Quello che non vi hanno mai insegnato al corso d’inglese: la e silente e il Great vowel shift

Per le puntate precedenti vedere qui.

2aa621544c31e1a395cfdf4be633132e3aa4eac19cdf5b286b99ad18aa5e538d2117599683Ammettetelo: quante volte avete detto o avete sentito dire che la pronuncia dell’inglese è inconsistente e che non esistano regole? Quante volte vi siete fermati davanti ad una parola e vi siete chiesti: “Come si pronuncia la vocale a in questa parola?”? E’ possibile, come nel mio caso, che lo abbiate chiesto anche a chi avrebbe dovuto aiutarvi, ovvero ad un insegnante d’inglese a scuola. Ma sono sicuro che nel 90% dei casi la risposta sia stata “spallucce”. La pronuncia dell’inglese non ha regole e dovete imparare le parole una per una, questo è il luogo comune.

E invece no, e oggi vi dimostrerò che esiste un modo per saper pronunciare le vocali dell’inglese di alcuni gruppi di parole senza averle dovute imparare a memoria. E questo l’ho imparato con la pratica… visto che nessuno si era mai premurato di insegnarmelo. Sappiamo bene che per un madre lingua italiano la cosa più difficile è capire quando le vocali “i” e “a” si pronunciano “ai” o “i” e “ei” o “a”, rispettivamente. Prendiamo come esempio la parola “time”. Si legge “taim” e lo sappiamo per un motivo: ha una “e” alla fine. Se non ci fosse la “e” si leggerebbe “tim”. Quindi ricapitolando la presenza di una vocale alla fine della parola modifica la pronuncia della vocale precedente. Senza la vocale e si pronuncerebbe come in italiano.

Esempi di seguito:

time-tim

rime-rim

slime-slim

grime-grim

dime-dim

spine-spin

pine-pin

wine-win

Significa che, a parte le poche eccezioni, quando troverete una parola bisillabica come time che non conoscete potrete andare sul sicuro ed applicare questa regola.

Per quanto riguarda invece la vocale “a” il discorso è simile ma più complesso: blame si legge bleim e clam si legge clam, tutto grazie alla e finale. Ma il fonema “ei” può divenire anche “e” come in can.

dame-dam

came-cam

cane-can

lane-lan

lame-lamp

shame-shampoo

Stessa cosa vale per le vocali “u” e “o” che verranno pronunciate “a” o “iu” e “a” o “o” a seconda della presenza della “e” finale o che segue immediatamente l’ultima consonante.comic2-1291-897173545

plume-plum tube-tub funeral-fun come-com

La “e” alla fine di una parola inglese è una vocale magica. Non si pronuncia mai (infatti si chiama silente) ma può cambiare la pronuncia (e il significato) dell’intera parola.

La “e” alla fine delle parole inglesi è molto comune e non è stata messa lì a caso. C’è sempre una ragione dietro ad una consuetudine in una lingua e l’origine della e silente possiamo trovarla nel rivoluzionario periodo (linguisticamente parlando) tra il 15esimo e il 17esimo secolo dove quasi tutte le lingue di origine germaniche hanno subito il great vowel shift. Prima del 15esimo secolo infatti le vocali in inglese si pronunciavano più o meno come nelle lingue latine. Per motivi ancora misteriosi – qualcuno parla di influenze date dalla peste nera ma è indimostrabile – molte delle vocali hanno cambiato pronuncia, da una simil-latina a quella attuale. Ed è qui che entra in gioco la e silente che riesce a farci distinguere la pronuncia (e il significato) di una parola da un’altra. Il Great vowel shift però non fu omogeneo e alcune aree del Regno Unito continuano a pronunciare le vocali in un modo simile al nostro. Nord Inghilterra e Scozia per esempio continuano in molti casi a mantenere una pronuncia pre-great vowel shift.

Per ricordarvi della pronuncia delle vocali e dell’importanza della e silente in inglese magari potrete memorizzare questa filastrocca per bambini:

Who can turn a can into a cane?

Who can turn a pan into a pane?

It’s not too hard to see, it’s silent E!

 

 *in realta’ la cosa e’ piu’ complicata di quanto sembri perche’ di vocali l’inglese ne ha 12. Ma per semplificare il nostro corso abbiamo ignorato la maggior parte dei fonemi che gli italiani non possono pronunciare. Per un sommario piu’ completo dei cambiamenti dati dalla e silente vedere questa pagina.

