Archivi del mese: novembre 2009

Tau Zero – Recensione

Dedicato a lui che mi ha spinto a leggerlo.

In questo periodo ho parlato molto di viaggi interstellari, navi coloniche, motori a propulsione nucleare ecc. e non per un caso. Stavo leggendo un romanzo di Poul Anderson, Tau Zero. Una delle pietre miliari della fantascienza, e uno degli  esempi migliori di hard-SF, cioè una fantascienza caratterizzata dall’enfasi sull’accuratezza scientifica. Come mi capita coi romanzi che mi intrigano, ma soprattutto con quelli con cui entro in sintonia, Tau Zero l’ho divorato in poche ore. In questi casi, poiché si tratta di una lettura torrentizia e violenta, ho bisogno di tempo per metabolizzare il loro contenuto. Ecco, dopo alcuni giorni di riflessione posso incominciare a parlarne. Tau Zero mi ha catturato fin dall’inizio anche per l’incipit inusuale: si svolge a Stoccolma (la mia Stoccolma) diversi decenni nel futuro dentro il Millesgården, uno dei parchi più suggestivi della città. E tutto il romanzo è impregnato di Sverige, dato che si ipotizza un futuro dove il governo mondiale è sotto il dominio politico svedese. Guerre mondiali e devastanti hanno costretto l’umanità a deporre le armi ed essere amministrati dal governo svedese che prende le veci dell’ONU. Chiusa questa parentesi sulla svedicità della storia veniamo alla trama. Venticinque donne e venticinque uomini di differenti nazionalità partono per un viaggio interstellare che li porterà, nelle previsioni, a raggiungere un pianeta abitabile in pochi anni. Questo grazie ad un motore Bussard che li porterà a raggiungere velocità prossime a quelle della luce. Il titolo Tau Zero deriva dal fatto che la nave viaggia con un fattore tau prossimo allo zero. O per dirla come Anderson “più la velocità della nave si avvicina a quella della luce più il tau si avvicina allo zero.” Concetti complicati derivati dalla Teoria della relatività ma che possono essere riassunti col fatto che mentre coloro che stanno dentro la nave percepiscono il loro tempo in termini di ore e anni, sulla Terra passano millenni, e poi milioni di anni e poi… non voglio rovinarvi la sorpresa. Diciamo che un incidente non permette alla nave di decelerare e l’intero romanzo è costruito sulla determinazione dei suoi personaggi a trovare una soluzione.

Tau Zero è un pugno nello stomaco, è una iniezione cerebrale di consapevolezza in un Universo cieco ed inospitale. Pur avendo una tematica di fondo simile al nichilismo lovecraftiano (o meglio la visione di un universo indifferente e tremendamente immenso) non rimane cosmocentrico, ma squisitamente antropocentrico. I personaggi si trovano continuamente sull’orlo della pazzia ma ogni tanto la speranza li riporta in superficie. L’immedesimazione con loro è inevitabile. Tau Zero altro non è che una metafora della nostra vita, di questo nostro viaggio come individui e come specie in questo Universo meraviglioso e terribile allo stesso tempo.

Per me, che considero la lettura come una terapia dalla malattia del vivere, leggerlo significa riconciliarsi con la realtà della vita. Tau Zero è profondamente religioso, pur riuscendo in meno di 200 pagine a spazzare via tutte le religioni di questa umanità. Tau Zero parla dell’Uomo come specie, ne individua le debolezze e le potenzialità. Mette a nudo l’Homo sapiens per quello che è: un animale meraviglioso in cerca di uno scopo nella vita. Tau Zero ci insegna a vivere: ci dice che abbiamo bisogno di scopi, obiettivi a breve e a lungo termine per evitare di impazzire. Lovecraft ci ha mostrato un uomo che è consapevole dell’orrore dell’Universo e che impazzisce a causa di questa conoscenza, Anderson ci dà la speranza per continuare a vivere.

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Sequestro di persona

Se davvero pensate che la trovata dell’ospitalizzazione quando si usa la Ru486 sia un compromesso accettabile o addirittura un’apertura del fronte antiabortista allora pensate solo a questo: come potete costringere una donna all’ospitalizzazione forzata dopo che ha ingerito la pillola?

Ecco, se riuscite a trovare una risposta a questa domanda vincete il cilicio della Binetti.

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La foglia di fico del PdL

“All’interno del centro-destra alcuni parlamentari ritengono che il legislatore possa correggere le verità scientifiche, mediche. Questa idea giacobina della funzione legislativa è pericolosa”.

Bene. Perfetta. Chi l’ha detta?

A) Emma Bonino

B) Paola Binetti

C) Pierluigi Bersani

D) Benedetto della Vedova

E) Beppe Grillo

Dài su è facile. Qui la risposta.

