Archivi del mese: gennaio 2010

La mia posizione geografica virtuale

Ci ho messo un po’ di tempo a trovarmi in questa fantastica mappa della blogosfera italiana ma alla fine ce l’ho fatta. Sono quel puntino indicato dalla freccia rossa.

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Feticci e reliquie

Come avrete sentito il nuovo iPAD (pad in inglese è anche l’assorbente, ecco il motivo della foto in alto) è un cerbero dalle tre potenzialità: e-book, portatile e iphone. Cioè tutto quello che un Homo sapiens del 2010 usa o vorrebbe usare. Ora lasciando perdere questo fantastico iPAD*, vorrei soffermarmi su quel e-book.

In tempi non sospetti (2005-06) il mio libraio di fiducia mi diceva spesso che in futuro sarebbe stato impossibile un mercato di libri digitali (all’epoca non esistevano ancora in vendita gli e-readers) perché nessuno li avrebbe letti. Era, per lui, un vicolo cieco dove le aziende avrebbero sbattuto il muso. Difesa della categoria? Miopia? No semplicemente all’epoca pochi avrebbero scommesso sulla tecnologia e-ink e sul mercato degli e-books. “Niente potrebbe sostituire questi.” diceva toccando i libri che aveva nel bancone ancora da mettere negli scaffali. Io annuivo pensando che aveva ragione, ma qualcosa dentro di me mi diceva che stavamo ambedue mentendo a noi stessi. Non so se il mio libraio farà in tempo a vedere la sua libreria chiusa, forse farà prima ad andare in pensione, ma di certo suo figlio non la erediterà. Il punto è questo: gli e-readers di nuova generazione offrono una esperienza di lettura perfettamente simile a quella di un libro, una marea di titoli anche stranieri, non occupano decine di scaffali, migliaia di titoli non pesano in viaggio, sono integrati con video, foto, internet, programmi di scrittura ecc. Per molti è una tentazione diabolica e ghiotta.

Il problema è che per quelli come me che sono biblofeticisti l’e-book è in un certo senso la morte del libro tradizionale. Non mi dilungherò molto ma il tatto sulla carta, l’odore delle pagine nuove, la copertina, la costola lì incolonnata insieme a tutte le altre della libreria, la classificazione e il posizionamento tra gli scaffali; tutto questo fa parte del rito che ci accompagna ogni volta che compriamo un nuovo libro.

Ma allora che fare? Piangere? Maledire il nuovo che arriva, ricordando i bei tempi andati? Scalare la rupe e urlare no al progresso che avanza? No. Semplicemente bisogna farsene una ragione e vedere i lati positivi che sono tantissimi e forse superano di gran lunga i negativi.

Per prima cosa avere e usare un e-reader non significa abbandonare il libro tradizionale. Significa avere un nuovo strumento in più che ci può essere comodo (vedi i punti a favore elencati prima). Secondo, il libro non scomparirà magicamente da un giorno all’altro così come non sono scomparse le biciclette dopo che hanno inventato il motorino o i cavalli dopo che hanno inventato l’automobile. Semplicemente sarà un prodotto di qualità, non più di massa e finalmente scomparirà da quelle camere per gli ospiti della famiglia media italiana dove fa bella mostra di se senza essere mai stato aperto. Fine delle edizioni tascabili in carta velina e inchiostro che si scioglie fra le dita. Il libro tornerà ad essere quell’oggetto prezioso che i bibliofili hanno sempre cercato, cioè una reliquia da adorare. Le masse comunque non leggevano tanto e ora possono farlo sull’e-reader. Tutti saranno felici dunque: i bibliofili avranno le loro edizioni in pelle di capra tibetana e a caratteri dorati, i lettori non ossessivo-compulsivi apprezzeranno gli e-readers e qualche volta un libro tradizionale, mentre quelli che non hanno mai letto un libro in vita loro, beh potranno sempre cominciare con un e-book!

*Non voglio entrare nella diatriba Apple-PC, anche perché non sono un esperto, però l’unico prodotto che ho della Apple, l’ipod nano mi ha dato problemi: non riconosce le cartelle di musica e mi mette migliaia di tracce con su scritto Artista sconosciuto e quando faccio la sincronizzazione col PC mi cancella tutti i file caricati che in quel momento non erano presenti nel mio PC.