16 commenti

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16 risposte a “Quello che non vi hanno mai insegnato al corso d’inglese: la e silente e il Great vowel shift

  1. L’ha ribloggato su Buseca ن!e ha commentato:
    Che ficata. Giuro questa non la conoscevo.

  2. Grazie per questi articoli sull’inglese, sempre utili e interessanti, spero che ce ne saranno molti altri.
    Comunque io preferisco un approccio diverso. Secondo me la prima cosa da fare per imparare una nuova lingua è imparare bene tutti i fonemi di quella lingua, compresi i simboli. E’ una cosa abbastanza semplice perché tutti gli homo sapiens condividono lo stesso organo di fonazione e imparare a pronunciare correttamente un fonema comporta più o meno la stessa difficoltà di imparare un fondamentale di uno sport o del fai da te, basta fare i movimenti giusti con le giuste parti del corpo. Con la pronuncia sembra più difficile perché i muscoli coinvolti sono nascosti, ma a questo si può sopperire con la descrizione dei movimenti o con le riproduzioni grafiche. Quindi la frase “per semplificare il nostro corso abbiamo ignorato la maggior parte dei fonemi che gli italiani non possono pronunciare” mi sembra un po’ strana. Secondo me gli italiani possono pronunciare tutti i fonemi di tutte le lingue, basta che venga insegnato loro correttamente. Per l’inglese in realtà gli italiani sono più avvantaggiati di quanto si pensa. Ho un libro, una guida per la corretta proncuncia inglese, si intitola “English pronunciation in use” della Cambridge University Press, alla fine del libro vengono dati dei consigli specifici per i diversi madrelingua, consigliando le unità da tralasciare o da approfondire in modo particolare. Bene, agli italiani viene consigliato di tralasciare più unità rispetto a tutti gli altri madrelingua se si escludono i francesi, perché quasi tutte le consonanti inglesi e italiane si pronunciano allo stesso modo. Anche guardando alle unità a cui si richiede una particolare attenzione gli italiani sono messi bene, superati solo da tedeschi e farsi.
    Una volta imparata la fonetica, la pronuncia corretta di ogni parola può essere controllata su un dizionario come questo http://dictionary.cambridge.org/dictionary/british/ e per memorizzare la pronuncia corretta di un pacchetto base di parole si può usare memrise http://www.memrise.com/course/294779/english-phonetics/ Imparata la fonetica e la proncuncia corretta di un numero consistente di parole, le regole della pronuncia vengono in qualche modo apprese automaticamente. Anche se secondo me è sempre meglio andare a controllare sul dizionario quando non si conosce con certezza la proncuncia di una parola.

  3. L’ha ribloggato su Anellidifum0's Bloge ha commentato:
    Fabristol ci spiega la fondamentale regola della “e” silente per migliorare la nostra pronuncia inglese. Fabristol ha anche l’accortezza di ricordarci che le cose sono un po’ più complicate di come le presenta e che la pronuncia delle vocali è, in inglese, soggetta all’area geografica in cui si va. E infatti, in Scozia e nel Nord dell’Inghilterra mi è capitato di ascoltare madrelingua pronunciare la vocale “u” proprio all’italiana, ed ecco che parole come “bug” o “budget” qui i locali le pronunciano come si farebbe al Prenestino.

  4. @ Procellaria

    d’accordo ma sto cercando di fare una guida base per chi di inglese non ne mastica per niente. Non posso addentrarmi nei dettagli, anche perché forse non ne sarei in grado. Mi limito a dare consigli su come evitare gli errori più grossolani. Però contesto il fatto che un italiano possa pronunciare tutti i fonemi vocalici inglesi. Ci sono differenze difficilmente distinguibili per un orecchio italiano tra, per esempio, master e muster e bad e bed. Si può imparare certo ma rispetto al livello base di comprensione della lingua inglese di un italiano parliamo di livello supersayan! 😉

