Archivi del mese: settembre 2015

Sulla poliglottia come condizione naturale umana (reloaded)

featured_new_polyglotSo di essere ripetitivo a volte nelle pagine di questo blog ma non mi stancherò mai di far notare come la condizione di monoglottia in cui ci troviamo oggi sia innaturale mentre la poliglottia nella storia umana sia stata la norma (ne ho parlato anche qua). E ancor di più mi viene voglia di sottolinearlo quando sento persone, per lo più intellettuali, dire che l’inglese stia soppiantando le altre lingue. Se pensate che l’inglese stia soppiantando le altre lingue vi sbagliate di grosso e spero che con questo post possiate cambiare idea.

Per prima cosa l’inglese è una lingua franca, ovvero una lingua che viene usata per comunicare tra persone di paesi distanti o che non hanno una lingua in comune. Pensate all’inglese come alla matematica: non importa che siate indiani o peruviani o delle isole Samoa, la lingua franca dei numeri è comprensibile a tutti. E il motivo è semplice: trattasi di uno strumento di comunicazione, uno dei tanti.

Il motivo per cui gli ignoranti si lamentano dell’inglese come lingua distruttrice di altre lingue è che pensano ancora che ad una nazionalità corrisponda una lingua. Quindi, l’uso di una lingua diversa risulta come una sorta di minaccia all’integrità nazionale. Questo concetto di associazione lingua=nazione nasce nell’800 con la nascita degli stati nazione. Prima di questo momento le lingue erano solo strumenti di comunicazione, non solo ed esclusivamente d’identità. Al di là della presenza di imperi nella storia (che facilitano la poliglottia), la poliglottia era già presente quando l’umanità era ancora in fasce. Homo sapiens è una specie nomade che si sposta in gruppi familiari o clan. A causa della sua mobilità e della chiusura genetica dei clan, lo scambio con altri clan o popolazioni è stato essenziale per la nostra evoluzione e sopravvivenza. E per fare questo la comunicazione in altre lingue era essenziale tra tribù diverse, altrimenti non si potevano celebrare matrimoni o alleanze militari. E chissà magari Homo sapiens doveva anche imparare le lingue di Homo neanderthaliensis e erectus, visto che ora sappiamo che condividevano stessi territori ed erano fertili tra di loro. Anzi, mi spingo pure a dire che la capacità di imparare più lingue sia stata selezionata proprio in questa prima fase dell’umanità e se siamo quello che siamo e anche grazie a questa capacità.

Capacità naturale che nazionalismi e fascismi hanno disintegrato nelle ultime generazioni.

Dicevamo quindi che l’inglese è una lingua franca, ovvero non una lingua che sostituisce le altre ma una che aiuta la comunicazione tra popoli diversi. E non è un caso infatti che sia stata adottata dalla scienza proprio per questa sua capacità, come la matematica, di essere franca e universale. Ci sono decine di esempi di lingue franche nella storia e l’inglese è solo l’ultima in ordine di tempo ma non lo sarà per sempre. Pensiamo all’aramaico, una lingua di una tribù ormai scomparsa dell’odierna Siria. L’Aramaico fu adottato da decine di popoli diversi per quasi 1500 anni come lingua franca e come lingua alta per rituali diplomatici e religiosi: dagli assiri ai babilonesi, dagli ebrei ai persiani e perfino in Egitto. La Mesopotamia comunicava con l’Egitto usando aramaico. Parti della Bibbia sono scritte in aramaico e perfino Gesù Cristo parlava aramaico. L’aramaico sopravvisse perfino all’avvento di Alessandro Magno e alla sua Ellenizzazione. La lingua veniva usata da diplomatici, sacerdoti, soldati e commercianti. All’epoca queste categorie erano tutte poliglotte, alcune perfino capaci di parlare 3 o 4 lingue. Quando Alessandro invase il Medio Oriente si arrivò ad un punto in cui un individuo istruito poteva parlare aramaico, accadico, koiné (greco), persiano e se facente parte di minoranze etniche curdo o ebraico. E tutto questo senza scuole pubbliche, corsi settimanali comprati in edicola o internet. Semplicemente la presenza di un impero cosmopolita e l’assenza del concetto di stato-nazione e soprattutto di uno stato-nazione che forza i bambini ad imparare una sola e sacra lingua creano le condizioni naturali per la poliglottia.