Capisco anni fa, quando ancora la vera natura sfascista di questo governo non era ancora concepibile e si voleva piantare un semino di liberalismo dentro il PdL, ma ora? Ma ora Benedetto, Benedetto! Sei come un ebreo iscritto al club bocciofilo delle SS, come una cozza gratinata dentro il latte col Nesquik, come una vagina in un video hard di Marrazzo, come un liberale laico dentro il partito del Popolo delle Libertà. Perché?

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L’arca della conoscenza

Una breve postilla al post di qualche giorno fa sul Progetto Orione.

Se quegli uomini di sessanta anni fa fossero riusciti a partire verso Marte o verso un pianeta extrasolare negli anni 50, avrebbero potuto fondare una colonia di potenziali ignoranti. Parlavano di portare oggetti, libri e film ma come in quella stupida domanda “Che cosa porteresti in un’isola deserta?”, quegli uomini avrebbero potuto scegliere solo pochi libri, qualche disco in vinile e qualche bobina del cinematografo. E’ vero, tutta la conoscenza dell’umanità era servita a costruire quell’astronave ma che senso avrebbe avuto se poi tutta quella conoscenza sarebbe rimasta sulla Terra? Quanti libri si sarebbero potuti portare? E in quale lingua sacrificando tutte le altre? E quando dopo cinquanta anni i libri sarebbero diventati polvere dove i nuovi coloni avrebbero trovato la carta per stamparne di nuovi?

Insomma tutto questo per dirvi che solo oggi grazie alle tecnologie digitali un’ipotetica spedizione umana su un altro pianeta potrebbe portarsi dietro tutti i libri scritti dall’umanità, in tutte le lingue; tutte le canzoni scritte dall’umanità degli ultimi duecento anni in tutte le lingue. L’intero patrimonio fotografico dall’avvento della dagherrotipia fino ad oggi. Tutti i film prodotti dall’uomo. Ed ogni colonia che partirà da questi pianeti fra migliaia di anni si porterà a sua volta le informazioni della Terra originaria e della nuova cultura nata in quei pianeti e la porterà verso nuove stelle. Un’arca della salvezza piena, non di animali, ma di conoscenza. Tutti i nostri antenati non saranno morti invano. Vivranno su altri pianeti, illuminati dalla luce di altre stelle, fino alla fine dei tempi. La staffetta continuerà ancora, il fiume dell’umanità non si fermerà mai almeno fino a quando l’Universo ce lo permetterà.

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Bring back the horns where they belong!

Dee Snider (nella foto in versione casalinga), leader della hair-metal band Twisted Sister, ha lanciato un nuovo blog “denuncia” per sensibilizzare l’opinione pubblica sull’uso sconsiderato delle corna metal in contesti che non sono appropriati. Il gesto delle corna così caro alla comunità Metal fu inventato da Ronnie James Dio e in questo c’è qualcosa che ci riconduce all’Italia. In breve il meme corna fu adottato da vari gruppi metal e da tutti i fan. E’ un modo per riconoscersi in un gruppo, per identificarsi nella comunità metal. Il meme però, come buona parte della cultura metal, ha incominciato ad invadere altre culture e oggi è usato a sproposito in tutti i mainstream media. Dee Snider vorrebbe tornare alla purezza originale, riappropriandosi di un gesto settario. Ovviamente la sua è una trovata goliardica ma è un segnale dei tempi che cambiano. La cultura metal ormai è mainstream, anche grazie a lui visto che l’hair metal degli anni 80 entrò nella cultura pop grazie ai video dei Twisted Sister, dei W.A.S.P. ecc su MTV. Tutti i gruppi o cantanti pop di oggi inseriscono elementi metal nel loro repertorio. Perfino il growl e lo scream sono stati sdoganati e si possono sentire in radio. Incredibile fino a 15 anni fa.

Comunque esiste un modo per mantenere la purezza dell’Heavy Metal: insegnare ai propri figli la retta via! Così la tradizione non morirà mai e il Metal vivrà per sempre! Un esempio? Mio nipotino alla batteria ha già assorbito la tradizione. Horns up Andrew!!

