Archivi del mese: luglio 2013

And your middle name is…?

Approfitto ancora della nascita reale per affrontare un’altra serie di bizzarrie tutte britanniche.

1) avrete notato che il pargolo di Willy e Kate ha tre nomi. Ora tre nomi sono abbastanza inusuali in UK ma due nomi invece è la NORMA. Come in tutte le attività/scelte di questo paese non esiste alcuna eccezione: tutti hanno almeno due nomi, First name e Middle name. Ma la cosa più straordinaria è che il secondo nome non viene dato al bimbo perché si era indecisi tra un nome o un altro, o perché i genitori volevano commemorare uno dei nonni defunto. No, si mette perché si deve mettere e come al solito alla domanda “perché?” gli inglesi rispondono con la solita scrollata di spalle che ho visto per altre domande: perché avete i rubinetti separati caldo/freddo, perché avete tutti il caminetto se non funziona mai, perché avete la moquette in bagno, perché parcheggiate sempre in retromarcia ecc. Tutti comportamenti o abitudini che vengono ereditati senza qualcuno che si fermi e si chieda: perché? Il Middle name poi è una tradizione che rimane solo nel Passaporto e lì rimane fino a quando in una vacanza qualche amico te lo vede e ti sfotte. Perché i Middle Name sono sempre particolari, arcaici, finto nobili. Mai usati, né per firme né per burocrazia. Solo nel passaporto e ogni tanto sulla lapide. E per noi immigrati la domanda è sempre la stessa quando si tratta di dare i propri dettagli: …and your middle name is…?

2) Tutti i nomi DEVONO essere accorciati ad una o due sillabe. Jonathan diventa Jon, Suzanne diventa Suzie, Michael diventa Mike, Peter diventa Pete, Robert diventa Bob, Matthew diventa Matt ecc. ecc. Esistono eccezioni ovviamente come i nomi già monosillabici/bisillabici che non vengono accorciati (Hanna, Jack, James, Ian, Paul) oppure quelli rari e di importazione.

3) le donne quando si sposano per norma perdono il loro cognome e prendono quello del marito. Ci sono eccezioni ma sono rare e incredibilmente c’è più burocrazia nel tenerlo che nel cambiarlo!

Motivo? Tradizione ovviamente e una caratteristica “embedded” della lingua inglese: quel Mrs ha un genitivo sassone che rende la moglie patrimonio del marito. In sostanza se il marito è Johnson ma la moglie si fa chiamare Mrs Brown sta dicendo una menzogna perché Mrs Brown significa “la moglie di Mr Brown” quando invece lui è Johnson. La regola è che tutta la famiglia deve avere lo stesso cognome: marito, moglie e figli.

Il cambiamento però comporta un’odissea senza fine per la moglie che deve cambiare tutti i suoi documenti: passaporto, patente conto bancario, bollette, email praticamente tutto! E se dovessimo studiare la vita di una donna troveremmo uno spartiacque nella sua documentazione tra prima del matrimonio e dopo il matrimonio. Esempio che mi riguarda da vicino a causa del mio lavoro è che se una ricercatrice ha il suo nome su pubblicazioni scientifiche con il cognome da signorina e poi da sposata si ritroverà la propria carriera stroncata perché su motori di ricerca come Pubmed avrà qualche pubblicazione con un cognome e poi con un altro come se fossero due persone diverse!

Altro caso estremo è quando una coppia di stranieri ha un bimbo in UK. Un’amica italiana all’ospedale ha dovuto combattere contro le infermiere che dubitavano che lei e il marito fossero sposati! Infatti le infermiere nei documenti hanno tempestivamente e meccanimente messo il cognome di lei pensando che lei fosse la Mrs di suo marito ma ovviamente i bambini dovevano avere il cognome del marito.

Altri problemi possono arrivare quando si prendono i bambini all’asilo o a scuola perché le maestre potrebbero non acconsentire visto che nei documenti il cognome dei bambini non corrisponde a quello sui propri documenti. E questo vale per qualsiasi accertamento tra figli e madre. Qualsiasi discrepanza viene vista come sospetta e sono necessarie spiegazioni lunghissime.