  5. Non dico che l’italiano possa proncunciare tutti i fonemi inglesi basandosi sulla lingua madre, dico che li possa pronunciare studiando la fonetica inglese. Secondo me si faciliterebbe parecchio la vita studiando come prima cosa la fonetica, in fondo stiamo parlando di una quarantina di suoni non di migliaia, di cui più di venti sono identici all’italiano. Per gli esempi che riporti, dovrebbe imparare a pronunciare e riconoscere i quattro fonemi /ʌ/, /ɑː/, /æ/, /e/. Per un orecchio italiano potrebbero sembrare difficili da distinguere, ma se non ci si basa solamente sull’orecchio, che è ingannevole (basta pensare ai suoni /ŋ/ e /n/ che all’orecchio sembrano molto simili ma sono il prodotto di movimenti molto diversi della lingua, entrambi esistono sia in italiano che in inglese), e ci si basa invece sul fatto che chi ascolta sa come si pronunciano correttamente i fonemi della lingua e quindi sa cosa ci si deve aspettare di sentire, allora anche un italiano può apprezzare quelle che prima sembravano sfumature impercettibili e invece sono differenze sostanziali.
    Si può fare un parallismo gastronomico. Io sono italiano e conosco abbastanza bene la cucina italiana, quando vado in un ristorante e mangio un piatto italiano riesco a riconoscere molti degli ingredienti usati nei piatti, capisco se c’è più o meno aglio, cipolla, pinoli, pomodoro, peperoncino, formaggio, quale formaggio, etc. e volendo potrei anche tentare di riprodurre la ricetta basandomi su quello che ho sentito. Se invece vado a mangiare in un ristorante di cucina nigeriana, questa operazione mi risulterà quasi impossibile, perché non so quali sono gli ingredienti che mi devo aspettare e quali sono i loro singoli sapori. Se volessi arrivare allo stesso grado di competenza che ho nella cucina italiana anche in quella nigeriana, non dovrei limitarmi a mangiare nel ristorante nigeriano frequentemente, perché così tutta l’informazione mi entrerebbe integrata, un flusso continuo difficilmente analizzabile. Dovrei invece imparare a conoscere gli ingredienti della cucina nigeriana, provarli singolarmente e tentare di cucinare qualche piatto nigeriano. Dopo aver fatto questo, l’esperienza cognitiva che proverei in un ristorante nigeriano sarebbe completamente diversa. Ecco, io credo che chiunque lo desideri può diventare un esperto di cucina nigeriana usando questo metodo e che imparare i fonemi di una lingua straniera sia molto più comodo che andare al mercato in cerca di ingredienti sconosciuti per poi cucinarli e combinarli seguendo le ricette di una cucina esotica.

    Comunque la mia non è una critica ai tuoi post, che sono interessanti così come sono.

  6. Bella la metafora culinaria! 😉 Guarda io sarei anche più drastico di te: primi tre-quattro anni di studio di inglese non si deve vedere neanche una parola scritta, tutto orale. Esattamente come fa un madre lingua nei primi anni di età. L’inglese scritto è fuorviante per un italiano. Prima si impara a parlare e sentire, poi a scrivere, come fanno tutti gli esseri umani. L’inglese scritto è un mix di vari substrati linguistici e un compromesso tra l’alfabeto latino e la complessità della fonetica inglese.

  7. rompicoglioni

    Scusa, il mio prof di “conversazione inglese” alle superiori, australiano, madrelingua, pronunciava il verbo ‘to can’, “chen”, esattamente come lo pronunciava la professoressa (italian) di inglese – diciamo “commerciale”. Era un malvagio complotto per farci parlare tutti come Renzi oppure qualcosa non torna nella regola che ci hai esposto?

  8. No, nessun complotto. Cane si legge chein e can si legge chen. La e silente ha fatto il suo dovere ma come dicevo nella nota finale e nei commenti sotto la cosa è più complessa di quanto si creda. Avrei dovuto scrivere nella frase prima che la e silente cambia la pronuncia della vocale precedente e tra le varie modifiche c’è anche il cambio ei-e. Mia svista.

  9. Beh, fosse così semplice… in realtà l’inglese è una lingua maledetta. E comunque, meglio attenersi alla pronuncia della Regina (nel dubbio, chi meglio di lei?).

    “Dearest creature in creation,
    Study English pronunciation.
    I will teach you in my verse
    Sounds like corpse, corps, horse, and worse.
    I will keep you, Suzy, busy,
    Make your head with heat grow dizzy.
    Tear in eye, your dress will tear.
    So shall I! Oh hear my prayer.

