Archivi del mese: febbraio 2013

Vi spiego il voto degli italiani all’estero

Ho vissuto in due paesi europei diversi – in UK per quasi 7 anni-, e ho fatto anche da scrutinatore ad una elezione, e credo di avere una certa esperienza con gli italiani all’estero, con le loro aspirazioni, i loro problemi e in definitiva il loro voto. Ora cercherò di spiegarvi il voto degli italiani all’estero.

Primo partito è sempre il centrosinistra. I motivi sono vari:

1) gli elettori di centrosinistra sono molto attivi in politica e lo sentono come un dovere civico; per avere il diritto al voto all’estero bisogna fare iscrizione all’AIRE, avvertire continuamente del cambio di residenza (e quando si è immigrati si cambia spesso!) e andare ad imbucare una lettera. Un processo che solo una persona interessata alla politica in genere fa.

2) La Repubblica.it. Questo è a mio parere il fattore più determinante. Gli italiani all’estero leggono i giornali online e La Repubblica è quello più letto, linkato su Facebook ecc. Non chiedetemi perché ma è così. L’italiano all’estero è ossessionato dalla percezione che ha il suo paese ospitante dell’Italia. Il problema è che all’estero ci conoscono solo per i disastri di Berlusconi e i colleghi di lavoro ridono continuamente di lui e dell’Italia. La Repubblica gli dà la possibilità di indignarsi di quello che succede in Italia per avere la coscienza pulita.

3) la composizione dell’elettorato è molto diversa in termini di fasce d’età. Chi emigra in genere è giovane o non oltre i 40 anni. Il centrodestra in genere prende voti dalle fasce d’età più alte.

Dopo questo vengono i partiti di centro e di centrodestra. Ma dopo ancora viene il nocciolo duro degli immigrati sudamericani e dei vari partiti legati a doppio filo alle associazioni culturali italiane all’estero (Brasile, Argentina, Uruguay soprattutto). Questi partiti sono in genere fondati da vecchiacci di seconda o terza generazione che a malapena sanno parlare l’italiano. Questi partiti prendono centinaia di migliaia di voti dai club e dalle associazioni legate poi anche alle ambasciate. Non solo ma elettoralmente godono dello ius sanguinis, ovvero della possibilità di dare la cittadinanza a figli o nipoti nonostante questi non siano mai nati in Italia, vissuti in Italia o parlino l’italiano. Ne ho visti a centinaia in UK, manco sapevano dire buongiorno, quindi immaginatevi il bacino di elettori che hanno in Sud America. Per questi italiani di seconda e terza generazione l’elezione è un modo di mantenere un legame con la patria dei genitori o nonni e di avere la coscienza a posto con la propria identità (“non so dire una parola di italiano ma almeno do il voto!”). Non sanno assolutamente nulla dell’Italia, di quello che stanno votando. Tutto quello che hanno sono i racconti dei nonni di qualche paesino calabrese sperduto nelle montagne e quello che sentono nelle TV del proprio paese. Per loro l’Italia è uno stereotipo, un sogno, una terra promessa. Per questi partiti (MAIE, USEI, Unione Italiani Sud America ecc.) è facile raccogliere migliaia di voti per ogni circoscrizione.

C’è anche da considerare un altro fattore: per esperienza diretta le percentuali di italiani all’estero che si iscrivono all’AIRE sono bassissime. Sono veramente pochi gli studenti o i lavoratori stagionali che si iscrivono all’AIRE. Nonostante sia un dovere del cittadino (tra l’altro non capisco che succede se ti beccano a vivere all’estero senza iscrizione all’AIRE. Arresto? Multa?) quasi nessuno lo fa. Anche perché neppure le autorità italiana sanno cosa significa essere iscritto all’AIRE. In pratica si è in una sorta di limbo fiscale, una sorta di apolidia legalizzata ma di questo ne parlerò un’altra volta.

Questo spiega la bassissima percentuale di votanti grillini, un voto che è spesso legato alle fasce d’età giovanili, quelle stagionali o di studenti che appunto non si iscrivono all’AIRE.

