“15 milioni di anni fa il pianeta era ricoperto di scimmie antropomorfe.” Questa frase trovata in un articolo del New Scientist mi ha spinto a scrivere questo breve post che volevo scrivere da mesi ma non trovavo l’ispirazione.
Stiamo, forse, lentamente venendo a capo della straordinaria avventura che ci ha portato dopo milioni di anni a quello che siamo, Homo sapiens. Gli ultimi 15 anni hanno visto tali scoperte nel campo della paleoantropologia da far sembrare i duecento anni precedenti come i primi passi di una scienza quasi bambina. Non solo il ritrovamento di tantissime specie nuove nella famiglia degli ominidi ma anche, e soprattutto, una più precisa ricollocazione spazio-temporale di queste. L’uso della genetica sui resti fossili poi ha contribuito e non poco a capire le relazioni tra le specie in questione. Ma partiamo dalla scoperta forse più eclatante: la probabile ibridazione tra Neanderthal e Homo sapiens. Si pensa che tra l’1 e il 4% del DNA delle popolazioni eurasiatiche derivi dall’ibridazione con Neanderthal. La cosa interessante è che le popolazioni subsahariane sembrano non essere state interessate da questa contaminazione. Al contrario si pensa che nell’Africa subsahariana ci sia stata un’altra ibridazione con altri ominidi. Nello stesso tempo in Asia e Oceania vi è stata probabilmente una ibridazione tra H. sapiens e Denisoviani, una nuova specie scoperta in Asia contemporanea di H. sapiens e che ha contribuito al 6% del genoma delle popolazioni odierne della Melanesia e degli aborigeni australiani. H. erectus inoltre era contemporaneo di H. sapiens in Asia.
Ciò che si delinea è un mondo complesso fatto di decine di specie che vivevano l’una affianco all’altra, spesso in pace e accoppiandosi, altre volte competendo per le risorse. Dobbiamo immaginarci un mondo fatto di ominidi che migrano continuamente, che si spostano in base ai cambiamenti climatici e ai movimenti delle prede. Spesso l’incontro tra diverse specie è pacifico e ci si scambiano conoscenze e geni, altre volte è il più forte a vincere e una delle popolazioni soccombe. Forse è questo il segreto dell’H. sapiens: aver incontrato altre specie nate dalla stessa fucina di ominidi dell’Africa orientale con cui scambiare conoscenze e geni. Mi immagino i Nenderthal, i primi europei così esperti nel vivere in condizioni climatiche estreme dopo aver vissuto tante glaciazioni; me li immagino mentre incontrano gli H. erectus ai confini con l’Asia, gli H. sapiens dal medioriente e dal nordafrica; e dal nord i devoniani che però poi si spostano verso sud-est. Deve essere stato un periodo di incredibili scoperte tecnologiche, di scambi culturali o anche solo di popolazioni che dopo aver sterminato gli avversari hanno cercato di copiare le tecniche del nemico appena decimato. E i geni! Frutto di stupri o di vere e proprie alleanze tra specie? E la loro progenie con tutte le caratterstiche delle varie specie. Altro non siamo noi moderni H. sapiens che la progenie di quel crogiuolo di ominidi. E mi piace pensare che le differenze che vediamo nelle più grandi popolazioni odierne, caucasica, mongoloide e negroide, siano il frutto dell’apporto di geni di differenti specie: caucasici con H. neanderthaliensis e forse erectus; asiatici con H. erectus; aborigeni e melanesiani con i denisoviani; e gli uomini dell’Africa subsahariana con specie che non abbiamo ancora scoperto o classificato.
Qualsiasi mito delle origini a cui i moderni umani hanno sempre creduto -che sia il giardino dell’Eden e il mito della costola o qualsiasi altra favola a cui ancora molti credono- è niente in confronto a questo scenario di una bellezza così devastante- così mindblowing!- che ci racconta di una origine così policentrica, così straordinaria. Siamo figli di più padri e più madri di differenti specie e non c’è notizia più bella per un bambino così giovane come l’Homo sapiens.