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Informazione di servizio

Come molti dei commentatori avranno notato da qualche giorno per inserire i commenti al blog bisogna aspettare l’autorizzazione del sottoscritto. Il motivo è presto detto: da quando ho scritto la recensione di Avatar il 18 Dicembre scorso Google.it mi ha indicizzato come secondo link se digitate “Avatar recensione”. Certo non nego di esserne felice (d’altronde non poteva che essere così visto che la mia è stata la prima recensione su Avatar a comparire in lingua italiana; ma i giornalisti pagati dalle riviste di cinema dov’erano?), ma questo porta inevitabilmente cani e porci sul blog. Nell’ultima settimana mi sono arrivate decine di commenti di ingiurie varie per una recensione (recensione forse è una parola grossa perché non c’è niente di professionale) tutto sommato molto positiva. Persone più autorevoli e esperte di me hanno detto di peggio qui e qui. Avatar è un film meraviglioso ed imperdibile a cui però non si possono che muovere critiche per certe scelte di trama e di composizione, proprio per la sua pretesa di essere il film del secolo. Ma i tempi moderni richiedono che una persona sia nera o bianca, che un film sia “del secolo!” o una “cagata pazzesca!”.

Dicevo dei commentatori scatenati che entrano su Google. Trattasi di tipici “bimbominkia“, o se non avete voglia di leggervi la pagina del link ve lo dimostro con un esempio (questo senza ingiurie):

“ciau a tt…io è sl gg ke ho visto avatar…ma giuro ke è il film + bll di tt…”

Si firma Love97 ed è un buon esempio della nuova generazione di italiani, quelli che prenderanno le sorti dell’Italia fra 30 anni o che scriveranno come giornalisti sul Corriere.it. E’ uno stupro. Lo stupro della lingua italiana ma soprattutto del ceppo indoeuropeo avvicinando il tipo di scrittura della lingua italiana a quello di una lingua semitica.

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Sembra strano ma…

…i due candidati nel Lazio e in Puglia del PD non sono del PD. Vorrà dire qualcosa?

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Il grande governo liberale

Si critica tanto la Svezia come paese socialdemocratico ma guardate cosa propone un ministro del Popolo delle (il)libertà: prendere i soldi dalle pensioni di anzianità per darle ai bamboccioni (già il fatto che un ministro possa insultare un’intera categoria di cittadini fa capire a che livelli di stato etico siamo; adesso divideranno i cittadini in individui produttivi e non-produttivi, individui antisociali e sociali ecc.) per andarsene via di casa. Aumentare il numero di parassiti statali, diminuire le pensioni di anzianità degli altri cittadini che hanno versato i contributi anni prima, abituare i giovani a chiedere l’elemosina dallo stato piuttosto che a trovarsi un buon lavoro; tutto questo con una sola proposta politica. E poi sappiamo come andrà: i ragazzi vivranno in un appartamento beccandosi l’assegno statale per poi andare ogni giorno a mangiare a casa di mamma o a portare i bustoni di mutande e calze da lavare. E quei soldi li useranno per la Playstation.

In Svezia esistono politiche simili per cui un ragazzo riceve dallo stato una pensione di sostentamento con la quale può vivere fuori di casa già a 18 anni, ma è un prestito, non un regalo a fondo perduto. Quando incomincerà a lavorare lo svedese che ha preso questa pensioncina dovrà restituire tutti i soldi allo stato con gli interessi. Una politica per niente affatto socialista, anzi. Lo stato svedese si comporta come una banca prestando soldi importanti per le nuove generazioni. In questo modo le nuove generazioni non vengono a pesare sul welfare e allo stesso tempo sia i ragazzi che lo stato ci guadagnano. E la Svezia viene considerato un paese socialdemocratico, figurati allora cosa dovrebbe essere l’Italia.