Sappiamo poi che durante l’impero romano un barbaro istruito della Gallia aveva accesso ad almeno tre lingue: latino, greco e gallico. E se, come era normale per un ufficiale dell’esercito, veniva pure spedito in Siria doveva imparare pure l’aramaico. Per poi andare in pensione magari in Illiria dove l’imperatore gli aveva donato delle terre da coltivare come premio.

Per guardare ad esempi più vicini a noi vediamo al francese, lingua franca per eccellenza della diplomazia fino alla Seconda Guerra Mondiale. Nonostante lo sia stata per piu di duecento anni non ha soppiantato nessuna altra lingua europea. Se non si conosceva la lingua franca non si poteva comunicare tra europei, fare affari, viaggi diplomatici, parlare di letteratura, musica, arte e scienza. In poche parole se non si sapeva francese si era parte della gleba, contadini senza alcuna istruzione o possibilità di scalata sociale. E così come allora oggi accade con l’inglese. Chi non sa l’inglese oggi nel 2015 è come un contadino del 1800, non importa quanto istruito o con quante lauree. Sarà destinato all’oblio e a vivere fuori dalla storia. Ma al contrario di quel contadino ognuno di noi ha la possibilità di imparare le lingue franche oggi quasi gratis. Basterebbe buttare nel cesso quell’orgoglio provinciale ed eliminare quei confini mentali che ci sono stati imposti fin dalla nascita.

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Scacco matto

Ma quanto sono cretini gli americani. Pensano di giocare a Risiko seduti sui loro scranni d’oltreoceano. Non hanno alcuna idea di cosa sia il mondo, di chi sia diverso da loro. Continuano con la loro stupida ricetta del cambio di regime, del supporto di ribelli e della fantapolitica del tutti contro tutti:

[… ]gli USA stanno combattendo contro la Siria alleata di Iran, Hezbollah e Russia, la quale è nemica dello Stato Islamico (ISIS) il quale è una creazione, insieme ad Al Nusra e Al Qaeda, dell’Arabia Saudita e del Qatar con lo zampino della Turchia, i quali sono tutti alleati degli USA, tutti nemici giurati dell’Iran con cui gli USA sta facendo un accordo sul nucleare (con la partecipazione della Russia, la quale sta combattendo per il controllo dell’Ucraina contro USA e UE, quest’ultima partner commerciale della Russia) e che è alleato del governo iraqeno, a sua volta alleato degli USA contro l’ISIS… (il resto continua qui).

Non contenti del casino che hanno creato hanno stuzzicato per anni l’orso russo spostandosi sempre piu a Est con la NATO, in territorio della sfera d’influenza russa. Negli ultimi anni hanno perso parte della Georgia, parte dell’Ucraina devastata da guerra civile, embargo russo e debito pubblico e ora la Siria. Putin gliela sta facendo sotto il naso. Si e’ mosso immediatamente appena l’alleato Assad stava per cadere definitivamente. Ha rafforzato l’asse Iran, Siria, Iraq sciita, Hezbollah, l’unico fronte contro la barbarie sunnita salafita finanziata da Arabia Saudita, Qatar e Turchia e  benedetta da Israele. Non solo ma nelle ultime settimane ha invitato Netanhau e Erdogan a Mosca spostando la sfera d’influenza russa ancora piu in Medio Oriente. A Israele ha promesso che coordinera’ i movimenti di truppe in Siria per evitare contrasti con l’IDF e a Erdogan che costruira’ questo famoso Turkish gas stream che arrivera’ fino in Grecia portando ancora di piu nella sua orbita il piccolo stato europeo. Inoltre ha incominciato a condividere informazioni di intelligence tra Iran, Siria e Iraq creando de facto la prima vera alleanza anti-ISIS che possa funzionare. In tutto questo hanno spinto la Russia nelle braccia della Cina, che normalmente si e’ sempre tenuta in disparte in questi giochi geopolitici.