    Just compare heart, beard, and heard,
    Dies and diet, lord and word,
    Sword and sward, retain and Britain.
    (Mind the latter, how it’s written.)
    Now I surely will not plague you
    With such words as plaque and ague.
    But be careful how you speak:
    Say break and steak, but bleak and streak;
    Cloven, oven, how and low,
    Script, receipt, show, poem, and toe.

    Hear me say, devoid of trickery,
    Daughter, laughter, and Terpsichore,
    Typhoid, measles, topsails, aisles,
    Exiles, similes, and reviles;
    Scholar, vicar, and cigar,
    Solar, mica, war and far;
    One, anemone, Balmoral,
    Kitchen, lichen, laundry, laurel;
    Gertrude, German, wind and mind,
    Scene, Melpomene, mankind.

    Billet does not rhyme with ballet,
    Bouquet, wallet, mallet, chalet.
    Blood and flood are not like food,
    Nor is mould like should and would.
    Viscous, viscount, load and broad,
    Toward, to forward, to reward.
    And your pronunciation’s OK
    When you correctly say croquet,
    Rounded, wounded, grieve and sieve,
    Friend and fiend, alive and live.

    Ivy, privy, famous; clamour
    And enamour rhyme with hammer.
    River, rival, tomb, bomb, comb,
    Doll and roll and some and home.
    Stranger does not rhyme with anger,
    Neither does devour with clangour.
    Souls but foul, haunt but aunt,
    Font, front, wont, want, grand, and grant,
    Shoes, goes, does. Now first say finger,
    And then singer, ginger, linger,
    Real, zeal, mauve, gauze, gouge and gauge,
    Marriage, foliage, mirage, and age.

    Query does not rhyme with very,
    Nor does fury sound like bury.
    Dost, lost, post and doth, cloth, loth.
    Job, nob, bosom, transom, oath.
    Though the differences seem little,
    We say actual but victual.
    Refer does not rhyme with deafer.
    Foeffer does, and zephyr, heifer.
    Mint, pint, senate and sedate;
    Dull, bull, and George ate late.
    Scenic, Arabic, Pacific,
    Science, conscience, scientific.

    Liberty, library, heave and heaven,
    Rachel, ache, moustache, eleven.
    We say hallowed, but allowed,
    People, leopard, towed, but vowed.
    Mark the differences, moreover,
    Between mover, cover, clover;
    Leeches, breeches, wise, precise,
    Chalice, but police and lice;
    Camel, constable, unstable,
    Principle, disciple, label.

    Petal, panel, and canal,
    Wait, surprise, plait, promise, pal.
    Worm and storm, chaise, chaos, chair,
    Senator, spectator, mayor.
    Tour, but our and succour, four.
    Gas, alas, and Arkansas.
    Sea, idea, Korea, area,
    Psalm, Maria, but malaria.
    Youth, south, southern, cleanse and clean.
    Doctrine, turpentine, marine.

    Compare alien with Italian,
    Dandelion and battalion.
    Sally with ally, yea, ye,
    Eye, I, ay, aye, whey, and key.
    Say aver, but ever, fever,
    Neither, leisure, skein, deceiver.
    Heron, granary, canary.
    Crevice and device and aerie.

    Face, but preface, not efface.
    Phlegm, phlegmatic, ass, glass, bass.
    Large, but target, gin, give, verging,
    Ought, out, joust and scour, scourging.
    Ear, but earn and wear and tear
    Do not rhyme with here but ere.
    Seven is right, but so is even,
    Hyphen, roughen, nephew Stephen,
    Monkey, donkey, Turk and jerk,
    Ask, grasp, wasp, and cork and work.

    Pronunciation — think of Psyche!
    Is a paling stout and spikey?
    Won’t it make you lose your wits,
    Writing groats and saying grits?
    It’s a dark abyss or tunnel:
    Strewn with stones, stowed, solace, gunwale,
    Islington and Isle of Wight,
    Housewife, verdict and indict.

    Finally, which rhymes with enough —
    Though, through, plough, or dough, or cough?
    Hiccough has the sound of cup.
    My advice is to give up!!!*”

    Io ho già lasciato perdere da tempo, navigo a vista.