La colpa “non è dei giovani ma dell’egoismo e della miopia dei genitori, che sono iperprotetti dal welfare e lasciano pochissimo spazio di lavoro e garanzie ai giovani, e in cambio se li tengono in casa” è una frase da incorniciare, ma in definitiva, caro Brunetta, sono affari dei singoli cittadini. Sono i singoli individui a decidere i rapporti interpersonali, il posto dove vivere, con chi vivere e come vivere. Lo stato dopo essere entrato sotto le lenzuola con la legge 40 vuole anche entrare nel merito dei rapporti genitori-figli? E poi Brunetta si lamenta dell’iperprotezione del welfare: ma perché ministro, da dove li tiriamo fuori questi soldi a fondo perduto se non dal welfare (di tutti e soprattutto dei ceti più poveri)? E cosa sono questi soldi se non welfare? Se incominciamo ad abituare i giovani a parassitare il Welfare fin dalla giovane età che mostri produrremo quando saranno anziani? Spesso nei parchi naturali c’è scritto: “non dare da mangiare agli animali selvatici” per il semplice motivo che se abitui gli animali a ricevere cibo gratis questi continueranno a chiederne sempre di più e smetteranno di cercarne in modo autonomo.

I giovani vanno via di casa quando trovano un buon lavoro che gli possa permettere di vivere in una casa senza l’aiuto finanziario dei genitori. E sappiamo che di questi tempi è difficile trovare un lavoro a tempo indeterminato soprattutto con l’oppressione fiscale che ci ritroviamo in Italia. Ecco cosa fare ministro: togliere o diminuire le tasse agli studenti che vivono da soli come si fa in UK. Non sono le elemosine (pagate dagli altri cittadini) a creare benessere. Sono il lavoro, le condizioni sociali, la bassa tassazione e un governo che non decida delle sorti dei propri cittadini.

Ovviamente non se ne farà niente, ma il fatto stesso che i ministri di questo governo abbiano queste idee di controllo totale della società fa venire i brividi.

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The daybreakers – recensione

A scanso di equivoci diciamo fin dall’inizio che questo film sui vampiri non fa parte di quel nuovo filone romantico à la Twilight, New Moon o True Blood che sta andando tanto di moda in questi anni. Nessuna storia d’amore tra giovani vampiri, nessuna fanciulla desnuda. The daybreakers non ha quindi un target adolescenziale e possiamo ascriverlo ad un genere fantascientifico-horror con alcune parti decisamente splatter e gory che non dispiaceranno al palato di alcuni cultori del genere. La storia è ambientata nel vicino 2019 dopo che un misterioso virus epidemico che tramuta in vampiri ha contagiato il 95% della popolazione mondiale. Il contagio avviene tramite morso ovviamente e molti umani si “fanno contagiare” volontariamente per sfuggire alla morte: il virus vampiresco dà infatti l’immortalità. Il resto degli umani che ha deciso di non diventare vampiri viene utilizzato come fonte di sangue nelle “blood farms” (letteralmente fattorie del sangue). Edward Dalton interpretato da Ethan Hawke, lavora proprio nella più grande compagnia che produce sangue come capo ematologo. Il suo compito è trovare un sostituto artificiale al sangue “munto” dagli umani, perché questi ultimi stanno scomparendo, le scorte mondiali stanno finendo e il mondo dei vampiri sta andando in crisi. La penuria di sangue poi, trasforma i civili e pacifici cittadini  vampiri in bestie semi-intelligenti assettate di sangue, incapaci di vivere in una società organizzata. Infatti la società dei vampiri descritta nel film è del tutto simile a quella umana a parte che vive di notte (la luce solare li uccide) e si nutre esclusivamente di sangue umano. Questo rende sicuramente il film affascinante e lo differenzia rispetto ad altri tentativi di descrivere una società vampiresca che soppianta l’umanità. Vedi alla voce Io sono leggenda di Matheson. Dopo una dettagliata descrizione della società vampiresca il film si sposta sulla tematica centrale: utilizzare gli esseri umani come vacche da mungere è etico? Edward ha dei dubbi e viene contattato da alcuni umani, tra i pochi sopravvissuti al contagio e alla schiavitù del sangue. Esiste una cura per tornare umani e loro la conoscono. Ma tutto si scontra con l’aggressività di Charles Bromley (intepretato da un malvagio Sam Neill) capo della più grande multinazionale del sangue dove Edward lavorava, che farà di tutto per evitare di far conoscere la cura. The daybreakers in definitiva è un buon film che riprende tematiche vecchie ma in un contesto originale, amalgamando atmosfere futuristiche a tematiche vampiresche. E’ solo per un caso sfortunato che venga proiettato dopo il successo di Twilight, e questo influirà forse negativamente sul pubblico a causa di un’indigestione di pellicole vampiresche, ma come ci ricorda lo stesso Hawke lui firmò nel 2007 e lo script fu completato nel lontano 2004, ben prima che uscisse il tormentone Twilight. Il cast è di eccellente livello e oltre ai già citati Hawke e Neill ricordiamo un ottimo Willem Dafoe. La presenza poi di pochissimi effetti speciali in CGI, preferendo il classico make-up e ottime scenografie naturali, rende il film convincente e iperrealistico. Venendo al plot la storia incomincia molto bene e scorre lentamente (difficilmente annoverabile ad un classico film d’azione visti i tempi e la tensione dettata dalle tematiche) ma senza annoiare; ma non possiamo però non rimanere delusi da un finale sotto tono, di certo non al livello dei primi 3/4 del film. Un finale tra l’altro che si lascia andare ad uno splatter eccessivo non in linea col resto del film. Da aggiungere anche l’ambiguità di scelte della natura vampiresca. Per tutto il film la vampirizzazione viene spiegata in termini razionali come data da un virus e si respira un’aria di plausibilità scientifica difficilmente riscontrabile in altre pellicole vampiresche, ma da metà del film in poi i vampiri esplodono se trafitti da paletti sul cuore scomparendo nell’aria, senza contare il cliché dell’impossibilità di vedersi allo specchio.