Putin fa scacco matto e Obama sta a guardare il suo impero che crolla.

Bonus: nel frattempo i francesi, non contenti del casino che hanno creato in Libia, oggi hanno bombardato l’ISIS cosi tanto per dire che esistono. L’invidia francese non ha limiti.

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Tutte le abilità umane in un’unica persona

antColonyCoopQuante volte abbiamo sentito frasi del tipo: “Ha un dono naturale per X.”; “Ha un talento naturale.”; “La X abilità scorre nella sua famiglia.” ; “Sono nato per X.”

Ebbene secondo me c’è del vero in affermazioni del genere e vi spiegherò perché. Come Edward Wilson ha recentemente suggerito Homo sapiens dovrebbe essere considerata una specie eusociale, ovvero una specie superorganismo con il più alto grado di socialità che consiste nella divisione del lavoro e nella crescita dei piccoli in maniera comunale. Come tutti gli animali eusociali (api, formiche, eterocefali glabri ecc.) infatti anche negli uomini possiamo discernere varie “caste”, tra queste: leader, militare, fabbro/scienziato, insegnante, operaio ecc. Negli insetti eusociali come api e formiche la casta è decisa da una serie di variabili interne alla colonia, le quali poi spingono la regina a “creare” un certo numero di individui per un certo ruolo (in alcune specie si tratta addirittura di cloni). La regina di un nido di formiche per esempio fa questo a poche ore dalla deposizione delle uova. Se per esempio il numero di operaie maggiori è sceso la regina dà precise istruzioni alle operaie minori attraverso la produzione di feromoni per dare un particolare nutrimento alle larve cosi da compensare il livello troppo basso di una casta. A seconda del nutrimento e ad altri fattori (temperatura, età della colonia ecc.) le larve possono essere destinate a diverse caste. Il genotipo è quasi identico (nelle specie per riproduzione sessuata sono sorelle con il 75% o più di DNA in comune) o perfino identico (in quelle che si riproducono per partenogenesi) per tutte le caste ma lo sviluppo fenotipico dipende dalle decisioni prese dalla regina.

La mia ipotesi è che cosi come gli insetti eusociali sono totipotenti nello sviluppo castale, così lo sono pure gli umani. Ognuno di noi ha il talento per diventare un soldato, un costruttore/creatore, un leader, un artista, un religioso/veggente, un genitore ecc. Questo “talento” è scritto nei geni e le capacità che fanno un soldato quello che è (tribalismo, aggressività, istinto protettivo nei confronti del territorio, sottomissione ai leader ecc.) derivano dalla combinazione di centinaia di geni diversi. Geni che controllano sviluppo fisiologico e quantità di neurotrasmettitori, ormoni ecc. Ognuno di noi ha questi geni ma solo in alcuni questi vengono accesi e creano la combinazione necessaria per creare la casta. Queste caratteristiche vengono spesso attivate o rinforzate dall’ambiente (epigenetica) ma al contrario delle formiche non tutti riescono ad attivare tutti i geni. Questa totipotenza è appunto solo in potenza: tutti sono in grado di guidare un auto ma solo alcuni eccellono nel farlo. Ed ecco che entra in gioco l’eredità familiare, ovvero certi talenti si trasmettono di padre in figlio. Un giusto mix tra genetica e ambiente.

