Archivi del mese: dicembre 2012

1982: l’anno più fantascientifico della storia

Mentre mi chiedevo se quello appena passato fosse stato uno degli anni più fantascientifici della storia del cinema (sono uscite decine di titoli, alcuni buoni altri mediocri) mi sono imbattuto in questo video del 1982. E mi sono dovuto ricredere: fu sicuramente il 1982 l’anno più fantascientifico della storia!

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My name is Josiah Schmidt, and I am once again an atheist.

Leggere questo post è stata un’esperienza struggente. Consiglio vivamente anche se un po’ lungo. La prima frase poi è mind-blowing:

“My name is Josiah Schmidt, and I am once again an atheist.”

“Il mio nome è Josiah Schmidt e sono di nuovo un ateo.”

Quel “once again” mi ha sorpreso e forse mi ha fatto incuriosire. Pensavo intendesse che prima era un non credente, poi avesse scelto di abbracciare una religione e poi di nuovo diventare non credente. E in un certo senso è proprio quello che è successo:

“I have very few memories of my earliest childhood, but they are good ones.  I had no worries, no fears, no thoughts of heaven or hell, no concept of God or sin, no particular theology or eschatology or worldview. I remember sitting on the beach, throwing pink and green pebbles into the sea, thinking about saving the really cool looking ones to show my mom. I remember rolling around in our backyard garden and marveling at the whole world hidden in the grass and in the bark of the trees—insects, caterpillars, birds, and frogs. I remember sitting at a coffee table for hours on end, doodling whatever scenes popped into my mind, whether they were characters from television shows I had seen or they were completely from my own imagination. In this time, I never consciously believed in a god.  I never had any reason to. I had never seen a god before.  In my mind, gods were on the same par as the cartoon characters I watched on TV, or the Disney characters I saw in my coloring books.  They were characters in stories I heard in Sunday School.  At this young age, I was not a theist in regards to religion, any more than I was a dualist in regards to epistemology, or a Keynesian in regards to economics.  I was not a theist.  Therefore, I was an atheist.  And I was happy, fulfilled, and without worry.” (traduzione).

Nonostante oggi ci identifichiamo come cristiani, buddisti, musulmani, atei o hindu abbiamo tutti un passato comune: siamo stati tutti non credenti. Ed eravamo felici, spensierati, innocenti ma soprattutto non avevamo alcun bisogno di un dio sovranaturale. Avevamo i nostri genitori che consideravamo infallibili, i nostri creatori e protettori. E questo ci bastava. Non importa che alcune religioni impongano l’iscrizione al loro club con acqua santa, tagli di prepuzi e altri riti tribali fin da neonati. Quell’acqua o quel pisello menomato potranno significare qualcosa per i vostri genitori ma non per voi che vivrete nella beata ignoranza di un mondo senza divinità. Nessuno vi aveva mai additato a disperati senzadio. Tornare non credenti è come tornare bambini. Once again.

Ma non preoccupatevi, anche senza un dio personale si può vivere “dedicando la propria vita ad apprezzare la bellezza, imparare la verità, aiutare gli altri e trasmettere l’amore agli altri.”

“However, when I die, if I find that my consciousness still somehow persists, and I find that I was mistaken—that one or more deities do exist after all, and that I should have believed in a deity despite the lack of evidence—I will accept whatever fate I am assigned, and I shall take happy solace in the fact that my time on earth was well-spent: devoted to appreciating beauty, learning truth, helping others, and passing on love.” (traduzione).

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Una Londra post-cristiana

Sono stati pubblicati i risultati del censimento 2011 nel Regno Unito e ci sarebbe da scrivere milioni di saggi sul cambiamento della società inglese negli ultimi dieci anni. Un cambiamento che ho in parte sperimentato. Credo che la società britannica sia quella tra le più dinamiche nella storia dell’umanità. Nonostante il superficiale attacamento a certe tradizioni i britannici sono in grado di assorbire praticamente tutto dall’estero: dalla gastronomia al linguaggio, dall’abbigliamento alle abitudini ecc. Credo che questa sia la grande forza di questo paese: assorbire quello che piace o conviene e renderlo “britannico”, tanto che proprio dal censimento si evince che molte minoranze etniche, soprattutto asiatiche, si considerano a pieno diritto britanniche.

