Archivi del mese: ottobre 2012

Macchine divine

Non so voi ma il video che potete vedere qui sopra mi ha fatto molto pensare e fatto venire i brividi.

Si tratta di un marchingegno fatto di LEGO che attraverso 25 diverse macchine sposta delle palline di plastica da una piattaforma all’altra per poi farle ripartire dal punto di partenza. Eccezionale, direte. Bellissimo e geniale aggiungerei io. Ma c’è qualcos’ altro che stuzzica le mie meningi qua.

Questa è una macchina il cui unico fine è quello di… esistere. Non c’è alcun fine qui se non quello di funzionare. La macchina come fine a se stessa. L’unico fine qui è esterno alla macchina e cioè quello del suo creatore: mostrare che era capace di una cosa straordinaria.

E qui arriva la metafisica e la teologia. Per chi ci crede questa potrebbe essere la più grande dimostrazione della creazione divina. Gli dèi ci hanno creato per… il loro piacere o per dimostrare a se stessi che erano in grado di farlo. Mi spiace citare Prometheus che ho disintegrato recentemente con una recensione ma l’androide David mi aiuta a centrare il punto. “Perché gli uomini mi hanno creato?” chiede l’androide David ad un essere umano. “Perché potevamo farlo.” la risposta.

Questa teologia corrotta, che vede la divinità creatrice come un “ingegnere” annoiato che plasma macchine senza fine mi pare alquanto lovecraftiana ma degna di nota. Meglio di altre teologie come quella cristiana che vedono fini dove secondo me non ce ne sono. Ecco, se fossi religioso potrei credere in un dio del genere che ha creato per noia.

Per chi, come me, non crede nell’intervento divino questa macchina rafforza la mia convinzione che la vita non ha bisogno di fini se non quello di esistere.

E mi ha fatto pensare ad un’altra macchina che assomiglia molto all’essere umano nella sua forma più divina (e con questo intendo sovranimale, straordinaria nel Regno Animale, frutto di una scelta libera dell’individuo), cioè quella del suicidio*, una macchina il cui unico fine è quello di spegnere se stessa.

La chiamano useless machine -la macchina inutile- ma a me “inutile” non piace, sembra quasi un dispregiativo. Forse queste macchine ci dicono più di quanto pensiamo. Sono macchine filosofiche, macchine che ci dicono chi siamo e il nostro posto nell’universo, forse.  Macchine che ci insegnano sulla nostra esistenza più di quanto dei libri scritti da pastori nomadi del deserto hanno fatto migliaia di anni fa. Macchine divine per l’appunto.

*Ma a questo punto se perfino una macchina è capace di suicidarsi l’uomo non è poi così unico allora. Forse anche noi abbiamo un marchingegno interno che se attivato ci porta al suicidio. Dov’è la scelta allora? Vedete: questa macchina che gli ignoranti bollano come “useless” dice tanto sulla nostra natura.

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Latte affare di stato e la superstizione della proprietà intellettuale

Due pezzi che ho scritto di là che potrebbero interessare un po’ tutti, anche quelli che non si rispecchiano nelle mie posizioni filosofiche/politiche:

1) il primo riguarda il latte, un alimento di cui si conosce poco la storia… recente. Un alimento imposto migliaia di anni fa dalle popolazioni nomadi germaniche su altri popoli e ora imposto attraverso le lobby del latte tramite i governi. Una mutazione genetica avvenuta 7000 anni fa in una tribù germanica ha plasmato la cultura e l’alimentazione mondiali indelebilmente.

Una sorta di fenotipo esteso su scala mondiale per un gene che se non fosse mai apparso avrebbe cambiato la nostra alimentazione. Come è possibile che la Sardegna, terra di formaggi, abbia una delle percentuali più alte di intolleranza al latte in Europa? Come è possibile che nei paesi in cui si consuma più latte le fratture da osteoporosi siano più alte?

Un post che vi aprirà anche gli occhi sugli alimenti etno-specifici. Quanto è stata importante la genetica nella scelta di certi cibi per certe popolazioni? Dovremmo forse fare delle diete etno-specifiche? Da leggere.

2) qual è la connessione tra il copyright e una popolazione africana che crede che fare una fotografia di un uomo gli possa rubare l’anima? Un post sulla moderna superstizione.