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Un fiume in piena

Sulla BBC qualche giorno fa ho visto una serie di documentari su Marte. Uno in particolare mi ha incuriosito. Negli anni 50 dopo l’esperienza di Hiroshima e di centinaia di test nucleari nei deserti degli USA, il governo americano finanziò il Progetto Orione, il quale si basava appunto sulle bombe atomiche. L’idea in pratica era quella di costruire un’astronave usando come propellente una serie di esplosioni atomiche. Non parliamo quindi di un motore ad energia nucleare, ma di vere e proprie esplosioni di bombe atomiche che avrebbero dovuto portare un’astronave su Marte nei primi anni 50. Le bombe sarebbero dovute esplodere ad una certa distanza dalll’astronave con un sistema alquanto artigianale: lasciarle cadere dall’astronave, farle esplodere a distanza e aspettare la propulsione. Il progetto si arenò ma rimase top secret per 50 anni, forse anche per questioni etiche, spero. Uno degli scienziati sopravvissuti nell’intervista spiega che l’intero team era molto eccitato perché sembrava l’inizio di una nuova era per l’umanità. Tutti si sentivano investiti di una missione, una missione non necessariamente americana ma che investiva l’intera umanità. Quel progetto, quella astronave rappresentava l’apice di tutta la nostra conoscenza, tecnica ed in definitiva la realizzazione di una specie organica appena scesa dagli alberi di fronte al cieco Universo. Tutto si incanalava lì, tutto finiva (o iniziava) lì. Miliardi di uomini erano vissuti per quel momento, miliardi erano morti per quel momento. Ognuno aveva fatto la sua parte, chi dando un po’ di conoscenza in più, chi procreando, chi lavorando, chi morendo in una sorta di corsa a staffetta durata migliaia di anni. L’uomo non è una specie animale ma un fiume in piena di cui noi tutti siamo gocce. Adoro pensare alla specie umana nella sua dimensione temporale; in fondo altro non siamo che protesi temporali dei nostri antenati.

Ecco ho pensato che tutto questo avesse un qualcosa di poetico e di tremendo.

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Sta diventando un po’ patetica

da Gavavenezia.

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Clash of generations

Da più parti sembra che stia montando una sorta di odio generazionale tra i nati nel dopoguerra e i loro figli. Prima mi sono imbattuto in un articolo sul Corriere a firma di Paracchini che si rifà ad un pezzo del Guardian. Poi ho letto questo blog che se la prende con i cinquantenni e che posta storie di scontri tra generazioni (non so se siano fake o storie vere). Tutto parte dalla frustrazione di una generazione che sta entrando nel mondo del lavoro, o meglio ci sta provando ad entrare, ma trova spesso un figlio del dopoguerra parcheggiato su qualche poltrona che sfrutta le nuove leve con contrattini a termine, co.co.co e con aggiunta di umiliazione finale.

In effetti la differenza tra le due generazioni è netta ed evidente: da una parte una generazione che ha usufruito del boom economico del dopoguerra, con il posto fisso, spesso lavoro pubblico e con un accumulo di contributi che gli permetterà di avere una pensione. Dall’altra una generazione che ritarda l’entrata nel lavoro con lauree, master, dottorati, corsi ecc. per poi ottenere un contrattino part time con cui è impossibile sopravvivere oggigiorno e che non avrà pensione.

Molti trentenni si lamentano del fatto che la generazione precedente abbia sfruttato al massimo il sistema del welfare e del lavoro non preoccupandosi delle generazioni future. In realtà è grazie ai nostri padri se abbiamo avuto un’infanzia felice e piena di opportunità, proprio grazie a quello sfruttamento. Ma prima o poi qualcuno dovrà pagare quel magna magna. I nodi arrivano sempre al pettine e ora tocca ai trentenni pagare lo scotto. Ci vorrebbe un altro Piano Marshall, la popolazione falcidiata da una guerra mondiale e il gioco è fatto. Il benessere, purtroppo, arriva solo dopo la distruzione di beni e persone da cui prendere ricchezze e nicchie sociali e lavorative. In effetti non abbiamo una guerra di grosse proporzioni da più di 70 anni, un record per l’Europa.

Un altro punto a sfavore delle nuove generazioni è l’aumento dell’aspettativa di vita e la diminuita mortalità che ritarda il ricambio generazionale. Ma questo è un problema che fintanto che la scienza e la medicina progrediranno ci porteremo per tutte le generazioni future. Senza la morte della vecchia generazione la nuova non può mai prendere il potere se non quando è vecchia e così via.

In effetti quella del dopoguerra è una generazione che ora ha il potere economico, politico e culturale in questo momento. Sembra assurdo che persone nate 50 anni fa, con una mentalità di 50 anni fa possano comandare uno stato del 2010. E si vede che sono al potere: completa incomprensione delle nuove tecnologie, digital divide, leggi repressive e conservative. I peggiori moralisti e conservatori sono quelli che hanno fatto il ’68. Si sono divertiti, hanno esagerato e si sono goduti la vita e ora sembrano preti che manco i loro padri dell’inizio del novecento.

In chiusura comunque possiamo affermare che la colpa dell’arretratezza italiana è sì imputabile alla generazione del dopoguerra ma c’è da dire che loro sono i figli di un’altra generazione, quella idiota che ci ha portato a due guerre mondiali. E la nuova generazione, cullata negli agi della ricchezza data loro dai padri, è piena di ragazzini viziati, senza ideali né idee per il futuro se non quello di diventare famoso o di avere una bella macchian da sfoggiare il sabato sera. Ma dare la colpa a loro è futile visto che sono figli dei loro padri. Insomma bisogna stare attenti a chi imputare le colpe della crisi.