Mi ha colpito molto un’espressione che è stata usata spesso qui nei media nei giorni scorsi: società post-cristiana. In effetti il Regno, una volta baluardo della cristianità dell’impero più vasto e potente della storia, ora pare un melting pot di varie credenze ma soprattutto non credenze. Infatti il dato più incredibile è sicuramente l’aumento dei non credenti passato dal 15 al 25% in dieci anni con aree come il Galles dove più di un terzo è non credente. Più del 7% delle persone non hanno espresso alcuna affiliazione né hanno detto di essere non credenti. Questo 7% può essere considerato quindi un segno di totale disinteresse sulla questione e quindi più vicino al campo della non credenza facendo salire la percentuale a più del 30%. Altro 9% per altre religioni tra cui un 5% di musulmani che crescono notevolmente. Il cristianesimo diminuisce sempre di più fino a toccare il record minimo del 59%. Il calo del cristianesimo è stato mitigato dalla massiccia emigrazione di polacchi (passati in dieci anni da 57,000 a 550,000), rumeni e bulgari.

In particolare a Londra troviamo che su 8.2 milioni di abitanti solo il 48% si considera cristiano, il 12% musulmano, 5% hindu, 2% ebreo e buddista e il 20% è non credente (1.7 milioni di persone); altre 700,000 persone non hanno risposto facendo crescere il numero di non credenti o non interessati all’argomento a 2,4 milioni di persone, quasi un quarto dell’intera città. Se il trend di ritorno di polacchi verso la madre patria degli ultimi due anni dovesse continuare il numero di cristiani (cattolici) nella capitale (dove sono più presenti) dovrebbe crollare ancora di più.

La crescita quindi più consistente nel Regno è quella dei non credenti seguita da musulmani e hindu. Questo ci dice che la non credenza è una scelta degli individui e non è legata alla famiglia di appartenenza. Infatti non sarebbe possibile attribuire questa crescita solo al semplice cambio di generazione visto che il censimento è fatto ogni dieci anni e l’età minima per compilarlo è 18. Quindi ci troviamo di fronte a delle persone che negli ultimi dieci anni hanno abbandonato una religione (presumibilmente il cristianesimo) per non adottarne alcuna. E’ la minoranza più consistente e con la crescita più veloce nel Regno. Se questo trend dovesse continuare potremmo sicuramente aspettarci nel 2021 un 40-50% di non credenti, mentre per le altre religioni dipenderà dalla fecondità dei gruppi etnici e molto meno dalle conversioni intrareligiose che sono molto rare.

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Quando il tuo sogno è diretto da due cervelli

Prima di parlarvi del mio dilemma quotidiano vi racconto il sogno che ho avuto l’altra notte:

Un amico mi viene a trovare in Inghilterra e lo porto a spasso per la città. Mentre vaghiamo tra i vicoli stranamente pieni di negozi di fossili (?) vedo un ragazzo che cavalca un essere stranissimo. Sembra un enorme alano ma con le zampe di una gazzella, il pelo rosso lungo come quello di uno yak e il muso lungo e tubolare come di un formichiere. Rimango shockato dall’apparizione e incuriosito lo seguo. Lo perdo più volte com’è tipico dei sogni per poi ritrovarlo e prima che scompaia di nuovo mi metto a correre e grido al mio amico di preparare la macchina fotografica per immortalarlo. La corsa mi porta in una strada più larga e di fronte ad un palazzo vittoriano, simile a certi college di Oxford, noto una folla di ragazzi. Il pubblico si trova sopra delle scalinate in pietra che portano all’entrata di questo palazzo mentre la vera attrazione sono dei ragazzi sul cortile e in strada che cavalcano bestiole simili a quella che ho rincorso prima, questa volta di colore bianco. I ragazzi che le cavalcano sono vestiti eleganti e le ragazze hanno dei vestiti bianchi simili a quelli che un tempo si usavano per la Prima Comunione. Hanno pure delle ghirlande di fiori che mi ricordano la festa di Santa Lucia che si festeggia in Svezia. Mi avvicino ad un ragazzo del pubblico che sta fumando una sigaretta e gli chiedo in inglese: “Cosa stanno cavalcando?”. Il tipo mi risponde sempre in inglese che sono cani molto speciali. C’è una pausa e poi mi chiede se sono della polizia, gli chiedo perché poi come se avesse capito all’istante che non lo ero mi dice avvicinandosi a me: “Sono speciali anche per altri motivi. Li usano per trasportare sotto il pelo… cose.” E mi indica sorridendo la sigaretta. Capisco che intendeva marijuana.