E quando ci si divorzia? Nella maggior parte dei casi le donne mantengono il cognome del marito per vari motivi: burocrazia (spesso ci si divorzia molto in là con gli anni e magari si è passato più tempo col cognome del marito che col maiden name); problemi di discrepanza con il cognome dei figli e quindi questi ultimi non riconosciuti come legittimi; togliere il Mrs significherebbe tornare Miss, ovvero titolo che si riferisce ad una giovane ragazza che non è mai stata sposata. In realtà esiste la possibilità di usare Ms che indica qualsiasi donna indipendentemente dal suo stato. Ma è così recente – si è diffuso negli anni 50 e soprattutto negli Stati Uniti – che in UK è usato veramente poco.

Incredibilmente tra le clausole del divorzio c’è anche quella di cambiare cognome inventandoselo! L’idea che la donna debba cancellare dalla propria storia il cognome da signorina è così drastica che la società consente in via eccezionale alle donne divorziate di lasciar perdere il proprio cognome di nascita e di inventarselo uno tutto nuovo.

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“Ah che bello il tuo nuovo taglio di capelli!”

E_ParisHiltonShopping_325Come biologo mi è difficile non pensare al comportamento umano come a qualcosa di unico o alieno nel mondo animale. Gli esseri umani sono mammiferi e come tali si comportano. Eppure ci sono alcuni comportamenti umani che non riesco ad inquadrare bene. Prendiamo la seduzione femminile per esempio. Non solo gli esseri umani sono uno dei pochi animali in cui è la femmina ad essere più appariscente del maschio (in genere è il contrario) ma è il modo con cui lo fa che mi ha sempre interessato. Ho sempre pensato, come la maggior parte degli etologi credo, che la seduzione femminile umana fosse simile a quella del maschio del pavone. Niente coda ovviamente ma un armamentario di tutto rispetto più la possibilità di sfoggiare vestiti, gingilli vari e trucchi. Ebbene per anni ho sempre guardato a questo comportamento appariscente come ad un equivalente del pavone: il maschio mostra la coda, i colori, la sua forza e bellezza per attrarre le femmine. Le femmine poi sceglieranno quello più appariscente. Selezione sessuale classica. Per le donne sembrerebbe lo stesso, eppure c’è una componente che secondo me cambia le carte in tavola. Siamo veramente sicuri che le femmine umane si vestano bene e si trucchino per attrarre il maschio? Una serie di esperienze empiriche dirette mi fa pensare che al contrario le femmine sono appariscenti non per attrarre il maschio, o perlomeno non solo!, ma principalmente per competere con le altre femmine.

Avete mai visto una nuova femmina umana vestita di tutto punto entrare in un gruppo di femmine umane con altri maschi? Avete presente lo sguardo furioso delle altre femmine, le fiamme sul loro viso e le saette uscire dagli occhi e i commenti spesso non tanto velati del tipo “ma guarda questa zoccola!”? Quello che la femmina umana fa continuamente è scannerizzare dalla mattina alla sera le altre femmine. Controlla vestiti, gioielli, trucco, pettinature, comportamento. E non le sfugge nulla. Osserva, compara, valuta. Ogni giorno è una sfida, a lavoro, per strada, al ristorante. E la loro ossessiva-compulsiva passione per lo shopping non è altro che una forma di competizione per avere l’ultimo vestito alla moda. Spesso non è neppure importante che il vestito o l’oggetto da indossare abbiano un messaggio sessuale per i maschi, anzi a volte è proprio il contrario come succede con le scarpe a zeppa, le ballerine, le infradito, gli stivali pelosi, gli occhiali giganti da vespa, i pinocchietti e tutti quegli oggetti orribili che le donne usano in massa. I maschi non hanno alcun interesse in questi oggetti (a meno che non risaltino quello che c’è sotto il vestito). Dimostrazione è il fatto che la maggior parte dei maschi è indifferente ai recenti acquisti femminili. O quando la femmina torna dalla parrucchiera non si rende conto del cambiamento che è avvenuto. Mentre tutte le altre femmine immediatamente commentano l’ultima pettinatura dell’amica (sempreSale-Shopping positivamente per carità, per poi parlarne male alle spalle). Inoltre se fosse vero il contrario, ovvero che gli uomini sono interessati a quanto le donne sono fashion, comprerebbero ogni settimana Grazie, Donna Moderna, Amica, Elle ecc. Cosa che invece fanno SOLO le donne. Infatti da un pavone femmina ci aspetteremmo un comportamento simile: cioè le pavone andrebbero a comprare periodici dove ci sono foto di pavoni maschi. Così non accade nella specie umana dove invece le femmine guardano solo a se stesse e gli uomini al massimo comprano giornali dove le donne indossano… nulla!