  10. Fabristol mi odierà, ma mi sono sentito in dovere di convertire la filastrocca riportata da Ella von Matsch in IPA. Non a mano, :), con la versione desktop di PhoTransEdit.

    | ˈdɪə.rɪst ˈkriːtʃ.ər ɪn kriː.ˈeɪʃ.n̩ |
    ˈstʌ.di ˈɪŋ.ɡlɪʃ prə.ˌnʌn.sɪ.ˈeɪʃ.n̩ |
    ˈaɪ wl̩ tiːtʃ ju ɪn maɪ vɜːs |
    ˈsaʊndz ˈlaɪk kɔːps | kɔːz | hɔːs | ənd wɜːs |
    ˈaɪ wl̩ kiːp ju | ˈsuː.zi | ˈbɪ.zi |
    ˈmeɪk jə hed wɪð hiːt ɡrəʊ ˈdɪ.zi |
    ˈtɪər ɪn aɪ | jə dres wl̩ teə |
    ˈsəʊ ʃəl ˈaɪ | əʊ hɪə maɪ preə |

    dʒəst kəm.ˈpeə hɑːt | bɪəd | ənd hɜːd |
    daɪz ənd ˈdaɪət | lɔːd ənd ˈwɜːd |
    sɔːd ənd swɔːd | rɪ.ˈteɪn ənd ˈbrɪt.n̩ |
    maɪnd ðə ˈlæ.tə | ˈhaʊ ɪts ˈrɪt.n̩ |
    naʊ ˈaɪ ˈʃʊə.li wl̩ nɒt pleɪɡ ju |
    wɪð sʌtʃ ˈwɜːdz əz plɑːk ənd ˈeɪ.ɡjuː |
    bət bi ˈkeə.fʊl ˈhaʊ ju spiːk |
    ˈseɪ breɪk ənd steɪk | bət bliːk ənd striːk |
    ˈkləʊv.n̩ | ˈʌv.n̩ | ˈhaʊ ənd ləʊ |
    skrɪpt | rɪ.ˈsiːt | ʃəʊ | ˈpəʊɪm | ənd təʊ |

    hɪə miː ˈseɪ | dɪˈvɔɪd əv ˈtrɪk.ə.ri |
    ˈdɔː.tə | ˈlɑːf.tə | ənd ˈtɜːp.səˌk.ɔː |
    ˈtaɪfɔɪd | ˈmiːz.l̩z | ˈtɒp.seɪlz | aɪlz |
    ˈek.saɪlz | ˈsɪ.mɪ.lɪz | ənd rɪ.ˈvaɪlz |
    ˈskɒ.lə | ˈvɪkə | ənd sɪ.ˈɡɑː |
    ˈsəʊ.lə | ˈmaɪk.ə | wɔːr ənd ˈfɑː |
    wʌn | ə.ˈne.mə.ni | bæl.ˈmɒ.rəl |
    ˈkɪ.tʃɪn | ˈlaɪkən | ˈlɔːn.dri | ˈlɒ.rəl |
    ˈɡɜː.truːd | ˈdʒɜː.mən | wɪnd ənd maɪnd |
    siːn | mel.ˈpɒ.mɪ.niː | ˌmænˈk.aɪnd |

    ˈbɪ.lɪt dəz nɒt raɪm wɪð ˈbæ.leɪ |
    bʊˈk.eɪ | ˈwɒ.lɪt | ˈmæ.lɪt | ˈʃæ.leɪ |
    blʌd ənd flʌd ə nɒt ˈlaɪk fuːd |
    nɔː z məʊld ˈlaɪk ʃəd ənd wʊd |
    ˈvɪ.skəs | ˈvaɪk.aʊnt | ləʊd ənd brɔːd |
    tə.ˈwɔːd | tə ˈfɔː.wəd | tə rɪ.ˈwɔːd |
    ənd jə prə.ˌnʌn.sɪ.ˈeɪʃ.n̩ɪz ˌəʊˈk.eɪ |
    wen ju kə.ˈrekt.li ˈseɪ ˈkrəʊk.eɪ |
    ˈraʊnd.ɪd | ˈwuːn.dɪd | ˈɡriːv ənd sɪv |
    ˈfrend ənd fiːnd | ə.ˈlaɪv ənd laɪv |

