Archivi del mese: giugno 2012

Prometheus- Recensione

Ormai sta diventando la mia firma ufficiale per tutte le recensioni cinematografiche ma è veramente difficile ignorare il fatto che per l’ennesima volta l’Italia (ma anche la Svizzera italiana quindi si tratta di un problema della compagnia che doppia i film; d’altronde gli unici due-tre doppiatori italiani –della stessa famiglia– sono impegnati a doppiare centinaia di altri film e serie TV) sia sempre l’ultima a distribuire i grandi film nel suo territorio. Mentre il resto del globo, compresi Vietnam, Macedonia e Pakistan sta in questo momento guardando Prometheus in tutti i cinema, gli italiani dovranno aspettare fino al 19 Ottobre 2012 per poter vedere questo film. Poi ci si lamenta del download illegale in Italia.

***

E’ con grande dispiacere che scrivo questa recensione. Credevo molto in questo progetto, credevo molto in Ridley Scott e scrivere ciò che leggerete più giù fa più male di quanto possiate immaginare.

Prima di tutto diciamo che Ridley Scott ha abbandonato l’ “hard science fiction” a cui ci aveva abituati con Alien e Blade Runner. Lo ha fatto abbracciando il più remunerativo – sul breve periodo – metodo hollywoodiano che consiste nel considerare gli spettatori come degli emeriti coglioni incapaci di distinguere tra ciò che è plausibile e ciò che non lo è. Tante lucine, nessuna storia.

Di fatto Prometheus non è altro che un bellissimo, meraviglioso specchio per le allodole con tanti gingilli e sonaglietti ma con una inconsistente trama, piena di buchi narrativi e logici. E forse la colpa è anche di chi ha scritto il film, un certo Lindelof: esatto quello che ha scritto il finale di Lost.

Il più grande problema di Prometheus è che i suoi personaggi non si comportano come esseri umani ma come subumani – di fatti perfino un bambino di 5 anni prenderebbe decisioni più logiche. I protagonisti vengono posti di fronte a situazioni incredibili una dopo l’altra e reagiscono a casaccio tanto che l’unico personaggio che agisce da essere umano è l’androide David.

Ma andiamo con ordine incominciando con la trama: affascinante, con un potenziale enorme e con molti sottotemi da esplorare. La storia si dipana alcuni anni prima dell’arrivo della Nostromo di Ripley del primo film Alien. Due archeologi trovano un messaggio nascosto nei bassorilievi e nei dipinti di varie civiltà. Un invito da parte di alieni verso il loro pianeta. Da questo momento in poi gli spettatori sanno già tutto quello che c’è da sapere del film perché i due archeologi sanno già tutto. E questo è il primo errore di questo film nel quale è stato abbandonato in maniera plateale qualsiasi tipo di climax, gusto per l’attesa e scoperta finale tanto importanti in un film come per esempio Alien. Sappiamo tutto perché i protagonisti sanno tutto, tanto che non c’è da stupirsi se i protagonisti non si stupiscano di quello che trovano.

Cosa trovano? Un pianeta con delle strutture artificiali costruite dagli Ingegneri. Ovvero una razza aliena che ha progettato e sparso la vita nell’Universo, compresa la Terra. Niente di nuovo in tutto ciò, si tratta della vecchia affascinante teoria della panspermia, di per sé plausibile. La Panspermia è più plausibile di qualsiasi comportamento che da questo momento in poi i nostri protagonisti hanno. Le regole di buon senso, prima ancora che della avventura spaziale, consistono nel non venire in contatto con atmosfera, agenti, manufatti, organismi, liquidi alieni di un pianeta alieno. Punto. Parole come contaminazione, quarantena, protezione da agenti alieni sembrano non interessare a nessuno nel film. Il primo pianeta dove si scopre vita aliena e tu te ne vai a passeggiare come faresti nel parco sotto casa senza casco e toccando ogni organismo e liquido con cui vieni a contatto a mani nude.