Dicevo quindi che le femmine spesso usano degli oggetti o si acconciano in una certa maniera senza alcuna correlazione con la sessualità o attrazione per i maschi. Semplicemente lo fanno perché devono competere con le altre femmine.

La mia teoria è questa: la femmina umana non ha alcun interesse ad apparire appariscente con i vestiti, trucchi e gingilli per il maschio ma lo fa solo per o contro le altre femmine.

Per confermare questa mia teoria facciamo un esperimento mentale: pensate ad una donna da sola insieme ad altri uomini in un’isola deserta senza alcuna competizione femminile. Secondo voi dopo quanti giorni smetterà di truccarsi, poi di curarsi i capelli e di cercare dei bei vestiti? Che interesse avrebbe a farsi una nuova acconciatura o a comprarsi una nuova borsetta se i maschi  non apprezzano il cambiamento o addirittura non si rendono conto che c’è stato un cambiamento? Una volta che manca la sfida con le altre femmine non ha più alcun senso acconciarsi in un certo modo.

La competizione femminile nella specie umana si è così dissociata dalla sua funzione primaria, ovvero la seduzione maschile, che ha preso una inaspettata e curiosa strada: la competizione femminile di per se stessa. E questo è accaduto ad un certo punto della nostra storia, forse con l’invenzione dei vestiti… o della parrucchiera.

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It’s a boy!

duchess-kate-middleton-ping-pong-01La nascita del nuovo erede al trono mi facilita la scrittura di questo post che avevo in mente da tempo: il rapporto degli inglesi con la nascita e i neonati.

Infatti se pensavate che tutte le cose correlate ad un fatto così normale come la nascita fossero universali vi dovrete ricredere vivendo in UK. Spero che questi appunti possano essere utili per chi, vivendo in UK, si trovasse a fare certe figuracce.

1) Per prima cosa avrete notato come la famiglia reale non abbia saputo del sesso del nascituro prima del parto. Ebbene in UK è la regola: nessuno vuole sapere il sesso del nascituro prima del parto. E quando chiedi ad una mamma in cinta se sarà maschio o femmina ti guardano come se avessi appena compiuto un sacrilegio. In questo paese dove la gender equality rasenta l’assurdo il solo domandarsi o preoccuparsi se il bambino è maschio o femmina sarebbe sintomo di sessismo.

2) andare a visitare la mamma e il padre dopo il parto in ospedale è considerato molto rude. La privacy tipica britannica richiede totale separazione dal resto della società e perfino dalla famiglia. Stile gazzella che si allontana dalla mandria per partorire dietro un cespuglio. Perfino i genitori della partoriente non sono graditi.

3) se sentite di qualche metodo tradizionale di “far fuori” la placenta non è uno scherzo. Infatti fino a poco tempo fa era considerato normale chiedere al medico la placenta da portare a casa, friggerla e mangiarla tutti insieme in famiglia. Come potete vedere in questo video. Cannibalismo moderno?

4) in UK non esiste la figura del pediatra. Esatto, avete sentito bene. Per il neonato si va dal medico di famiglia.

5) omogeneizzati? E cosa sono queste cose? Solo recentemente gli omogeneizzati sono arrivati negli scaffali britannici e quasi tutti comunque diffidano di questi prodotti del demonio.

P.S.

Ah, e Kate è ufficialmente diventata una MILF.

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Level 3 warning

IMAG0275Quella che vedete è una foto dello screen della mia auto presa intorno alle 18 dopo un giorno al sole. Tre settimane fa la temperatura registrata in quello stesso screen sarebbe stata intorno agli 8 gradi. E così è stata per 10 mesi circa. Ovviamente le temperature dentro l’auto sono più alte che all’esterno (fuori infatti ci sono 30-31 gradi ogni giorno) ma è comunque un record che ho voluto immortalare per i posteri. Temperature così alte in Gran Bretagna non se ne vedevano dal 2006 ma sicuramente questa estate passerà il guinness dei primati per essere stata la più lunga e ininterrotta estate del secolo. Tre settimane di seguito di sole senza l’ombra di una nuvola, una goccia di pioggia o alito di vento. L’erba è gialla, la gente si (s)veste come se fosse ai Caraibi in vacanza e gli articoli sulla stampa e in radio sembrano bollettini di guerra: centinaia di morti, migliaia di persone all’ospedale. Trenta gradi per tre settimane qua è la fine del mondo. A volte rimpiango i servizi di Studio Aperto con le raccomandazioni agostiane del medico.

