“Una portavoce delle Keele University ha rivelato che un sempre maggior numero di laureati rimangono all’università “per dare tempo al mercato del lavoro di migliorare, sperando che un ulteriore titolo di studio li renda più appetibili ai datori di lavoro. Alcuni neo-laureati stanno seppellendo la loro testa nella sabbia in modo da non doversi confrontare con la dura realtà del mondo del lavoro”.”
Da qui.
Non sapevo da dove cominciare per scrivere questo post e questa frase presa da un articolo, suggeritomi da Anna qui, mi ha facilitato di molto la cosa. Quanti di noi/voi si riconoscono in quella frase? In fondo il mondo universitario italiano va avanti così da anni: si fanno una laurea e una specializzazione dopo l’altra sperando che questi pezzi di carta possano magicamente dare più chance di lavoro. E perché succede in Italia (e ora in UK)? Semplice: la domanda è più alta dell’offerta. Ovvero, investireste mai i vostri soldi su un prodotto in un mercato già saturo e per giunta senza domanda? No, ovviamente, e se lo fate siete dei pessimi imprenditori.
Tutto questo per dirvi, cari aspiranti ricercatori dei miei stivali, che i tempi sono cambiati e che è giunto il momento di svegliarsi da un sonno al Valium durato troppo a lungo. Non è più come un tempo, alcune generazioni fa, quando appena usciti dall’università si trovava subito un lavoro. No, oggi TUTTI si laureano, TUTTI hanno un master di qualche tipo, molti fanno il dottorato e solo pochi raccomandati vanno avanti. Se pensate di fare ricerca o addirittura carriera (carriera?! non fatemi ridere e cancellate dal vocabolario questa parola) perché inseguite un sogno coltivato per anni fin da bambini… beh… è ora che affrontiate la verità e smettiate di fare gli struzzi con la testa infilata nella sabbia. So cosa state pensando ora: “Ma io sono bravo, ho grinta, ho voglia di fare, di sacrificarmi!” Com’è che si dice in francese aulico, bullshit? Sì bullshit, stronzate, cretinate che vi ripetete ogni giorno col supporto di parenti e amici per nascondere la triste verità: anni e anni di sacrifici, di testa bassa, di emigrazioni forzate per poi avere cosa? Arrivate alla soglia dei 30 o addirittura 40 anni senza niente, in un paese straniero, senza casa, senza la sicurezza di un lavoro per il futuro, continuando a sperare, a sperare. Chi era quel compagno di classe scemo? Sì dài quello che per poco lo bocciavano. Ah, sì, ha lasciato la scuola, ha trovato lavoro e ora ha casa, macchina e due figli. E tu? Guardati, capelli bianchi si fanno strada sul tuo capo, 25 anni di speranze sopra i libri e una generazione di piccoli wannabe rite-levi-montalcini o charles-darwin ancora tra i libri. Certo tanti e bei libri patinati, guarda che bel dorso, che copertina magnifica, che carta di qualità. Ma davvero si può mangiare con la conoscenza oggi giorno? Se potessi costruire una casa coi libri per mattoni, oh certo, sarei un milionario! E magari fare una famiglia, pagarsi il mutuo. Quanto sarebbe bello!
Fatemi un piacere: se pensate di diventare ricercatori da grandi, dimenticatevelo. Siete nati nel momento sbagliato, come il sottoscritto. Fatevene una ragione. E se avete già intrapreso la carriera (è la carriera sinonimo di vicolo cieco!?) affrettatevi a trovare nuove vie, nuove porte, nuove opportunità. Perché non funziona così: laurea-master-dottorato-lavoro. Nossignore. Dovete avere una cosa fondamentale, oltre alla bravura (ma non è detto che essere bravi sia essenziale), tanto culo. Culo nel trovare un buon lab, una buona annata, un buon prof, buone pubblicazioni, una serie di coincidenze che si devono incastrare alla perfezione. E comunque il discorso di prima non riguarda l’Italia. Italia? Pensavate stessi parlando dell’Italia? Ah, quella neanche l’ho presa in considerazione. L’Italia NON deve esistere nella vostra mente per la ricerca. A meno che non siate pronti a leccare culi, mangiare feci per anni e sperare che qualcuno più in alto crepi. Vabbè, se siete figli di… non è un problema credo.
Mi dispiace dire queste cose, soprattutto per tutti quelli come me, della mia età e più giovani che sono nella mia stessa situazione. Fa più male a me scrivere queste cose che per voi leggerle. Credetemi. Ma se siete intelligenti e svegli, saprete trovare il modo di aprire nuove porte, evitare lunghe specializzazioni. Per noi scienziati non c’è solo la ricerca: esiste il giornalismo scientifico, la consulenza in aziende alimentari, o chimiche, design, produzione e vendita di prodotti scientifici, management in aziende farmaceutiche, lavori governativi ecc. Adattamento, dinamismo, progetti a breve termine: queste sono le parole chiave.