Mancanza totale di “sense of wonder”. Manufatti, organismi, fossili niente gli fa strabuzzare gli occhi e aprire la bocca in un muto WOW. Anzi uno degli “scienziati” (la parola scienza non dovrebbe essere utilizzata in questa recensione) se ne va pure perché dice che non gliene frega assolutamente niente di quello che c’è lì e vuole tornare sulla nave. Due anni in criostasi, scelto per la missione più importante dell’umanità e giri le spalle a ciò che potrebbe rispondere a tutte le domande che ci siamo fatti sulla vita. In realtà è solo un trucco per chi ha scritto il film per creare un’altra situazione dove uno “scienziato” ancora più stupido -definito biologo- si mette a toccare un alieno che cerca di attrarre come fosse un gattino per poi morire miseramente. Il film è pieno di queste situazioni in cui i personaggi prendono decisioni da amebe per creare piccoli subplot, siparietti gli uni slegati dagli altri. E sono tutte decisioni propedeutiche a qualche disastro necessario per shockare lo spettatore. Ma uno scrittore deve saper dosare questi trucchetti, deve saper dare ai personaggi una plausibile scusante per comportamenti assurdi. Altrimenti si rischia, come nel caso di Prometheus, a dover applaudire a film del calibro di Alien vs Predator tanto per intenderci.

Ora quando in un film ci infili scienziati, termini scientifici e non capisci un cazzo di queste cose fai attenzione altrimenti fai la figura del cretino. Ed è proprio una figura da cretini che fanno Lindelof e Scott propinandoci teorie, concetti, termini scientifici sconnessi e senza fondamento degni di un film pulp con zombie di serie B. Una vergogna non per la scienza ma per il buon senso. In rete girano già i primi video che prendono per il culo pesantemente il film sotto questo aspetto come questo qui sotto (cose che non avevo visto neppure per Alien vs Predator):

Inoltre il film si propone come una sorta di viaggio fantascientifico con un profilo filosofico-spirituale. Una ricercatrice molto credente che vuole trovare le risposte ai perché dell’Universo e pensa che comunicare con gli alieni ingegneri la possa aiutare a trovare le risposte che sta cercando. Ma tutto viene miscelato nel tritacarne e questo lato spirituale viene dimenticato a metà strada nel mezzo di un monster movie senza né capo né coda. Alla fine la protagonista trova alcune risposte ma preferisce rifugiarsi di nuovo nella sua religione. Ma di nuovo, la confusione è tale che ci pare chiaro che lo zampino di Lindelof fatto di accenni, allusioni e specchietti abbia fatto l’ennesima vittima: come in Lost alla fine del film non esiste alcuna spiegazione, tutto può essere un sogno ma non lo sapremo mai.

Sui personaggi i soliti cliché all’americana: scienziata dall’accento britannico (Noomi Rapace ha fatto un corso in british english per questo film; gli americani pensano che i ricercatori parlino tutti come Elisabetta II e non bisogna deluderli); scienziato punkabestia; nero che parla ghettostyle e che fa la solita morte inutile del nero; cinese in quota orientale inutile (a quando la quota indiana?); manager della compagnia senza scrupoli e che pensa solo al denaro ecc.

Fassbender che impersona l’androide David (la parte dell’androide è sempre quella centrale nei film di Alien) è l’unico attore per cui valga la pena soffermarsi. Veramente un ottimo personaggio, che potrebbe arricchire di sottotrame un intero nuovo universo di film. Di fatti il film potrebbe incentrarsi intorno all’androide David e il film potrebbe funzionare.

L’ottima Charlize Theron, che impersona una glaciale donna della compagnia commerciale, sprecata come fosse un personaggio secondario. Il film è come se fosse stato scritto da due persone e i personaggi vengono portati in risalto o buttati in un angolo a casaccio. Non riusciamo a seguire le loro storie tanto il film è spezzettato in siparietti senza collegamento tra loro. Certe scene incominciano dal nulla e finiscono nel nulla senza connessione. Sembra più un pacchetto di short stories fantascientifiche. Com’è possibile che un produttore o un regista del calibro di Scott possano arrivare a tali livelli di infantilità mi raggela. E’ shockante pensare che un mostro sacro come Scott possa raggiungere livelli di mediocrità tali.

Attenzione quindi, non fatevi stupire dagli effetti speciali e dai grandi nomi di Prometheus. Si tratta della trama -e degli errori!- di un film di serie B nel costume di un supermilionario blockbuster. Una vergogna che tra l’altro lascia i soliti dubbi irrisolti perché è già pronto un sequel.