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Siamo fatti di vuoto

imagesSulla BBC 4 stanno mandando in onda una serie di documentari sull’universo e sono rimasto molto colpito dall’alto livello scientifico delle teorie fisiche e cosmologiche. Come al solito la BBC si distingue per l’ottima qualità dei suoi documentari. Imbattibile.

C’erano migliaia di argomenti e spunti per interessanti discussioni ma forse quello che più mi ha fatto rimuginare è stato un esperimento semplicissimo. Un fisico – che vorrebbe creare un micro buco nero in laboratorio – è salito sul campanile di una chiesa di Ginevra. Ha appoggiato una chiave sul davanzale e poi con un magnete del frigo l’ha fatta sollevare. Un’esperienza che possiamo avere tutti noi ogni giorno ma sono le parole che ha detto e le implicazioni che ci sono dietro che mi hanno incuriosito. La chiave è attratta verso la Terra grazie alla forza combinata di tutti gli atomi messi assieme (in realtà anche la chiave fa lo stesso con la Terra) e questa la chiamiamo gravità. Ma è bastato un magnete di un frigo per sconfiggere questa forza. La forza elettromagnetica quindi è immensamente più forte di quella della gravità. La forza di gravità è la più debole eppure ha effetti macroscopici di dimensione -appunto- galattica. Il fisico proponeva la teoria secondo cui la forza di gravità in realtà “is leaking in another dimension”, perde [come l’acqua in un rubinetto] in un’altra dimensione. Un’altra dimensione che non è apparente al nostro livello macroscopico.

Altro spunto mi è dato dal fatto che più del 90% della massa di un atomo è nel nucleo e che il resto è volume (più del 90%) occupato dalle orbite degli elettroni. Tra un atomo e l’altro quindi c’è per lo più il “nulla”. L’Universo e quindi anche i nostri corpi sono composti per il 90% da un volume vuoto. Non è straordinario pensare che si è fatti per il 90% dal nulla? Che poi davvero l’elettrone “naviga” nel nulla? E cosa è il nulla?

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Cittadino del mondo

Guardo Bruxelles che se ne va via. Ho appena salutato un amico rumeno che abita in Belgio; per arrivare a Bruxelles un collega inglese mi ha lasciato alla stazione di Gent. Mentre aspetto il tunnel della Manica finisco le ultime email di lavoro: metto in contatto un ricercatore ungherese che vive in Portogallo con un collega americano, poi finisco gli ultimi dettagli per il meeting con i brasiliani; nel frattempo leggo un paper di un autore serbo che lavora in un lab in USA; devo preparare la presentazione per i ragazzi della scuola locale per il Brain Awareness week; mi metto d’accordo su un post con un veneto che vive in Svizzera per la settimana dopo. Entro nel tunnel, sotto l’Oceano per 20 minuti a 350 Km all’ora. Mi rilasso prima di sbucare in superficie e trovarmi tra le nebbie di Albione. In meno di due ore ho viaggiato per centinaia di chilometri, ho comunicato con ricercatori di tutto il pianeta e tutto grazie a tre cose: il telefonino, l’inglese e ovviamente la scienza. Tutte e tre collegate. Senza scienza non ci sarebbe telefonino, senza inglese non ci sarebbe comunicazione tra le persone che contatto e in un certo senso non ci sarebbero neppure la tecnologia e la scienza moderne che grazie all’inglese progrediscono.

Everyday business per me, ma mi rendo conto che non per tutti è così. C’è gente che non ha mai lasciato il proprio paese d’appartenenza, neppure la propria città o appartamento. Non c’è spazio nella mia vita per concetti come nazione, patria, lingua ecc. e il razzismo è inconcepibile. Il mondo è la mia casa ormai e si muove con me.