E’ un peccato perché The daybreakers sarebbe potuto diventare un ottimo film intelligente di fantascienza con tematiche horror che non strizza un occhio alle tempeste ormonali dei teenager, ma fallisce nel portare avanti un lavoro completo e coerente.

Un buon lavoro per i fratelli australiani Spierig (che si cimentarono con il precedente horror Undead) ma hanno ancora molta strada da fare. Li seguiremo da vicino.

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Pensionamenti

Fin da bambino mi sono sempre chiesto come funzionasse il sistema pensionistico. Cioè da quanto mi fu spiegato lo stato prende i soldi di una persona in prestito per poi ridarglieli nel futuro quando non lavorerà più. Ecco, io questa cosa non l’ho mai capita né da bambino né oggi. Che senso ha dare i soldi a qualcuno per poi farteli restituire fra qualche anno? La storia poi si complica perché lo stato tassa quei soldi e te ne restituisce meno di quanto avevi dato. Quando chiedi in giro perché esiste la pensione la gente cade dalle nuvole come per tutte le cose a cui sono abituati ma a cui non hanno mai pensato. Ti rispondono “Perché quando sarai vecchio non avrai lavoro.” Io rispondo che: “I soldi della pensione non sono regalati dallo stato. Sono soldi tuoi che ti ha preso dalla busta paga e ora ti ridà a poco a poco. Quei soldi avresti potuto conservarli in banca, investirli in immobili o in azioni, creare un’attività, darli in beneficienza, costruire una casa per i tuoi figli ecc. Invece lo stato te li prende perché…”

“…perché i cittadini non sarebbero in grado di gestire i propri soldi e non gli rimarrebbe niente da vecchi.” Ti rispondono.

Ecco, io questo ragionamento proprio non lo concepisco. Cioè capisco uno stato socialista del 900, i fascismi europei e quant’altro, ma perché uno stato che si definisce liberale si permette di decidere della gestione del mio capitale? Perché non posso essere il fautore del mio destino, prendermi le responsabilità della mia vita, gestire i miei beni come piace a me? Lo stato mi prende i soldi senza chiedermi se lo voglio. Me li ruba quando avrei potuto utilizzarli investendoli in una mia attività, per i miei figli ecc.

Il sistema pensionistico statale è un furto perché: A) non è volontario; B) ti danno meno soldi di quanti ne hai dati; C) lo stato usa gli interessi maturati da quei soldi per guadagnarci a tue spese.

Ora tutto questo post nasce perché io ho un problema grosso come una casa. Lavoro e lavorerò all’estero per alcuni anni e in ogni stato in cui vado mi vengono rubati soldi dalla mia busta paga per la mia futura pensione. Ma se io cambio residenza in un altro paese quei soldi non mi verranno più restituiti. Quando tornerò in Italia i contributi versati all’estero non potranno essere più recuperati. In poche parole gli stati che mi hanno ospitato si sono beccati migliaia di euro da me gratis.