Amen

p.s.

felice di non essere l’unico a pensarla così. Qui, qui e qui. Pare che questo film, come accadde con Avatar anni fa, piacerà solo a chi non è appassionato di fantascienza e non ha visto i film di Alien.

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Costa Smeralda: dagli ismailiti ai wahabiti

Chissà cosa sarebbe diventata la Sardegna senza l’Aga Khan in Costa Smeralda. Basterebbe guardare al resto della Sardegna oggi per avere la risposta. Dopo 50 anni di onorato dominio l’Aga Khan passa la torcia ad un altro ultramiliardario, l’emiro del Qatar. L’amministrazione delle proprietà e il modo di pubblicizzarle potrebbe cambiare completamente da ora in avanti, in meglio o in peggio non lo so. Quello che mi ha fatto molto pensare è che siamo passati da un uomo che rappresenta l’ismailismo sciita ad uno che diffonde il wahabismo sunnita.

Aga Khan è un titolo onorifico dell’ismailismo sciita. L’Aga Khan viene considerato come un discendente del profeta e viene considerato come l’incarnazione di dio (Allah). L’ultimo Aga Khan, il quarto, un businessman filantropo è più secolarizzato e si definisce più come un rappresentante di dio in terra ma comunque sempre una figura semidivina.

L’emiro del Qatar è un monarca assoluto che ha abbracciato il wahabismo, una versione integralista dell’islam sunnita che ha come missione la purificazione dell’islam da tutte le correnti o sette minori, compreso l’ismailismo sciita ovviamente. L’emiro del Qatar finanzia il wahabismo in tutto il mondo e recentemente in Europa ha speso 50 milioni di euro per la sua diffusione in Francia, Italia e Spagna. Il minimo che farà sarà costruire una moschea in Costa Smeralda.

 

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Complottismi voluniosi

In questa patetica lettera a Repubblica Massimo Marchiori scrive le ragioni per cui ha lasciato Volunia. In realtà il 99% della lunga lettera sono giustificazioni scaricabarile per dire che per  tutti, ma proprio tutti gli errori del progetto lui non aveva alcuna responsabilità. Per mesi acclamato come il Bill Gates italiano, il padovano ultratech che aveva rivoluzionato il mondo del web, Volunia la sua creatura Made in Italy, elogi e critiche ecc., e ora scopriamo con questa lettera che lui non aveva a che fare con alcunché in Volunia. Lui riceveva solo ordini dall’alto. E’ stato sempre colpa di qualcun altro, l’innominabile Mr X, perché lui si opponeva a tutto fin dall’inizio ma poi doveva dire di sì a malincuore. Il cattivone Mr X lo costringeva a fare tutte quelle scelte orribili e impopolari che di fatto hanno affossato il suo meraviglioso progetto che ha ancora in mente ma che per complotti più grandi di lui non potrà mai essere realizzato.

Ahimé, io in questa lettera ci leggo solo un comportamento orribilmente italiano di non prendersi le responsabilità per i propri fallimenti. Mi dispiace ma se questo fantomatico amministratore era così tirannico Marchiori, a cui l’esperienza non manca, avrebbe dovuto dire di no. E invece, nella tradizione più disgustosa italiana, dalla università alla politica, dalla famiglia alla religione, ha abbassato il capo e ha ubbidito. Le potenzialità di un progetto poi non si giudicano dalle intenzioni (è fin dall’inizio del progetto che Marchiori dice che ha in mente qualcosa di eccezionale ma che non ci può dire) ma dai risultati. E dev’essere che chi ha finanziato Volunia di risultati -in denaro e in sponsor- ne ha visti pochi. Quindi è giustissimo che la testa di un manager del genere debba essere tagliata. Si fa così in un paese sano.

p.s.

oggi Marchiori mi sta ancora più antipatico non solo per i motivi che ho riportato qui mesi fa ma anche perché ho trovato questa foto (in alto all’inizio del post) dove rappresenta l’evoluzione dell’uomo in stile creazionista. Imperdonabile.

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Giornalismo provinciale

Per i giornalisti italioti la notizia più gettonata di oggi è che l’attentatore di Brindisi aveva uno yacht. Ma pensate! Ovviamente c’è una connessione inconscia nell’italiano medio tra un bene di lusso e la criminalità. L’invidia sociale in Italia si insinua anche nelle più piccole cose. Pensate le vecchine il giorno dopo: “E aveva pure uno yacht!”.