“Ah.” faccio io e scendo le scale per ricongiugermi con il mio amico quando mi sento strattonare al colletto. Mi giro e una donna, un genitore dei ragazzini, mi dice: “Chi ti ha mandato qui? Cosa hai chiesto prima a quel ragazzo?”

“Niente!” faccio io e cerco di divincolarmi. “No tu resti qui con me.” E vedo che si gira per chiamare qualcun’altro. Capisco di essere nei guai per un malinteso ma non riesco a fuggire. Ad un certo punto sentiamo un’esplosione da dentro il palazzo e la donna mi lascia per salire le scale borbottando qualcosa su un complotto ai suoi danni.

***

Il sogno finisce qui. Niente di che, ne ho fatto di migliori. Quello che mi ha sconvolto di questo ma anche di altri sogni e il fatto che mi sento come dire… sdoppiato. Non come attore del sogno ma come regista. Mi sono sorte queste domande:

1) come fa il mio cervello a nascondermi i pensieri degli altri attori se sono io stesso a creare gli attori e i loro pensieri?

2) come potevo essere così sorpreso dall’atteggiamento della donna se io stesso l’avevo creata?

3) i personaggi mi danno risposte alle mie domande come fossero indipendenti dal mio pensiero. Cioè non sono dei doppioni del mio carattere o alter ego ma veri e propri attori con personalità diverse e opposte alle mie.

Sono giunto alla conclusione che mentre sognamo ci sono diversi registi, diverse parti del cervello che non comunicano tra di loro ma che interagiscono per creare una scena credibile. Ci sono compartimenti stagni, moduli a cui abbiamo poco controllo che si aprono per creare storie avolte logiche e coerenti a volte fantastiche e incredibili.

Trovo sconvolgente che giratomi di spalle un attore del mio sogno mi abbia preso per la collottola e io ne fossi sorpreso e che mi abbia detto cose di cui non sospettassi nulla. Non vi è mai capitato nulla del genere? E come ve lo spiegate?

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Divisione del lavoro- differenze tra cultura anglosassone e mediterranea

ludwig_von_mises_poster_2009-p228318981584473913qzz0_400Se c’è una cosa che la filosofia libertaria mi ha insegnato è che la divisione del lavoro è “one of the great basic principles of cosmic becoming and evolutionary change.”, nelle parole di Mises.

Quando nella società umana i singoli individui si sono specializzati in un lavoro e hanno capito che questo rendeva la società più produttiva, quello è stato il momento in cui si è passati dal “buon selvaggio” alla civilizzazione. Questa divisione dei compiti all’interno della società parte da alcune basi biologiche e geografiche/naturali importanti: non siamo tutti uguali e le risorse non sono equamente distribuite sul pianeta. Se fossimo tutti uguali e le risorse fossero equamente distribuite sul pianeta non ci sarebbe interazione, né mercato quindi neanche bisogno di una società. Tutti sarebbero autosufficienti e vivremmo come eremiti. O come Mises dice su Human Action:

“If and as far as labor under the division of labor is more productive than isolated labor, and if and as far as man is able to realize this fact, human action itself tends toward cooperation and association; man becomes a social being not in sacrificing his own concerns for the sake of a mythical Moloch, society, but in aiming at an improvement in his own welfare. Experience teaches that this condition — higher productivity achieved under the division of labor — is present because its cause — the inborn inequality of men and the inequality in the geographical distribution of the natural factors of production — is real. Thus we are in a position to comprehend the course of social evolution.”

Questo mi serve da spunto per un argomento che mi sta a cuore: la differenza tra cultura anglosassone e mediterranea. Per anni ho pensato quale fosse il segreto dell’efficienza anglosassone nel mercato globalizzato e forse credo di aver capito qualcosa. Forse.

Prendiamo una tipica azienda italiana medio-piccola. C’è il proprietario, poi ci sono i dipendenti. Ma c’è anche un’altra cosa di mezzo: la famiglia. L’azienda tipica italiana è fatta di padre, moglie e figli. Spesso questi familiari hanno le conoscenze adatte per far andare avanti l’azienda, altre volte no. La moglie che risponde al telefono, fa i conti dell’azienda, impacchetta le cose ecc. Segretaria, commercialista, dipendente ecc. Il figlio che smanetta sul computer fa il marketing casereccio, fa il dipendente, impacchetta ecc. Marketing, IT, dipendente, operaio ecc. Il proprietario ancora peggio: ordini delle commesse, lavoro manuale, conti ecc. E così via con tutto il resto di parenti e amici. La cosa funziona anche se la famiglia non è inclusa nell’azienda: stesso tipo di struttura anche con perfetti sconosciuti.