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To kill and to get killed

JoinArmyDa anni ormai c’è questa moda nelle democrazie moderne di pubblicizzare il servizio militare come qualcosa di figo, importante per la crescita personale, come una scuola che ti dà gli strumenti necessari per il futuro. E’ tutto un parlare di “professionalità”, “supporto umanitario”, “crescita personale” ecc. In queste pubblicità (le ho viste in Italia, qui in UK e recentemente in Belgio) ci sono le immagini di ragazzi dentro uffici che smanettano sui computer, che pilotano elicotteri, che salvano bambini nelle zone di guerra (nella pubblicità in UK il bambino è nero ovviamente per dare una carica emotiva maggiore), che danno la mano a capitribù sorridenti e felici.

Nessuna immagine di guerra, nessun fucile, nessuna esplosione, nessuna gamba amputata, nessun morto, niente sangue, nessun suicidio, niente nonnismo, niente ordini irrazionali impartiti da superiori, nessuna bara avvolta nella bandiera. Da nessuna parte c’è scritto “join the army to kill and to get killed!”. Niente, sembra un lavoro d’ufficio, migliaia di segretari dietro alla tastiera e migliaia di volontari che aiutano i bambini in Africa. Che bel lavoro!

In pratica una pubblicità ingannevole. Preferivo la vecchia propaganda degli anni 30, almeno lì ti dicevano che dovevi prendere un fucile per uccidere, essere ucciso e difendere la patria. Ma fa tutto parte della stessa natura della democrazia, ovvero la menzogna.

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4 x 1

Da quanto ho capito da questa ridicola campagna elettorale (che sto seguendo da molto lontano, fisicamente e emotivamente) se voti Bersani ti becchi pure Vendola, Monti e Casini. E Montezemolo, e il Vaticano e se serve pure Fini. Cosa hanno in comune queste persone? Solo Berlusconi!

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Sulla differenza tra il pianto dei bambini italiani e inglesi (e sui cani)

CS_20100304_barking dog2Da quando sto qui in UK ho sentito molto raramente un bambino inglese piangere. Molto raramente. E invece basta tornare in Italia per sentire marmocchi che piangono per qualsiasi cosa: perché cadono, perché vogliono qualcosa, perché i genitori li sgridano ecc.

Se un bambino cade in Italia la madre lo prende a ceffoni, qui in UK non succede nulla. Esatto. Assolutamente nulla. La madre sorride o al massimo lo aiuta a risollevarsi, se non l’ha già fatto di suo. Fango, sporcizia, acqua, pozzanghere, animali, possono toccare qualsiasi cosa senza che il genitore dica qualcosa. Se vuole qualcosa la madre gli parla in modo chiaro e razionale senza sbottare e gliela offre oppure no. Non esistono scenate in strada con bambini che vengono trascinati in giro. Non esistono sculacciate.

Ora, sembrerà non collegato ma vorrei dire qualcosa anche sui cani. Dopo due anni nel mio appartamento ho scoperto di essere circondato da decine di cani nelle case intorno. Ma non li ho mai sentiti abbaiare. In Italia i guaiti notturni sono un classico e ogni volta che si passa di fronte ad un giardino è tutto un abbaiare continuo. Chiunque abbia avuto un cane sa benissimo che il suo abbaiare è spesso correlato al momento di agitazione o alle discussioni in famiglia.

Credo che ci sia una correlazione tra pianto dei bambini, comportamento dei cani e il comportamento british. Semplicemente gli inglesi non vanno in escandescenze, non urlano per la minima cosa, il tono della voce è basso e rispettoso e ad ognuno vengono lasciati il proprio spazio e indipendenza.

Conseguenza di questo atteggiamento è che i bambini vivono in serenità senza un adulto che gli sta sempre appresso e che urla in continuazione, i cani lo stesso sono calmi e non abbaiano. Insomma se i bambini e i cani italiani piangono così tanto è forse a causa della cultura dell’urlo, della voce alta, della continua invadenza nella sfera degli altri individui (siano essi umani o animali). Se fosse così dovremmo trovare una correlazione tra misura dei decibel, paesi di provenienza e livelli di stress. Tipo a Napoli i bambini e i cani dovrebbero essere continuamente in agitazione e con livelli di stress altissimi mentre, che so, a Stoccolma dovremmo trovare i bambini e i cani più calmi del pianeta.

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