Ecco, c’è qualcuno che vive all’estero che ha lo stesso mio problema? E qualcuno conosce una soluzione? Grazie.

P.S.

E per quanto riguarda gli anni d’Università da riscattare? Beh leggetevi questo e capirete perché se uno può scegliere tra versare i contributi per una pensione fra 50 anni e tenersi il capitale ore sceglie la seconda. Se alle persone viene data la possibilità di scelta veramente pochi verserebbero i contributi.

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L’aereo più pazzo del mondo?

In esattamente 30 giorni ho preso 10 aerei, uno ogni tre giorni diciamo. Un record. Più decine di bus, treni e taxi diciamo che il mio culo ne ha risentito. A parte questo vi voglio raccontare dell’ultimo volo Easyjet che ho fatto che ha dell’incredibile.

Uno dei piloti dell’aereo si è presentato a tutti prima di partire prendendo il microfono. Era in vena di scherzi e battute. “Benvenuti a bordo della crociera Easyjet. Potrete rilassarvi con sauna, giochi e casinò ecc ecc.” Poici ha chiesto: “Chi è che vuole andare a Gatwick?” “Come? Non vi sento lì in fondo. Più forte! Chi vuole tornare a Gatwick alzi la mano.” Ha continuato dicendo che voleva vedere tutti i passeggeri prestare attenzione alle informazioni di sicurezza, altrimenti l’aereo non sarebbe partito. E avrebbe visionato lui la cosa, scovando chi leggeva, parlava o guardava il finestrino piuttosto che gli stewards di bordo. Ah gli stewards erano finocchissimi e facevano un sacco di battute sul volo, la sicurezza e sulla musichetta scema degli intervalli che a loro parere era noiosa. Alla fine del volo il pilota fa l’ultima battuta: “Signori dopo 11 ore di viaggio siamo finalmente atterrati ad Acapulco! No scherzo siamo a Londra. Comunque se dovete prendere un mezzo per il sudovest date un’occhiata all’autostrada perché vedrete il comandante di questo volo sfrecciare sulla sua moto per tornare a casa.

Non so se sia una nuova politica dell’Easyjet quella di fare questi show però ad un certo punto mi è venuta voglia di alzarmi in piedi e urlare “Shut up!”. Insomma dopo tutti questi voli, viaggi e attese avevo solo voglia di rilassarmi e dormire.

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Un sogno

C’è un uomo davanti a me. Ha un manto d’ombra intorno alla testa. Dietro, un muro di una stanza angusta e sconosciuta.

“Chi sei?” gli chiedo.

Sorridendo come se fosse la cosa più ovvia del mondo. “Sono John Gale.”

“Chi è John Gale?” chiedo.

Il suo viso esce dall’ombra. Non so descriverlo o forse non ricordo ora, da sveglio.

“Lo scoprirai.” Una pausa. “Sono sopravvissuto a due esplosioni nucleari. Non ti semba abbastanza?”

Si alza una manica della camicia e con orgoglio mi mostra la pelle bruciata. È rossa, ha enormi crateri e bolle che la fanno assomigliare alla superficie di una pizza. Aguzzo la vista e mi rendo conto che sotto la pelle qualcosa si muove. Scolopendre. Decine, centinaia, migliaia di scolopendre, che formano un tappeto di zampe, chele, mandibole, esoscheletri. I loro corpi si muovono creando onde sotto la pelle.

E solo ora mi accorgo che sulla fronte dell’uomo due salamandre avvinghiano le code mentre copulano. Sono sempre state lì e non me ne sono mai accorto!

Ma certo! Penso. Le due esplosioni nucleari! L’associazione, chissà perché, mi pare ovvia.

Un’orchestra di suoni accompagna l’intera scena, suoni che erano sempre stati lì di sottofondo ma che solo ora distinguo. C’è quel tic tic delle zampe delle scolopendre ma che in realtà sembra il suono di una TV senza antenna. Quel suono di corpi viscidi che si strofinano delle salamandre. La luce compare, scompare, compare, scompare, come se qualcuno muovesse una lampadina sul soffitto come un pendolo. L’uomo mi mostra i denti.

“Chi è John Gale?”