    ˈaɪ.vi | ˈprɪ.vi | ˈfeɪ.məs | ˈklæ.mə |
    ənd ɪ.ˈnæ.mə raɪm wɪð ˈhæ.mə |
    ˈrɪ.və | ˈraɪ.vəl | tuːm | bɒm | kəʊm |
    dɒl ənd rəʊl ənd səm ənd həʊm |
    ˈstreɪn.dʒə dəz nɒt raɪm wɪð ˈæŋ.ɡə |
    ˈnaɪ.ðə dəz dɪ.ˈvaʊə wɪð ˈklæŋə |
    səʊlz bət faʊl | hɔːnt bət ɑːnt |
    fɒnt | frʌnt | wəʊnt | wɒnt | ɡrænd | ənd ɡrɑːnt |
    ʃuːz | ɡəʊz | dʌz | naʊ ˈfɜːst ˈseɪ ˈfɪŋ.ɡə |
    ənd ðen ˈsɪŋə | ˈdʒɪn.dʒə | ˈlɪŋ.ɡə |
    rɪəl | ziːl | məʊv | ɡɔːz | ɡaʊdʒ ənd ɡeɪdʒ |
    ˈmæ.rɪdʒ | ˈfəʊl.iɪdʒ | ˈmɪ.rɑːʒ | ənd eɪdʒ |

    ˈkwɪə.ri dəz nɒt raɪm wɪð ˈver.i |
    nɔː dəz ˈfjʊə.ri ˈsaʊnd ˈlaɪk ˈbe.ri |
    dʌst | lɒst | pəʊst ənd dʌθ | klɒθ | ləʊθ |
    dʒɒb | nɒb | ˈbʊ.zəm | ˈtræn.səm | əʊθ |
    ðəʊ ðə ˈdɪ.frən.sɪz siːm ˈlɪt.l̩ |
    wi ˈseɪ ˈæk.tʃuəl bət ˈvɪt.l̩ |
    rɪ.ˈfɜː dəz nɒt raɪm wɪð ˈde.fə |
    dʌz | ənd ˈze.fə | ˈhe.fə |
    mɪnt | paɪnt | ˈse.nɪt ənd sɪ.ˈdeɪt |
    dʌl | bʊl | ənd dʒɔːdʒ et leɪt |
    ˈsiː.nɪk | ˈær.əb.ɪk | pə.ˈsɪ.fɪk |
    ˈsaɪəns | ˈkɒn.ʃəns | ˌsaɪən.ˈtɪ.fɪk |

    ˈlɪb.ət.i | ˈlaɪ.brər.i | hiːv ənd ˈhev.n̩ |
    ˈreɪ.tʃl̩ | eɪk | mə.ˈstɑːʃ | ɪ.ˈlev.n̩ |
    wi ˈseɪ ˈhæ.ləʊd | bət ə.ˈlaʊd |
    ˈpiːp.l̩ | ˈle.pəd | təʊd | bət vaʊd |
    mɑːk ðə ˈdɪ.frən.sɪz | mɔː.ˈrəʊ.və |
    bɪ.ˈtwiːn ˈmuː.və | ˈkʌ.və | ˈkləʊ.və |
    ˈliː.tʃɪz | ˈbriː.tʃɪz | waɪz | prɪ.ˈsaɪs |
    ˈtʃæ.lɪs | bət pə.ˈliːs ənd laɪs |
    ˈkæ.məl | ˈkɒn.stəb.l̩ | ʌn.ˈsteɪb.l̩ |
    ˈprɪn.səp.l̩ | dɪ.ˈsaɪp.l̩ | ˈleɪb.l̩ |

    ˈpet.l̩ | ˈpæn.l̩ | ənd kə.ˈnæl |
    weɪt | sə.ˈpraɪz | plæt | ˈprɒ.mɪs | pæl |
    wɜːm ənd stɔːm | ʃeɪz | ˈkeɪɒs | tʃeə |
    ˈse.nə.tə | spek.ˈteɪ.tə | meə |
    tʊə | bət ˈaʊər ənd ˈsʌkə | fɔː |
    ɡæs | ə.ˈlæs | ənd ɑːˈk.ən.sɔː |
    siː | aɪ.ˈdɪə | kə.ˈrɪə | ˈeə.riə |
    sɑːm | mə.ˈriːə | bət mə.ˈleə.rɪə |
    juːθ | saʊθ | ˈsʌ.ðən | klenz ənd kliːn |
    ˈdɒk.trɪn | ˈtɜː.pən.taɪn | mə.ˈriːn |