Secondo il Metoffice siamo al livello d’allerta 3, uno dei più disastrosi, praticamente sull’orlo dell’Apocalisse. Infatti il livello 4 è definito National Emergency, roba che non si sentiva dai tempi della Seconda Guerra Mondiale.

E ora arriveranno i soliti proclami del governo a centellinare l’acqua perché il Regno è entrato in periodo di siccità. Fu così qualche anno fa quando il governo vietò l’uso dell’acqua per innaffiare giardini o lavare la macchina. Sembrava l’Apocalisse. Mi ricordo anche i commenti degli inglesi felici che la pioggia era poi ritornata. Assurdo.

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Il mito dell’acqua finita

Tra i vari miti di quella che sta diventando piano piano una vera e propria religione fondamentalista con ramificazioni politiche da non sottovalutare – parlo dell’ambientalismo – esiste quello dell’acqua che sta per finire. Oramai lo si legge un po’ dappertutto, nei TG, nei giornali, su internet, ecc., questa nuova fobia della fine dell’acqua con immagini apocalittiche di una Terra desertica stile Mad Max o Kenshiro.

Nonostante il 70% della superficie del pianeta sia ricoperta dalle acque e la molecola dell’acqua sia quella tra le più diffuse nell’universo (sottoforma di gas nelle nebulose per esempio) e che si trovi in un continuo ciclo tra fase liquida e gassosa, la gente pensa che il nostro futuro sia come quello di Marte: un deserto. Ahimé, è invece vero il contrario cioè che rischiamo di morire più per troppa acqua su questo pianeta che perché ce n’è di meno. L’unico modo per l’acqua per scomparire dalla faccia della Terra infatti è perché “scappa” dall’atmosfera terrestre sotto forma gassosa (per la cosiddetta fuga atmosferica anche se è minima perché abbiamo una robusta magnetosfera che ci protegge dal vento solare e perché l’acqua in genere si condensa in nuvole e poi in pioggia ad altitudine così basse che ritorna sulla Terra) o perché si scinde nei suoi componenti fondamentali H e O2 tramite elettrolisi (che non so quanto e come possa avvenire naturalmente). Ma a compensare per eventuali minime perdite ci sono sempre le eruzioni vulcaniche, quelle che hanno contribuito in parte alla grande quantità di acqua del nostro pianeta. Ci sono “oceani” di acqua sotto la crosta terrestre che vengono espulsi dalle eruzioni vulcaniche continuamente. Possiamo dire con un certo grado di sicurezza che la quantità di acqua sulla Terra è costante ma è il suo stato che può cambiare: solido, liquido, gassoso, sequestrato in materiali inorganici e organici ecc.

Il global warming, poi, non c’entra un fico secco con la carenza di acqua. La presenza di acqua liquida sul terreno non ha alcuna correlazione con la temperatura nell’aria. Maggior evaporazione non significa minor quantità di acqua in una regione. Se fosse così nelle regioni tropicali dove si raggiungono durante il giorno temperature altissime non dovrebbe mai piovere e non ci sarebbe più acqua liquida quando invece è l’esatto contrario! I fenomeni di condensazione dell’acqua nell’atmosfera dipendono da milioni di fattori – pressione, geografia, presenza di cariche elettriche sul terreno, venti ecc. – e la temperatura è solo uno dei tanti.

Altro mito da sfatare è che ci sia una relazione tra l’acqua consumata da noi, in Europa o in USA, e i conflitti per l’acqua nelle aree povere del mondo. Un po’ come il mito della nonna “Perché non mangi? Lo sai quanti bambini in Africa stanno morendo per colpa tua!”.