Mi sveglio di soprassalto e la domanda mi frulla nella testa per minuti, forse ore nel successivo dormiveglia. Ed è lì, tra le risacche di quel territorio di confine tra due mondi che chiamiamo dormiveglia, che forse trovo la risposta alla mia domanda: John Gale, sopravvissuto a due esplosioni nucleari, con la sua pelle bruciata fatta di scolopendre e la sua fronte talamo per salamandre non era altro che me stesso nel futuro.

P.S.

Sto leggendo The atlas shrugged di Ayn Rand dove la domanda “Who is John Galt?” si ripete decine di volte. Una domanda che mi è rimasta impressa e nel sogno ho cambiato leggermente il cognome. Ho sognato altre volte di scolopendre e di anfibi, soprattutto mentre li osservo muoversi in silenzio. In genere sono come dei quadri di Bosch.

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Playa del Carmen, Quintana Roo

E con Palenque il viaggio in Messico è purtroppo finito. Ora mi trovo a Playa del Carmen, una colonia turistica americana lontana anni luce dal Messico. Se siete stati a Cancun o Playa del Carmen e non siete andati oltre il vostro hotel sulla spiaggia non siete andati in Messico. Playa del Carmen è stata costruita in dieci anni su una delle spiagge più belle dei Caraibi per compiacere i turisti americani. Larghe strade pulite senza nome ma con numeri, nessuna piazza, una chiesetta per accontentare i camerieri autoctoni, centinaia di negozi di moda, occhiali, gioiellerie e tanti McDonalds, KFC, Burger King. C’è pure un Wal-Mart, poi un centro commerciale con multisala e la noosfera qui si assottiglia abbastanza. Si parla inglese, anzi no, un americano volgare e ignorante e i messicani che vivono qui sono arroganti, presuntuosi, ingordi e mungono il turista dalle mammelle d’oro.

Qui di Messico non ce n’è ombra. Dove sono i taxi strombazzanti, i collectivos pieni all’inverosimile, i lustrascarpe, i bambini dappertutto, i venditori ambulanti di cianfrusaglie, di pannocchie bollite o di enchiladas, i ristoranti ambulanti sopra biciclette o carrellini, i veri mariachi sui bus o sulla metro, i mercati pieni di colori e di odori esotici?

Al posto di tutto questo una umanità “civilizzata” che se ne va in giro per la città a piedi scalzi, senza maglietta, con la birra sempre in mano e il più delle volte ubriaca, a spendere migliaia di dollari in una serata con cocktails e musica house. Affianco, oltre la carrettera federal i dormitori dei lavoratori Maya che a malapena arrivano a fine giornata.

Non mi sono sentito così “out of place” in vita mia come il primo giorno a Playa del Carmen. Un senso di disgusto, di nausea mi ha pervaso l’intero tratto digestivo. Davvero non pensavo di dover affrontare una specie umana del genere. Oltre agli americani migliaia di italiani, da non crederci quanti. E l’ho girato il mondo e ne ho visti italiani all’estero, ma così tanti mai. Così integrati poi col posto, molti vivono lì, altri ci fanno affari, altri vanno lì a scopare e a bere principalmente. Vi descrivo i tipi: c’erano i Fabrizio Corona con catenina d’oro al collo, pantaloni bianchi e mutande D&G con tatutaggi improponibili; poi c’era il classico italiano con camicia rosa sotto ad una La Coste arancione, pantaloni bianchi o rossi, scarpe sportive-eleganti, occhialoni da sole tipo vespa e orologio e catenina d’oro; poi il classico Cristian de Sica o Carlo Verdone, famiglia di romanacci a seguito con bambini che si lamentano perché vogliono l’hamburger anche loro. Comunque sia gli italiani erano perfettamente riconoscibili da lontanissimo, tant’è che i messicani gli parlavano in italiano, mica in inglese appena li incontravano.

Sapevo che la Riviera Maya era un posto turistico ma non fino a questo punto, davvero. A parte il mare che era meraviglioso, la natura selvaggia (ho anche visto e quasi toccato una tartaruga marina mentre nuotavo), gli scenari bellissimi, è stata la parte della vacanza che ho apprezzato di meno. La prossima volta starò di più nella foresta o mi visiterò i deserti del nord. Bye bye Messico. Ci rivedremo in futuro, te lo prometto. Ora mi aspettano 36 ore di viaggio ininterrotto e la neve dell’Inghilterra.

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