. Per gli altri, per chi lo ha combattuto, maledetto, perfino circuito sul letto di morte per convertirlo al cristianesimo, per tutti questi ominicchi rimarrà un altro “ateo militante” che è morto (una etichetta cretina per grande gioia di tutti i titolisti dei giornali di questi giorni).

Ma chi era veramente Hitchens? Un uomo che semplicemente amava e usava la razionalità, l’unica cosa che secondo lui ci rende umani e liberi.

E basta questo per ricordarmi di Hitchens, nonostante spesso non la pensassi come lui su tante cose, senza etichette o categorie.

Grazie Hitchens, che la terra ti sia lieve.

*”In the hate column: dictatorship, religion, stupidity, demagogy, censorship, bullying, and intimidation. In the love column: literature, irony, humor, the individual, and the defense of free expression.”

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Quello che non vi hanno mai insegnato al corso d’inglese: la perdita della r

Come abbiamo visto qui i madrelingua inglesi hanno grosse difficoltà nel pronunciare la r nostrana. Parte di questo problema deriva anche dal fatto che in buona parte dell’inglese moderno il suono r è quasi scomparso. Si tratta del cosiddetto inglese non-rotico che si differenzia rispetto al rotico per la perdita del suono r in alcune parti delle parole. L’inglese non-rotico è una trasformazione della lingua inglese avvenuta negli ultimi due-trecento anni. Un tempo, fino quasi agli anni 50 nelle zone più rurali dell’Inghilterra, la variante prevalente era quella rotica poi è gradualmente scomparsa. Una delle ragioni di questo è sicuramente la diffusione della TV e della BBC che utilizza come variante standard la “received pronunciation”, la pronuncia della classe alta e della Regina, una variante non-rotica appunto. L’inglese rotico resiste ancora in Scozia, nella zona di Bristol (tanto che i bristoliani vengono simpaticamente presi in giro per il loro linguaggio “da pirati”) e in poche altre zone rurali. Fuori dal Regno lo troviamo in tutto il Canada e in alcune zone degli US della costa Est. Un’ altra prova del fatto che l’inglese non rotico si è imposto solo dal 1700 in poi. Tutta questa storia come ci può aiutare nel comprendere la lingua inglese? Be’ capire l’inglese non-rotico significa capire gli inglesi quando parlano e non mi pare poco. Di nuovo non mi ricordo di alcun insegnante d’inglese che mi abbia mai insegnato questo. Quando una r si trova alla fine di una parola non viene mai pronunciata (a meno che non segua un’altra parola con una vocale all’inizio, si parla di “ponte a r”). Car, bar, water, other, father, or ecc. vengono tutte pronunciate senza la r finale. Stessa cosa per la r seguita da consonante in mezzo alle parole come card, hard, board, ecc. Ma come fanno gli inglesi a capire che in quella parola c’è una r anche se non si pronuncia? E come facciamo noi non madrelingua a capirlo? Semplice, bisogna studiare la regola delle vocali lunghe: infatti car si pronuncerà caa, bar baa e water uotee.
La r pronunciata dagli americani è molto diversa da quella inglese e appesantisce le parole in modo considerevole. E’ una sorta di r pronunciata con la lingua arrotolata e molto lunga. Per gli inglesi acqua si dice uotee, mentre per un americano è uoterrrr (lingua arrottolata all’indietro, non come la nostra r).
Un episodio che mi ha fatto molto pensare oltre che ridere è quando un mio collega inglese è tornato da New York raccontandoci questa storia: “ero in un bar e ho chiesto dell’acqua ma il cameriere non mi ha capito! Alla fine ho dovuto indicargli la brocca dell’acqua di un tavolo vicino.”
Se un americano non riesce a capire la pronuncia britannica di water figuriamoci un italiano! Quindi state attenti quando andate in Inghilterra: evitate di pronunciare la r come se fosse un trattore e quando sentirete vocali lunghe alla fine della parola potrebbe essere una parola con la r finale.

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La terza casta

Oltre a essere una delle capitali europee più caotiche che abbia mai visto (solo dopo Atene) Roma ha anche la sfortuna di possedere una delle razze di uomini più meschini e tragicomici che possiate incontrare. Ho a che fare con loro ogni volta che vado a Roma per lavoro. Ogni volta li vedo fuori dall’aeroporto appostati come avvoltoi pronti a piombare sulla preda, insistenti, invadenti come in qualsiasi capitale povera del Medioriente o del Sudest asiatico. Alla stazione Termini (dopo aver viaggiato su uno dei più vergognosi treni navetta che abbia mai visto, il Leonardo Express) e dopo aver attraversato un vero e proprio suk fatto di immondizia, zingari e senzatetto li rivedo appostati ad aspettarmi. Anzi a Termini la cosa è diversa: qui c’è la mafia, con i capoccia che smistano i clienti tra i propri scagnozzi. Ognuno ha il suo territorio e spesso il cliente viene portato da una parte all’altra della stazione per taxi perché in quel momento è come una merce al mercato. “Questo lo prendo io.” “Ma quella non è la tua zona.” “E’ troppo vicino, questo non mi conviene.”

Un tassista romano lo riconosci da chilometri di distanza: è un personaggio uscito da un film di Verdone. All’inizio pensi che lo stia facendo apposta per divertire i turisti ma invece sono fatti proprio così. E’ tutto un “Ahò! Ma te ne voj a na!”, mano sempre sul clacson, li mortacci sempre sulle labbra contro turisti a piedi e pedoni in generale. Passano col rosso a volte, altre sopra il marciapiede se la tipa davanti è “proppio scema”. Poi arriva la comica finale: sul contatore c’è 17 euro e loro ci provano sempre con “facciamo 20?”. Poi la proposta sottobanco: “Ma ce devi tornà a Fiumicino? Se vuoi te ce porto con soli 20 euri ma devi far finta de essere un amico. Te siedi qui affianco a me davanti.” Se solo avessi una microcamera ogni volta che vado a Roma farei certi reportage.

Lo shock per me è ancor più grande perché sono abituato alla gentilezza e professionalità di veri e propri gentlemen al volante qui in UK. Soprattuto pakistani di cui ho un rispetto enorme per la puntualità, gentilezza e onestà.

Quindi c’è poco da meravigliarsi se alla fine l’hanno vinta loro come sempre. Perché anche se la categoria è nazionale sono quelli di Roma che fanno il bello e il cattivo tempo per numero e per mafiosità del loro comportamento. I veri padroni della capitale e abbiamo visto di cosa sono stati capaci per le elezioni comunali. Si parla sempre di caste di politici e di preti che infestano la capitale, ma vogliamo parlare dei tassisti romani?

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La beffa dello Stato che tassa se stesso (ovvero tutti noi)

“Ammettiamo che il Ministero dell’istruzione, università e ricerca (MIUR) stanzi 500.000 euro per un progetto di ricerca scientifica. Può essere un centro di fisica che ha bisogno di un microscopio elettronico o un laboratorio di biologia che ha bisogno di microscopi e consumabili (pipette, petri dish, reagenti, farmaci, tavoli, cappe ecc.). Ebbene, quei soldi del ministero dati per il progetto non sono veramente 500.000. Pochi sanno infatti che un ricercatore deve mettere in conto l‘IVA al 21%. […]”

Alcune cose che forse non sapete sui finanziamenti alla ricerca scientifica. Continua qui.

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