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Capisci di essere un figlio (o nipote) dell’era digitale quando…

1) Mentre leggi una rivista cartacea “clicchi” col dito su una url automaticamente (successo l’altro mese mentre leggevo New Scientist in pausa pranzo).

2) Mentre leggi un libro in treno ti fermi in galleria pensando che non ci sia “campo” (successo sabato nel treno per Londra).

3) Mentre scrivi su un foglio di carta ti accorgi di voler spostare una frase usando la funzione copia-incolla (questo mi capita spesso!).

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The disappearance of Alice Creed – Breve recensione

Questo film mi è capitato tra le mani per puro caso e sono proprio questi film inaspettati che mi fanno più piacere. Una produzione tutta britannica e un budget ridottissimo per un film che in definitiva si svolge solo all’interno di un appartamento e ha solo tre attori. Uno dei quali è la bellissima, sensualissima Gemma Arterton. Chi conosce le mie recensioni sa bene quanto poco valuti la bellezza di un’attrice per valutare un film ma in questo caso devo fare un’eccezione. Gemma è tra le mie attrici preferite e la considero una delle più belle e brave in circolazione al momento. Per questo film era perfetta e sensuale (nuda per molte scene del film). Eddie Marsan e Martin Compston sono perfetti per la parte e il trio lavora bene assieme. Ottimi attori.

La storia è tanto semplice quanto complessa: due provetti malviventi organizzano il rapimento perfetto fino a quando qualcosa non va storto. Ci sono molti comlpi di scena nel film e non voglio rivelarvi nulla. Se avete tempo e non avete nient’altro da guardare vi consiglio di sedervi in poltrona e gustarvi questo piccolo gioiello britannico, possibilmente in lingua originale.

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Se il papa usa la papamobile blindata ci sarà un motivo

Nel mio recente viaggio in Sud America ho avuto l’occasione di salire su decine di taxi, ognuno con il proprio set di santini, croci, madonnine e braccialetti porta fortuna. Una cosa comune anche in Italia, in effetti. Quello che mi ha fatto pensare di più è stato che tutte le auto avevano questi amuleti per protezione ovviamente. Deve essere che però la divinità raffigurata nelle immaginette non ha alcuna intenzione di proteggere alcune di queste macchine. Infatti, con o senza amuleti, gli incidenti continuano a mietere vittime. Secondo la logica di questa superstizione le auto senza amuleti dovrebbero incidentarsi più di quelle con gli amuleti. Ma è davvero così? Sarebbe interessante fare una analisi statistica degli incidenti e vedere se l’amuleto funziona. Se funziona, be’, altro che airbag! Abbiamo trovato la soluzione per risolvere i problemi di sicurezza stradale. Niente più morti nelle strade. Inoltre sarebbe interessante poter fare un’analisi statistica a livello mondiale e vedere in quale paese ci sono meno incidenti. Se, mettiamo il caso, si tratta dei paesi a prevalenza cattolica allora il dio cattolico ha veramente un potere da non sottovalutare mentre le altre divinità sono deboli o non esistono. Vale anche il contrario ovviamente.

Una volta analizzati i dati, che secondo me saranno negativi, sono due le conclusioni a cui una persona sana di mente e religiosa può arrivare: la mia divinità, che esista o meno, non interviene nella mia vita perché nonostante preghi, tocchi il suo simulacro o baci gli amuleti che la simboleggiano io continuo ad avere incidenti, ad avere il cancro e a vedere le persone care intorno a me morire; la mia divinità sceglie chi salvare o aiutare indipendentemente dalla presenza di un amuleto o del bacio di un piede di una scultura quindi è inutile fare queste cose e forse è meglio concentrarsi su altre cose che la mia divinità può apprezzare. A seconda della religione aiutare il prossimo, sgozzare gli infedeli o pronunciare ohm fino allo svenimento.

D’altronde basterebbe pensare a colui che si crede il rappresentante del dio cristiano in terra. Nonostante vesta amuleti, ciondoli, specchietti e gingilli su tutto il corpo e nonostante si vanti di essere un canale privilegiato con il suo dio viaggia dentro una papamobile coi vetri antiproiettile, è protetto da un esercito di guardie vestite per carnevale e i suoi cecchini sono pronti a proteggerlo in ogni posto dove vada.