La cosa funziona così: tutti devono essere in grado fare tutto e tutti devono avere il tempo di fare un po’ di tutto. In questa tipica azienda italiana, ma anche mediterranea, non esiste divisione del lavoro efficiente. Non esistono squadre, team, manager di un dipartimento. Non esistono responsabili, non esistono piani né strategie a lungo termine. La specializzazione è quasi inesistente.

Ora analizziamo una tipica azienda anglosassone. Il manager divide l’azienda in dipartimenti, ognuno con un compito specifico. Ogni dipartimento fa solo e soltanto quella cosa; può essere marketing, IT, produzione, design ecc. Se chiedi ad uno del marketing di aiutarti a impacchettare i prodotti da spedire ti ride in faccia e ti dice che nel suo contratto non c’è nulla del genere.

Ogni dipartimento poi ha il suo responsabile che poi riporta al manager director. Così il manager director può controllare in modo efficiente ciò che sta succedendo nella sua azienda.

Ora, esistono anche altre cose come il peso del fisco e della burocrazia, la nazionale pigrizia a rispondere a e-mail, telefonate o richieste entro 24 ore, mancanza di infrastrutture e servizi nazionali ecc. Ma credo che la divisione del lavoro e la sua specializzazione, sia fondamentale nel capire la differenza tra i due sistemi.

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Varie ed eventuali

Troppi post in bozze e troppa roba da linkare, così faccio questo ennesimo post con vari link interessanti. Enjoy!

1) sui giornali si parla spesso di eccezionali eventi atmosferici, di alluvioni improvvise causate dai cambiamenti climatici, delle mezze stagioni che non ci sono più ecc. ecc. Gli uomini, si sa, hanno la memoria corta. Basta guardare questo documento (nel caso della Sardegna) che elenca tutte le alluvioni mortali avvenute dal 700 in poi. Si scoprirà che tutto l’hinterland cagliaritano e soprattutto Pirri sono interessati alle alluvioni stagionali. Sappiamo quindi dove avvengono e sappiamo perfino quando: tra Ottobre e Novembre. Significa che le autorità o i privati hanno tutto il tempo per attrezzarsi per la nuova alluvione giusto?

2) Bella notizia! Gli aeroporti toscani fanno letteralmente pena e hanno standard da Burkina Faso. La concorrenza fa bene, ancora una volta. Tra l’altro questa è anche una bella notizia per chi come al solito protesta per l’apertura di nuovi aeroporti. Gli aeroporti dovrebbero essere diffusi come le stazioni e in concorrenza tra loro come i centri commerciali. In questo modo si ha diffusione e qualità e tanto lavoro a livello locale.

3) Assolutamente pagherei oro per vedere questo mash-up film!!

E questa parodia di Prometheus è 1000 volte meglio del vero film:

4) finalmente è stata “fotografata” una parte della struttura del DNA. Da un gruppo italiano, professor Di Fabrizio dell’università di Genova.

Tutto il pianeta ne parla, una delle notizie scientifiche più importanti dell’anno e del secolo e nessuno ne parla in Italia. Motivo? Semplice: i giornali italiani copia-incollano le notizie scientifiche dall’estero, ma per questo ci si mette almeno due-tre giorni. Infatti non è raro leggere le notizie sbagliate nei siti inglesi, aspettare dopo due giorni che arrivino in Italia e poi dopo altri due giorni trovare la smentita. Come nel caso della recente dichiarazione della NASA di aver trovato “qualcosa per i libri di storia” su Marte. Lo stesso giorno in cui leggevo la smentita della NASA, in Italia stavano pubblicando ancora la notizia falsa. Quindi forse questa notizia vi arriverà lunedì o martedì ma tradotta dal Daily Mail. Nel momento in cui scrivo solo gionarli online come Giornalettismo hanno pubblicato la notizia (come dimostra lo screenshot in basso). Io ho scoperto della cosa tramite a Tumblr. E non dico altro.

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