Basta un libro per riallacciarti ad un periodo della tua vita che pensavi morto e sepolto? Sfogliare pagine e pagine di uno che alla fine non hai mai conosciuto ma che riesce a farti rivivere episodi e emozioni di quindici anni prima? Domande retoriche ovviamente perché sto parlando de La stanza profonda di Vanni Santoni, autore che non avevo mai letto prima ma che sicuramente d’ora in poi seguirò. Avevo rimosso (forse rimuovere non è il verbo giusto perché se sono quello che sono oggi è anche grazie a quella “stanza profonda”) una parte della mia adolescenza pensando che fosse stata una parentesi bellissima ma di poca importanza nell’economia dell’universo e invece mi rendo conto che il presente come lo conosciamo oggi non esisterebbe senza quei milioni di ragazzi che si incontravano in milioni di stanze profonde. Di cosa parlo? Ma dei giochi di Ruolo (GdR) ovviamente e della sottocultura che hanno generato.
C’era un tempo in cui vestirsi da elfo o mago del Signore degli Anelli, abbonarsi a Netflix solo per vedere Stranger things, comprarsi tutti i volumi del Trono di Spade, leggere manga e fumetti, apparire come uno dei protagonisti di Big Bang Theory (tutte cose che oggi sono considerate mainstream e pop) era considerato scandaloso. Da parte dei tuoi coetanei, da parte delle famiglie e dalla società tutta. Significava essere strani, asociali, fuori dalla norma, infantili, ostracizzati. Ti venivano affibbiati decine di appellativi tra cui perfino satanista. “Ma stai ancora a giocare alla tua età?” Era la domanda che ci veniva fatta continuamente alle stesse persone che oggi sui loro Instagram postano selfie di loro stessi di fronte alle sagome dei protagonisti del Signore degli Anelli all’entrata del cinema. Dalla stessa gente che oggi si compra l’edizione limitata del Trono di Spade e ne fa sfoggio su Twitter.
Ecco, Santoni ci porta indietro nel tempo e fa giustizia a milioni di persone come me che hanno avuto la fortuna di vivere in quel periodo meraviglioso tra fine anni 80-90 e inizio 2000 in cui si giocava ancora a Dungeons & Dragons – di videogiochi c’erano solo quelli arcade del Commodore 64 e poi dei primi PC. Noi infarciti di cultura anni 80 che proiettavamo nelle nostre avventure settimanali, mentre gli altri ragazzi “normali” facevano cose “normali” come andare a giocare a calcio o a fare le vasche della via principale nella speranza di abbordare qualche ragazza. La Stanza Profonda è la dimostrazione che ancora nel 2017 esiste una comunità di giocatori orfana di quel periodo magico. Siamo milioni di persone in tutto il mondo che abbiamo condiviso un sogno senza renderci conto di essere stati la testa di ponte di una rivoluzione nella cultura pop che ha forgiato letteralmente il mondo dell’immaginario del presente. Tutta la cultura mainstream odierna tra trilogie fantasy, Jon Snow e bionde khaleesi, perfino Harry Potter, le trasposizioni cinematografiche di anime e manga, la rinascita di Star Wars, il revival anni 80 di certe opere cinematografiche come Stranger Things (chissà se tutti quelli che consideravano i nostri giochi come infantili quando hanno visto i protagonisti di Stranger Things hanno riconosciuto Dungeons & Dragons); tutto questo infatti è figlio di autori, scrittori e registi che ora, adulti, hanno potuto raccontare ciò che hanno sognato quando da ragazzini giocavano nella Stanza Profonda.
Per chi non lo avesse letto La Stanza Profonda di Santoni racconta di un gruppo di amici della provincia toscana che si riunivano nello scantinato di uno dei protagonisti da adolescenti e poi dopo da adulti. Un po’ autobiografia, un po’ fiction il libro ci racconta nel dettaglio cosa passava nella testa di quei ragazzi di quel periodo e tutte le difficoltà che incontravano nella società. Dal cercare di spiegare cosa fosse un gioco di ruolo ai profani (cioè il 99% della popolazione) con frasi tipo “E’ come teatro!” alle infinite discussioni per la sua definizione: “E’ un gioco dove nessuno vince, o meglio tutti vincono.”. Dall’evitare di parlarne di fronte alle ragazze perché ti avrebbero ostracizzato a vita – a quell’età le ragazzine sanno essere incredibilmente crudeli nei loro giudizi e nella loro selezione dei partner. Uscire con un giocatore di ruolo era come per un appartenente alla casta più alta indiana uscire con gli intoccabili della casta più bassa. Cose veramente incredibili da credere nel 2017, l’anno della rivincita dei nerd.
Il libro si divide in due tronconi principali, la parte adolescenziale vera e propria e quella adulta. Nell’adulta i protagonisti cercano di ricucire con il passato, un passato che è stato spezzato senza possibilità di trovare un finale degno, in inglese si direbbe “trying to find a closure”. Il motivo? Semplicemente la crescita dall’adolescenza delle scuole superiori all’università/lavoro. Nel frattempo fidanzate, poi mogli e poi bambini e carriere lavorative e mutui. Insomma la vita adulta. E qui sorge il dilemma del libro: come si fa a ricucire da adulti con quel periodo fantastico in cui non si avevano responsabilità e legami familiari? Mentre il romanzo svolge il suo corso si accenna ad uno dei figli dei protagonisti che rimane incuriosito dai dadi e dalle schede personaggio. E allora li’ ti rendi conto che forse è impossibile tornare a quel passato, riuscire a far riunire tutti gli amici ora sparsi per il globo e con mille problemi in quella stanza profonda. Ma si può fare altro: si può crescere una nuova generazione ad apprezzare quel mondo. La Stanza Profonda mi ha insegnato che il futuro dei giochi di ruolo non è nel ricucire col o riprodurre il proprio passato ma con il trasmettere la propria passione a chi verrà, ai propri figli. E non mi sembra poco.