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Scontro di Titani (reboot)

Uno dei film che sicuramente ha segnato la mia infanzia fu Clash of the Titans (Scontro di titani).Uscito nel 1981 rappresentò l’ultimo capolavoro di quella serie di film avventurosi che si proponevano di reinterpretare in chiave moderna i classici greci. Fu anche il film dove l’arte di Ray Harryhausen raggiunse la sua massima espressione, prima che il cinema fosse soppiantato dagli effetti speciali (CoT è un fossile vivente negli anni 80, perché la stop-motion era già fuori moda; Guerre Stellari è di quattro anni prima per capirci). Tra gli attori la giovane e bellissima Judi Bowker e una non più giovanissima Ursula Andress nei panni di Afrodite. Qui sotto potete vedere un video della scena più famosa, lo scontro tra Perseo e Medusa. Notate le pause, il silenzio, i giochi di ombre, la paura negli occhi del protagonista.

Ora guardate il trailer del remake che uscirà il prossimo anno.

Clash of the titans era un film immaginifico, semplice ma allo stesso tempo eccitante ed avventuroso. Ecco capisco le esigenze di un pubblico moderno mediocre ed infantile ma c’era davvero bisogno di rifare il film con i soliti ritmi devastanti, la CGI onnipresente e con un Perseo che sembra un mix tra Leonida di 300 e Achille-Brad Pitt di Troy?

Ecco in questo scontro tra titani, cioè tra il vecchio film ed il nuovo (anceh se non l’ho ancora visto) credo che vinca a tavolino il vecchio

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Segnalazioni interessanti

1. Una delle più grandi incomprensioni con i locali quando mi trasferii in UK per fare il dottorato fu che in tutti i documenti italiani ufficiali si trovava quel Dr. di fronte al mio nome. Tutti pensavano mi fossi già dottorato. E’ stato complicato spiegare che in Italia esiste questo curioso sistema per cui non diventi dottore dopo il dottorato ma dopo una laurea qualsiasi. Un po’ come se gli studenti diplomati al liceo si facessero chiamare laureati. Pare che questa usanza unica al mondo derivi dal fatto che:

[…] non potendo più rivolgere la parola ai funzionari come a cavalieri e commendatori, tutti, nell’uso degli uscieri e dei postulanti, divennero “dottori”; facendo quasi scadere il valore dell’appellativo al grado di quello di “eccellenza”, usitato dai lustrascarpe e dai vetturini napoletani verso tutti i loro clienti.

Ce lo spiega Einaudi in questo testo del 1955 qui. Una situazione simil-fantozziana in cui le classi di lavoratori non istruite hanno sempre umilmente cercato di identificare il capo-boss-intoccabile-superiore con appellativi sempre più barocchi. Quando tornerò in Italia con il vero titolo di dottore (e non quello farlocco) potrò fregiarmi del doppio appellativo: Dr. Dr. Fabristol. A parte gli scherzi non ho mai sopportato la deferenza di molti nei confronti di laureati o dottori. Credo che la deferenza, l’umiliazione, il muro tra istruiti e non, sia uno dei cancri dell’italianità. Uno dei tanti da vincere. E una delle tante qualità degli anglosassoni da importare assolutamente.

2. Spinoza in forma come non mai.

3. Una proposta geniale che risolverebbe i mali dell’Italia berlusconizzata:

“[…] E allora riprendo la proposta che -provocatoriamente- fece anni fa l’allora deputato Nando Dalla Chiesa, offrendosi di presentare una proposta di legge che garantisse a Berlusconi una totale immunità da qualsiasi cosa, così, come individuo, a patto che la smettesse di sfasciare la giustizia per farsi i cazzi suoi, e scusate il francesismo.”

4. Un bambino di dieci anni dell’Arkansas ha deciso di fare lo sciopero del giuramento di fronte alla bandiera in classe. Perché? Dice che non può giurare di fronte alla bandiera americana per uno stato che discrimina le minoranze omosessuali del paese. E pare che stia avendo molto seguito tra gli altri bambini. Quando si dice che le rivoluzioni nascono dal basso. E’ penoso che debba essere un bambino di dieci anni a denunciare le discriminazioni contro gli omosessuali. E la maestra, nella sua stupidità di automa-pecora, si preoccupi solo del fatto che un bambino della sua classe non giuri di fronte alla bandiera. Neanche si interroga sul perché di quel piccolo atto rivoluzionario. La cosa importante è che tutti lo facciano perché si è sempre fatto. Quando un rito diventa dogma e perde qualsiasi significato morale.

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