Ecco, quello che vorrei consigliarvi è: quando vi accingete ad appendere un pendaglio con una croce, una imaginetta di Padre Pio o una madonnina nella vostra auto, vi prego fermatevi un attimo e pensate: perché il papa nelle sue visite gira nella sua papamobile con i vetri antiproiettile e uno stuolo di guardie del corpo con i cecchini appostati nei palazzi intorno nonostante sia egli stesso un amuleto vivente? Ecco, pensateci e poi ditemi: chi è più intelligente tra voi e il papa?

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I singhiozzi temporali argentini

Eccomi qua dopo un luuuuungo viaggio in Sud America -Argentina e Cile – ed ecco qua le mie impressioni su Buenos Aires, la prima città che ho visitato. Andare in giro per alcuni quartieri di Buenos Aires è un po’ come passeggiare per una città europea. L’architettura è italiana, spagnola, francese, a volte un po’ lusitana per certi particolari seminascosti, un giusto mix. In realtà pare più una città italiana tanti i nomi e le facce sono italiani. Qui si può trovare un po’ di tutto: dalla casalinga di Voghera al commenda di Milano, dal barbiere siciliano al tassista romano, dal commerciante genovese all’imprenditore veneto. La sensazione di passeggiare a Buenos Aires è alquanto strana. Il cervello ti dice che sei in Sud America, un posto esotico agli antipodi, ma è come trovarsi a casa. Quelle facce le conosci, quegli sguardi, quei gesti con le mani, il legame fenotipico che sottintende quello genetico. Stessa razza, stesso paese, una sensazione di appartenenza “razziale” indescrivibile, una sensazione che si può provare solo in un paese fatto di italiani ma non in Italia.

Ma che ci fa un’edicola (un’edicola italiana!) sotto ad un grattacielo in stile newyorkese? E quella FIAT Uno scassata affianco ad una Chrysler tutta nuova? E quel piccolo negozio di alimentari ad un boulevard sudamericano?

A volte le americhe si mischiano con l’Italia in un’amalgama che non ti aspetti. Come se qualcuno avesse preso pezzi d’Italia –mi immagino una storia alternativa in cui l’Italia fascista ha vinto la guerra e ha colonizzato una terra  nell’emisfero australe portando tutto ciò che di italico esiste; oppure l’Italia fascista ha perso la guerra ma gli ultimi fascisti vanno in esilio e rifondano il loro paese in Sud America (ucronie da sviluppare) -e li avesse mischiati, a volte male a volte bene, con l’essenza delle americhe. Una colonia italiana nell’emisfero australe.

Ma non è solo uno shock spaziale, la combinazione di due emisferi terrestri che dovrebbero essere appunto agli antipodi. E’ anche un’interferenza temporale, come quando i vecchi televisori a tubi catodici riuscivano a sovrapporre le immagini e i suoni di due canali diversi. Ma qui non basta un colpo al lato del televisore o una raddrizzata d’antenna a cambiare la sensazione aliena che provo. Dentro a FIAT Uno degli anni 90 ci sono guidatori che maneggiano l’iPhone 4, nella bottega gira una cassetta nel mangianastri mentre un ragazzo si ascolta l’ultima canzone sul suo iPod, nella metro uscita da un documentario sull’URSS pre-caduta muro di Berlino le persone vestono come nella Londra del 2012. Qualcosa non va, manca omogeneità, manca un filo logico, manca un continuum spazio-temporale che il mio cervello possa accettare. Qui in Argentina il tempo si è fermato per alcuni anni per poi riprendere il suo corso e ora cerca di riagganciarsi con difficoltà al mondo odierno. Un hipo, un hiccup, un singhiozzo temporale che lascia sbigottiti. La crisi argentina anche se passata è ancora dentro il tessuto di Buenos Aires e si respira in queste incongruenze temporali.

Non ho molto da dire di “turistico”, mi spiace. I viaggi li vivo in questo modo e quando torno a casa (quale?) ho più domande che risposte. Ma non sono le domande quelle che mi spingono a viaggiare?

p.s.

Potete leggere altri commenti politici ed economici che ho scritto pure qua.

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