Certo molti di noi passano di mestiere in mestiere e ci pare che si possa diventare tutto ciò che si voglia (la solita storia che ci viene ripetuta del “puoi essere tutto quello che vuoi”) ma in realtà alcuni sono dotati per alcune cose che possono andare bene in diversi lavori dandoci l’illusione che chiunque possa fare qualsiasi lavoro se solo lo vuole: si può essere creativi nel coltivare l’orto ma anche nell’inventare un nuovo motore a reazione; si può essere leader in una comunità religiosa ma anche all’interno di una squadra di calcio ecc. Ma si nasce creativi, si nasce leader, si nasce creatori/costruttori e spesso non ci si rende conto di sprecare il proprio talento in lavori che nulla hanno a che fare con la propria predisposizione. Ora la prova che comunque siamo totipotenti e che queste caratteristiche vengano guidate anche da fattori esterni come la società ce l’abbiamo sotto il naso ogni giorno. Avete mai notato che non importa in quale gruppo voi siate ci sarà sempre un leader che prenderà il comando, uno che spalleggia il leader, un creativo e una varietà di altri ruoli tra cui i sottomessi. Prendete dieci bambini che in classe sono sottomessi dai maschi alfa, vittime di bullismo ogni giorno, e metteteli in un’altra classe. Giorno dopo giorno questo gruppo di sottomessi ricreerà le stesse condizioni di cui erano vittime. Uno o due di loro prenderanno le redini del comando come leader nonostante niente lasciasse ad intendere che avessero questa capacità. (Ho visto questo coi miei occhi tra gruppi di adolescenti nerd e sono rimasto shockato dalla capacita umana di certe vittime di diventare torturatori ma ora sto prendendo la tangente). Il superorganismo necessita anche in piccolo di una serie di divisioni castali per poter funzionare come gruppo.

All’interno di un gruppo le persone compensano certi tratti per formare una società in miniatura allo stesso modo di come la regina delle formiche compensava i numeri delle varie caste. Oppure persone caute ma che in presenza di persone altrettanto o più caute diventano risk-taker. In ognuno di noi c’è il soldato, il prete, il leader, il genitore, l’insegnante ma solo una combinazione di geni attivati, secrezione ormonale, sviluppo fisiologico e ambiente ci permette di eccellere in uno o più di questi talenti/mestieri. E il libero arbitrio allora? Pensate a questo: se davvero il vostro carattere cambia a seconda del gruppo per riequilibrare gli scompensi, come la perdita di un leader o l’assenza di un carattere creativo, allora che libertà di decisione abbiamo nella nostra vita? Siamo servi del superorganismo, strumenti nelle mani dell’eusocialità. Forse il libero arbitrio esiste solo nella solitudine della nostra stanza. Siamo quell’essere così speciale di cui tanto ci vantiamo solo quando non siamo circondati dai nostri consimili.

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Sulle piume del T-Rex e il Technicolor dell’antichità classica

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Jurassic World è uscito da poco nelle sale di tutto il mondo attirando subito critiche su critiche dal mondo scientifico (al di là dei soliti eccessi tipici da blockbuster hollywoodiano). Mentre la maggior parte del mondo si chiedeva come fosse possibile per una donna correre nella jungla per chilometri con tacchi a spillo, i paleontologi si chiedevano come fosse possibile nel 2015 rappresentare alcuni dinosauri (T-Rex e Velociraptor) senza piume. Il primo Jurassic Park fu rivoluzionario sia per il cinema che per la popolarizzazione dei dinosauri. Una pietra miliare del cinema e della paleontologia. Finalmente i dinosauri venivano rappresentati come animali a sangue caldo, attivi, intelligenti, dinamici e come i progenitori degli uccelli moderni (oggi sappiamo che la cosa è più complicata di quello che si pensava allora tanto che oggi ci si chiede qual è il confine tra essere dinosauro e uccello e se alla fine non stiamo parlando della stessa cosa).

Jurassic World al contrario è stata una vittoria dell’abitudine sulla novità e sull’accuratezza scientifica. Si è deciso di non aggiornare l’immagine dei dinosauri iconici con l’aggiunta di piume perché questo è quello che il pubblico si aspetta da un dinosauro. Il solito mostro rettiloide squamato, non un progenitore di un pollo. Da qualche parte ho letto commenti come: “Il pubblico non è ancora pronto per i dinosauri piumati.” Ricordatevi questa frase perché ritorna fra un po’.