Se il “mondo ha sete”, dicono le organizzazioni ambientaliste e quelle governative come la FAO, non è perché noi occidentali la sprechiamo o non la razionalizziamo ma perché nei paesi poveri o a rischio siccità come il Sud Italia, Grecia, Spagna ecc. non esiste una razionalizzazione della raccolta, non dell’uso dell’acqua. Il problema è la raccolta in questi paesi che fa… acqua da tutte le parti, è proprio il caso di dirlo!

L’acqua non scarseggia sulla terra ferma, anzi abbonda visto che negli ultimi anni i fenomeni alluvionali sono cresciuti esponenzialmente. Fiumi di immensa portata si abbattono dal cielo verso la terra e si riversano su molte regioni del pianeta e… non facciamo altro che lasciarli andare via verso il mare.

Ma allora perché esiste questa percezione che l’acqua stia finendo interno a noi? Che il mondo diventerà un immenso arido deserto?

Per prima cosa il consumo è aumentato in certe aree e quindi le riserve sembrano finire prima ma soprattutto perché non siamo in grado di raccogliere le centinaia di migliaia di tonnellate di acqua che piovono sulle nostre teste. Vi bastino questi due esempi: a Londra piovono meno mm di acqua all’anno che a Roma (600 – quasi come a Cagliari- a fronte degli 840 di Roma); quando in UK negli scorsi anni ha smesso di piovere per due mesi di seguito è stato allarme siccità. Questi due esempi ci insegnano alcune cose: primo, non sono le quantità di acqua per anno che fanno una regione arida o florida ma la distribuzione di quest’acqua lungo tutto l’anno; secondo, che perfino nei paesi in cui sembra che non ci siano problemi di siccità basta un cambiamento minimo del clima per creare scompensi enormi. In particolare in UK per razionalizzazione e raccolta dell’acqua stanno messi peggio di qualsiasi paese arido del sud del mondo! In UK non esistono grandi invasi artificiali per esempio e la maggior parte dell’acqua viene presa dai fiumi. Esatto, l’acqua di rubinetto di Londra viene dal Tamigi. Tra l’altro che motivo esiste nella campagna del “non sprechiamo l’acqua!” in paesi dove l’acqua si preleva dai fiumi visto che l’acqua comunque va “sprecata” quando il fiume sfocia sul mare? Misteri della fede.

Ora non voglio farvi una pippa sulla saggezza dagli antichi ma forse dovremmo imparare un po’ dai fenici e dai romani che in quanto a razionalizzazione dell’acqua erano degli esperti. A Cagliari, città fenicia poi cartaginese e poi romana, l’intero sottosuolo è bucato come una gruviera svizzera. Cisterne, cisterne, cisterne. Ogni casa aveva una cisterna, le cisterne più grandi erano collegate da complessi canali e nessuno soffriva di siccità. Gli antichi sapevano che pioveva solo in alcuni mesi dell’anno e allora si ingegnavano nel costruire strutture per mantenere l’acqua in cisterne sia private che pubbliche per i mesi più aridi. Queste cisterne venivano riempite dall’acqua piovana raccolta sui tetti. Un’idea tanto semplice quanto geniale.

Ora, le aree urbane moderne hanno una caratteristica predominante: la presenza di grandi superfici di tetti. Ma noi cosa facciamo? Colleghiamo le grondaie alla strada o addirittura direttamente alle fogne!! Acqua pulita che viene buttata nel cesso, letteralmente. Immaginatevi invece una città che riesce a convogliare l’acqua piovana proveniente dalle grondaie in una rete di raccolta che poi può essere riciclata per uso domestico o industriale. Immaginatevi una civiltà in cui si usa acqua piovana non trattata o clorata per far funzionare lo sciaquone o per innaffiare il giardino. Non solo pubblicamente con queste reti ma anche e soprattutto con l’iniziativa privata. Ognuno di noi può collegare le grondaie a cisterne di condominio o nel giardino di casa e avere acqua gratis tutto l’anno. Pensate quanto gli stati spendono nella costruzione di dighe e complessi sistemi di raccolte sulle montagne per poi trasferirli nelle città quando invece le città sono i sistemi di raccolta!