    kəm.ˈpeər ˈeɪ.liən wɪð ɪ.ˈtæ.ljən |
    ˈdæn.dɪ.laɪən ənd bə.ˈtæ.ljən |
    ˈsæ.li wɪð ˈæl.aɪ | jeɪ | jiː |
    aɪ | ˈaɪ | aɪ | aɪ | weɪ | ənd kiː |
    ˈseɪ ə.ˈvɜː | bət ˈev.ə | ˈfiː.və |
    ˈnaɪ.ðə | ˈle.ʒə | skeɪn | dɪ.ˈsiː.və |
    ˈhe.rən | ˈɡræ.nə.ri | kə.ˈneə.ri |
    ˈkre.vɪs ənd dɪ.ˈvaɪs ənd ˈeə.ri |

    feɪs | bət ˈpre.fɪs | nɒt ɪ.ˈfeɪs |
    flem | fleɡ.ˈmæ.tɪk | æs | ˈɡlɑːs | ˈbeɪs |
    lɑːdʒ | bət ˈtɑː.ɡɪt | dʒɪn | ɡɪv | ˈvɜːdʒ.ɪŋ |
    ˈɔːt | ˈaʊt | dʒaʊst ənd ˈskaʊə | ˈskɜːdʒ.ɪŋ |
    ɪə | bət ɜːn ənd weər ənd teə |
    də nɒt raɪm wɪð hɪə bət eə |
    ˈsev.n̩ z raɪt | bət ˈsəʊ z ˈiːv.n̩ |
    ˈhaɪf.n̩ | ˈrʌf.n̩ | ˈne.vjuː ˈstiːv.n̩ |
    ˈmʌŋk.i | ˈdɒŋk.i | tɜːk ənd dʒɜːk |
    ɑːsk | ɡrɑːsp | wɒsp | ənd kɔːk ənd ˈwɜːk |

    prə.ˌnʌn.sɪ.ˈeɪʃ.n̩ ˈθɪŋk əv ˈsaɪk.i |
    ɪz ə ˈpeɪl.ɪŋ staʊt ənd ˈspaɪk.i |
    wəʊnt ɪt ˈmeɪk ju luːz jə wɪts |
    ˈraɪt.ɪŋ ɡrəʊts ənd ˈseɪ.ɪŋ ɡrɪts |
    ɪts ə dɑːk ə.ˈbɪs ɔː ˈtʌn.l̩ |
    struːn wɪð stəʊnz | stəʊd | ˈsɒ.lɪs | ˈɡʌn.l̩ |
    ˈɪz.lɪŋ.tən ənd aɪl əv waɪt |
    ˈhaʊs.waɪf | ˈvɜː.dɪkt ənd ɪn.ˈdaɪt |

    ˈfaɪ.nə.li | wɪtʃ raɪmz wɪð ɪ.ˈnʌf |
    ðəʊ | θruː | plaʊ | ɔː dəʊ | ɔː kɒf |
    ˈhɪkʌp həz ðə ˈsaʊnd əv kʌp |
    maɪ əd.ˈvaɪs ɪz tə ɡɪv ʌp |

  11. Questa filastrocca è strepitosa! Contiene tutte le parole più difficili e le eccezioni della pronuncia inglese. Questo potrebbe essere uno dei modi più veloci e geniali di insegnare l’inglese. Questa vale più di 20 unit dei libri che ci fanno studiare a scuola. 😉 Ma da dove viene? Mai sentita.

    Per Procellaria

    Non sapevo esistesse un programma capace di fare quello che hai fatto. Sembra quasi uno spartito, dove il musicista deve ripetere ogni nota. E’ bellissimo, è come un codice binario per computer: è spogliato di significato, non è più una lingua scritta ma un codice che se seguito può però darci più informazione della lingua scritta. (Non so perché ma ora mi viene in mente Matrix con le sue cascate di codici binari…)

  12. Le macchine possono tutto, e se non possono, potranno.
    Vabbé, scherzo, non sono un singolarista.

  13. Bravo, davvero bravo! Le tue spiegazioni sono utilissime e logiche
    Complimenti per il tuo blog

  14. Sto rileggendo a rubrica dopo l’ultimo aggiornamento e ovviamente tarderò col lavoro, però è un piacere! 🙂
    Mi viene in mente comunque una vignetta trovata in rete tempo fa.
    http://imgur.com/UuDAVMk

  15. Ah ah bellissima;)

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