E ora arriva la parte sull’antichità classica. Per secoli ci siamo immaginati le antiche Roma e Grecia come luoghi adornati di un bianco813266302148042132 candido. Statue greche pallide dagli occhi vuoti, colonne dei templi svettanti al cielo come bianche dita marmoree. La realtà invece è ben più complessa e oggi sappiamo che tutte le sculture e quasi tutti gli edifici pubblici classici erano dipinte. E i colori erano incredibilmente brillanti e gli antichi spendevano una quantità incredibile di soldi ed energie per avere le basi per i colori più rari e stravaganti: dall’Afghanistan all’Egitto, dalla Spagna a Cipro, il mercato delle basi cromatiche era uno dei più fiorenti dell’antichità. Gli antichi sceglievano il marmo non per il suo colore bianco ma per la possibilità di creare superfici lisce e non porose. Altri tipi di pietre infatti sono incredibilmente porose e assorbenti e non sarebbero forse state adatte per la pittura. Gli occhi delle sculture classiche sembrano quelli di ciechi, vuoti, senza pupille. Il motivo era che le pupille venivano dipinte. Fu il Rinascimento a ricreare il mondo antico in modo sbagliato e noi siamo eredi di quell’errore di interpretazione. E paradossalmente furono proprio i rinascimentali ad essere stati ad un passo dal capirlo: Michelangelo scolpisce le pupille del David perche si rende conto che copiare i classici avrebbe reso la sua scultura con lo sguardo vuoto.

true-colors-of-greek-statues-4Per noi abituati all’austerità e semplicità del mondo classico come un mondo bianco e asettico, puro e incontaminato, però tutta questa orgia di colori pare eccessiva e per certi versi pacchiana, oggi si direbbe kitsch. Eppure sarebbe stato facile dedurre tutto questo se non avessimo posto uno spartiacque ideologico tra l’arte e architettura pagane e quelle cristiane. Sarebbe bastato infatti andare a vedere di quanti colori le statue dei santi cristiani venivano e vengono adornate oggi per renderci conto che la verità si trovava ad un palmo dal nostro naso. Gli artisti e le maestranze del mondo pagano infatti non sono state eliminate da un giorno all’altro dopo l’avvento del cristianesimo nell’Impero Romano. La cosa è stata graduale e tecniche e simbologia sono stati passati da una religione all’altra senza soluzione di continuità.

Cosi come con i dinosauri anche per le sculture classiche avremmo potuto sospettare la verità semplicemente guardando agli eredi odierni. In un certo senso faceva comodo distinguere tra l’arte precristiana e quella cristiana in termini cromatici per evidenziare lo spartiacque tra un mondo e l’altro. E fa comodo distinguere i dinosauri dagli uccelli per lo stesso motivo: un meteorite ha distrutto tutto e ha fatto da spartiacque e lo stesso vale per l’avvento del Cristianesimo, un meteorite che ha cancellato la cultura classica. Ma la cosa è ben più complessa sia per i dinosauri che per il mondo classico. E’ vero sono stati due meteoriti a finire questi due mondi ma il cambiamento da un mondo all’altro è durato migliaia di anni nel primo caso e centinaia di anni nel secondo; anzi per alcuni siamo ancora vivendo in un mondo postclassico, tanto che molti vedono il cattolicesimo come una semplice evoluzione del paganesimo classico ibridato con l’ebraismo e i culti misterici orientali.article-1305025-0ADF09D9000005DC-279_634x606

E, come con i dinosauri piumati, ho sentito la stessa frase ripetuta meccanicamente (l’ultima volta in un documentario della BBC): “Il pubblico non è ancora pronto per le sculture dipinte classiche”. Quanti musei naturali rappresentano i dinosauri con le piume e quanti musei archeologici le sculture classiche con i colori? Quasi nessuno.

Sembra che una volta che la mente umana si sia abituata ad un accostamento storico, ideologico, iconografico non si possa cambiare. E gli studiosi sembra che preferiscano tenere all’oscuro il pubblico per evitare lo shock collettivo. Ma che cosa davvero potrebbe succedere se dovessimo introdurre queste verita’ al grande pubblico? Rivoluzioni? Isterie collettive? Suicidi di massa? Non credo.

La domanda quindi è: siamo pronti ad accettare i dinosauri piumati come i polli e le sculture classiche come i santi cattolici delle sagre paesane?

 

 

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