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Generazione bip

Ti alzi con un bip del telefonino. Vai in cucina, accendi i fornelli e ogni passaggio è contrassegnato sonoramente da un bip. Accendi il forno a microonde ed è una cacofonia di bip. Esci di casa e l’allarme fa bip. Entri in macchina e di nuovo un concerto di bip scandisce il tuo mattino tra sportelli aperti, cinture, luci ecc. Ti fermi al semaforo e senti il bip per i ciechi (mai visto un cieco al semaforo), passi affianco ad un cantiere e senti il bip delle ruspe. Ti arriva un messaggio al telefonino ed è un altro bip.

Sicuramente c’è un motivo per il quale si usano i bip – è un suono che può sovrastare i bassi per esempio – però a me non importa un granché: io i bip li odio a morte e faccio di tutto per comprarmi o utilizzare strumenti che abbiano la possibilità di disabilitarli. Il problema è che l’intera generazione di strumenti elettronici odierna li utilizza ed è estremamente raro trovare, per esempio, un elettrodomestico o un auto che ti diano la possibilità di disabilitarli. E credo di non essere l’unico al mondo ad avere questa preferenza: forse c’è un mercato potenziale in attesa di essere sfruttato. Disabilitatore di bip elettronici!

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Denunciare gli animalisti per maltrattamento animali? Non ha prezzo

946501_572682889439499_596860207_nPer anni una delle mansioni da gavetta di noi ricercatori non ancora laureati era quella di scendere in stabulario, trasferire i ratti dalle gabbie sporche a quelle pulite. Riempire le nuove appena sterilizzate di truccioli, dare nuovo cibo e acqua. Separare i maschi dalle femmine, selezionarli per l’accoppiamento, separare i maschi troppo violenti ecc. Insomma dovevamo fare tutto il possibile per rendere la vita di questi animali meno stressante possibile. Igiene e sovraffollamento erano le preoccupazioni principali. E facevamo questo perfino durante le vacanze di Natale o di Pasqua.

Mi ricordo come se fosse oggi quanto invece i topi puzzassero. I ratti se tenuti in buone condizioni igieniche (come lo sono nei laboratori) non puzzano per niente. Ma i topi: non importa che gli cambiate la gabbia ogni giorno, sterilizziate tutto e cambiate cibo, acqua e i truccioli, basta che facciano una sola pipì e l’intera stanza puzzerà.

Ed è proprio quello che hanno scoperto a loro spese gli animalisti che hanno “liberato” i topi da un laboratorio di Milano. Vi ricordate?

A quanto pare gli animalisti trattano i topi peggio che in laboratorio, molto peggio. Decine dentro scatoloni e gabbiette improvvisate, nessuna pulizia delle gabbie e ricambio dei truccioli, nessun controllo della temperatura, risse continue tra maschi, maschi e femmine mischiati tanto che stanno già proliferando come… topi. Le immagini che potete vedere qua sarebbero bastate alle autorità per far chiudere qualsiasi laboratorio di ricerca per maltrattamento degli animali. I ricercatori sarebbero stati denunciati e la loro carriera finita.

Dicevo, pare che l’abbiano imparato a loro spese e ora ne stiano pagando le conseguenze ma dentro a casa loro. Mi immagino gli odori in estate in una casa di Milano, gli animali sovraffollati che boccheggiano per l’aria, arriveranno poi le malattie non solo per il sovraffollamento e la totale mancanza di igiene ma soprattutto per le ferite che i maschi si infieriscono in spazi così angusti. Non siete mai stati morsi da un ratto o da un topo? Ah, vi siete persi certe lame affilate! Pensate nella carne di un altro ratto o topo magari con la ferita esposta nelle sue feci mai state pulite dalla gabbia, temperatura intorno ai 30 gradi e puff il gioco è fatto: infezione, pus, febbre, dolore. Se non te ne accorgi in tempo sono guai. Ti ritrovi un cadavere nella colonia dentro una scatola sovraffollata e chissà cosa ne viene fuori. Si riscontrano anche casi di cannibalismo che vi credete. A quel punto cosa fa l’animalista? Antibiotici non è possibile perché sono stati testati su altri animali. Abbatterlo perché sta soffrendo? Giammai!

Chissà che alla fine gli animalisti non si scarichino da internet il manuale del buon stabularista e seguano le stesse procedure dei laboratori di ricerca. Altrimenti li si potrebbe denunciare per maltrattamento degli animali? O fa troppo ridere?

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