Che cazzo ce ne frega se l’attentatore aveva lo yacht? E qual è la connessione tra l’atto criminale e le sue proprietà? State insinuando che chi ha uno yacht è più propenso al crimine?

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Più bianco non si può

E’ da un paio di anni che la BBC e altre reti britanniche si sono messe a fare queste campagne contro lo sbiancamento delle ragazze del sudest asiatico, in patria e all’estero. Indiane, pakistane, cingalesi che vivono in UK o nei loro paesi d’origine vogliono la pelle più chiara e ora si spendono milioni di dollari all’anno per sbiancanti della pelle. Le giornaliste inglesi (sono solo le donne a fare questi servizi; bianche o indiane non fa differenza anche perché le indiane nate in UK se tornassero in India per un paio di mesi farebbero largo uso di questi prodotti per tornare albioniche come prima) sono scandalizzate.

“Com’è possibile che una donna desideri di essere bianca!? La cultura occidentale sta corrompendo queste povere ragazzine. Bisogna vietare queste pratiche mostruose!”

Dicono mentre si fanno la centesima lampada dell’anno aspettando l’estate per andare finalmente a sdraiarsi al sole di Tenerife.

“E questi prodotti chimici che usano sono pericolosissimi per la loro salute! Bisogna vietarli!”

Dicono mentre ridono di gusto di quella volta -l’anno prima- in cui sono andate all’ospedale spagnolo con ustioni di terzo grado per troppa esposizione al sole.

“Ti ricordi quella volta? Sembravo un’aragosta! E il medico non parlava inglese! Ah ah! Passami quella crema abbronzante cara.”

“E queste povere ragazzine corrotte dal mondo occidentale si tingono perfino i capelli di biondo! Ma ti rendi conto!”

“Cara, parlando di tintura sai che forse dovresti andare dalla parrucchiera, ti si vede la ricrescita.”

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Mi sono un po’ rotto le scatole di questo atteggiamento tutto coloniale e paternalistico britannico che rigetta la voglia di modernità o bellezza occidentale delle popolazioni non occidentali. Terzomondismo in salsa vittoriana, che vuole l’indigeno primigenio così com’era prima dell’invasione colonizzatrice bianca. Un senso di colpa così grande che vuole congelare dentro una sfera di cristallo le popolazioni assoggettate all’imperialismo europeo. Vuoi vestirti all’occidentale? Ma così perdi le tue tradizioni, tutta colpa della globalizzazione! Vuoi imparare l’inglese o un’altra lingua straniera? L’Occidente ti sta infettando e perderai la tua lingua originale! Vuoi farti più chiara? E’ immorale e comunque la pelle scura è cool ed è meglio di quella bianca.

Milioni di occidentali ogni anno vengono diagnosticati con malattie della pelle o degli occhi (compresi i tumori) a causa della loro voglia di “esotico”, di essere qualcosa che non sono, di essere neri invece che bianchi; più di qualsiasi danno alla pelle dato da questi sbiancanti per fare la pelle più chiara.

Dati alla mano dovrebbero essere le giornaliste indiane a scandalizzarsi e chiedere alle occidentali di smetterla di “scurirsi”, così corrotte come sono dall’orientalizzazione della società occidentale.

“Centinaia di milioni di ragazzine occidentali ogni anno si espongono a pericolosi trattamenti con raggi UV e usano prodotti chimici a causa di una cultura maschilista che le vuole abbronzate come noi! Ma ti rendi conto!?”

Dice la giornalista indiana mentre si passa lo sbiancante nel viso.

“E’ scandaloso! Dovrebbero bannare queste pratiche in Occidente.”

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La Sardegna non è italiana neppure geologicamente

 

Da qui.

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C’è crisi

Ogni volta che torno in Italia vengo accolto negli alberghi da rumeni, quando vado al bar vengo servito da tunisini, al supermercato da marocchini, la pizza i turchi la sanno fare benissimo, quel meccanico lì dell’altra volta era macedone. Alla circoscrizione in fila ci sono solo filippini, ucraine e senegalesi che chiedono il rinnovo della carta d’identità o il cambio di residenza.

Poi parli coi ragazzi italiani e tutti ti dicono che “c’è crisi.” “lavoro nun ce n’è” ecc. ecc.

Poi ho capito: tutti aspirano a questo.

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